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Lo statalismo alimenta il falso liberismo


andreapound
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LO STATALISMO E’ L’ANTITESI DELLO STATO FORTE E DELLA SOVRANITA’

Da anni, soprattutto negli ambienti antagonisti di varia natura, si sente parlare della necessità di un maggiore peso dello Stato all’interno dell’economia e della società in generale. Questa diffusa convinzione si basa, innanzitutto, sul concetto che esista un reale “libero mercato”, incarnato nei dogmi del neoliberismo, che ha distrutto totalmente o in parte antichi diritti acquisiti e vecchi sistemi operanti. Tutto ciò, in realtà, non prende in considerazione le vere condizioni in cui lo Stato opera e le affinità che esso ha con gli ambienti criticati dagli stessi “antagonisti”.

La realtà dei fatti porta a dover fare diverse conclusioni, che si discostano radicalmente da vecchi e precotti schemi ideologici ancora largamente imperanti. Guardando con un occhio critico tutto ciò che ci circonda, possiamo notare che ci troviamo immersi all’interno di un sistema che nulla ha a che fare con il libero mercato o il totale liberismo. Infatti, osservando soprattutto la realtà nostrana, è impossibile non considerare il vecchio e morboso assistenzialismo che ha caratterizzato, e ancora caratterizza, larga parte delle attività dello Stato. Assistenzialismo che ha dato spinta e linfa vitale alle varie macchine parassitarie che contraddistinguono il nostro Paese. Inoltre, un altro dato che mette ancora di più in risalto le caratteristiche dello “statalismo liberale” all’italiana sono le ingentissime somme date attraverso incentivi o agevolazioni fiscali alle imprese. Solo nel 2010 la somma versata dallo Stato alle imprese è stata di 72 miliardi di euro, denaro che non fa altro che alimentare e tenere artificialmente in vita larga parte dell’industria ampiamente decotta presente in Italia. Per non parlare poi delle ingenti somme di denaro destinate dallo Stato alla cosiddetta “ricerca”, per esempio nel campo delle energie, che, anche in questo caso, ingrassano vacche più brave a mungere che a essere munte, gravando sempre e solo sulle spalle dei contribuenti. Per questo, è d’obbligo capire che avere uno Stato forte non significa avere uno Stato onnipresente in ogni aspetto della società. La sovranità di uno Stato e la sua forza a livello internazionale non si misurano in base al grado di parassitismo pubblico e privato che lo stesso Stato riesce ad alimentare. Bisogna capire che non ci vuole “più Stato”, ci vuole “un altro Stato”, che sia in grado di operare con perizia ed indipendenza all’interno dei settori strategici, che sappia dar vita ad uno Stato sociale dinamico, e che sappia dare slancio alle reali forze meritevoli e produttive del Paese. L’attuale e desiderato statalismo è quello che dà forza al falso liberismo ora imperante, al falso libero mercato “senza concorrenza” che, senza questo “Stato”, non potrebbe rimanere in piedi. Per questo, è necessario uscire dai vecchi preconcetti ideologici che disdegnano la libertà e l’iniziativa individuale, e che inneggiano a sistemi che alimentano il marcio e il parassitismo sia all’interno del settore pubblico, sia all’interno di quello privato. Solo questa potrà essere l’unica vera “modernizzazione” possibile e realmente efficace.

A.D.G. LA VOCE DEL CORSARO
da: http://lavocedelcorsaro.myblog.it/archive/2012/04/13/lo-statalismo-e-l-antitesi-dello-stato-forte-e-della-sovrani.html


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yakoviev
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Lo stato che si limita a sostenere le imprese tramite agevolazioni fiscali, contributive, sovvenzioni a vario titolo, rottamazioni pilotate etc. lamentato nell'articolo è proprio quello previsto nel sistema "liberale" all'italiana così come si configura ora. Ma esiste, poi, un sistema "liberale e liberista" puro, e perchè, in ogni caso, dovrebbe essere più benefico per i popoli? E poi, che c'entra lo stigmatizzato "liberismo" all'italiana con il reclamato (giustamente) nuovo ruolo dello stato come presenza diretta in prima persona nell'economia, nel sistema bancario, nei settori strategici (oltre che nella previdenza e nell'assistenza e nei servizi in genere)?


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grillone
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io sinceramente non so cosa sia veramente il libero mercato; quello che so è che, con questo sistema, la ricchezza finisce in mano ad un ristretto numero di persone(relativamente parlando), anzichè alla collettività. sia chiaro che non voglio l'unione sovietica europea, però dovrebbe esserci una migliore redistribuzione delle ricchezza, con il reddito di cittadinanza e servizi migliori


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yakoviev
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io sinceramente non so cosa sia veramente il libero mercato; quello che so è che, con questo sistema, la ricchezza finisce in mano ad un ristretto numero di persone(relativamente parlando), anzichè alla collettività. sia chiaro che non voglio l'unione sovietica europea, però dovrebbe esserci una migliore redistribuzione delle ricchezza, con il reddito di cittadinanza e servizi migliori

Io sono per un'economia mista, pubblica e privata, dove lo Stato non solo vigila effettivamente sull'applicazione dettato costituzionale che prevede le finalità sociali dell'impresa privata, ma interviene direttamente in prima persona come gestore di imprese produttive e di servizi, altra cosa prevista dalla costituzione italiana. Sul primo punto c'è da dire che l'immagine dello stato "arbitro" che si limita a "dettare le regole" a un mercato interamente privatizzato, tipica della retorica del "liberismo di sinistra" o "liberismo temperato", è, a mio parere, mistificatoria, visto che nella realtà queste mitiche "regole" sono scritte sotto dettatura dei monopoli privati e prevedono sempre uno stato debole e privo di strumenti coercitivi. Uno stato, invece che interviene in prima persona nell'economia, con il controllo diretto, ad esempio, di grandi aziende operanti nei settori strategici (energia, telefonia, telecomunicazioni, alimentazione, farmaceutica etc.), di alcuni grandi istituti di credito, di compagnie assicurative, anche non in regime di monopolio, può comunque disporre degli strumenti per praticare direttamente una sua politica.


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andreapound
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Direi che il modello da seguire, al di là delle sterili propagande che se ne fanno contro, è quello tedesco. Cioè, uno Stato molto presente nelle politiche industriali (con la presenza azionaria in molti colossi), banche pubbliche che fanno il loro mestiere, e poi la "mitbestimmung". E' un modello che va senz'altro rispettato.


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