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Le riforme all'americana dell'Università nel basso impero


oniat
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di Nicodemo

Parlavo proprio oggi della riforma Gelmini con un mio vecchio amico di lotte e avventure di vita, che oggi è un professore un po' eccentrico all'Università di Chieti. L'amico professore, che ha trascorso una decina di anni negli Stati Uniti a farsi le ossa come ricercatore per diventare poi professore associato, sostiene che la riforma Gelmini nel suo impianto generale non è del tutto spregevole, poiché introduce elementi di verifica e di valutazione dell'operato dei ricercatori, che avrebbero una loro logica e una loro giustificazione.
A sentire lui questa riforma sarebbe un copia incolla del modello americano che prevede che dopo sette anni di lavoro di ricercatore uno possa aspirare a diventare tenured professor, il che significa professore a tempo pieno. In pratica i sei anni che la Gelmini propone nella sua legge prima di potere aspirare a concorrere come professore associato. C'è un piccolo problema però, che il professore scapigliato mi fa notare, ed è quello che negli Stati Uniti la percentuale di ricercatori che diventano tenured professor è di circa il 90%, e non per una predisposizione di tipo antropologico alla scienza del popolo anglosassone, ma semplicemente perché esiste una catena di motivazioni e di incentivazioni al lavoro di ricerca che seleziona automaticamente le persone più motivate, ma soprattutto, e qui casca l'asina, perché c'è una disponibilità di risorse finanziarie che permette a chiunque abbia lavorato bene di diventare professore ad eccezione di una minima quota fisiologica che non ce la fa per motivi diversi.
In Italia invece si promette a parole ciò che concretamente si nega nei fatti. Se consideriamo l'entità delle risorse investite infatti sappiamo già sin da ora che solo una esigua minoranza di ricercatori potrà aspirare a divenire professore associato. Cosa farà poi quell'esercito di ricercatori già precario da sei anni, espulsi per forza di cose dal percorso universitario, non è dato sapere. Ciò che si sa di certo è che quella massa di persone al momento virtuale diverrà presto una realtà. Questo, secondo l'amico professore, è il nocciolo della questione.
In pratica, aggiungo io, l'impianto anglofilo della legge, che il governo piduista e mafioso si rivende come una genialata e come un atto di riparazione verso i guasti compiuti dal '68, è un comodo paravento per far passare la vera finalità di questa riforma, e cioè quella di fare cassa con la scuola e l'Università e in definitiva abolire l'istruzione pubblica a favore del privato. E questo spiega anche perché hanno messo una tipa come la Gelmini a fare la ministra.
Ma non datemi ascolto, sono solo un vecchio paranoico

http://doppiocieco.splinder.com/post/23778051/le-riforme-allamericana-delluniversita-nel-basso-impero


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