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Musica e ricordi: una lunga intervista a Francesco De Gregori


Davide
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Registrato: 2 anni fa
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Questa intervista a Francesco De Gregori è apparsa su Robinson – la Repubblica. Ringraziamo l’autore e la testata. (Fonte immagine)

di Luca Valtorta

Tra le pagine chiare e le pagine scure prendono forma immagini, frammenti di vita, pezzi di sogno, pezzi di stella, pezzi di costellazione, pezzi di sorriso, pezzi di canzone. Le parole diventano musica, la musica è parola. “Musica fanciulla esangue/ segnato di linea di sangue/ nel cerchio delle labbra sinuose/ regina de la melodia”. Chiamatela poesia se vi pare, come fosse Campana, ma no perché, appunto, “c’è la melodia!”, chiamatela come volete.

Certo se Francesco De Gregori, per brevità chiamato artista, invece di scrivere “ora le tue labbra puoi spedirle a un indirizzo nuovo” avesse scritto “mi sono lasciato con la mia ragazza” non staremmo parlando di lui a più di quarant’anni anni di distanza da Rimmel, non avremmo immaginato di volare via con La donna cannone, con quelle parole che vanno dritte al cuore (“e non avrò paura/ se non sarò bella come dici tu”) e non avremmo in mente, scolpite, visioni dei gatti che “muoiono nel sole” e la desolazione di Cesare (Pavese) perduto nella pioggia che aspetta il suo amore, ballerina.

“No, poeta no”, dunque. Artista sì, però (“uso questo termine senza alcun sussiego né presunzione ma solo per indicare il lavoro che faccio”). Comunque icona (“per carità no!”) con cui siamo cresciuti, che ogni italiano ha nel suo DNA: chi non ha un ricordo legato a una canzone di De Gregori?

Canzoni d’amore (certo Buonanotte fiorellino, tante volte ‘dylaniata’, ma anche psichedeliche come Dolce amor del Bahia, non a caso rifatta da Vasco Brondi, il più ‘degregoriano’ dei nuovi artisti, ma passando per i CCCP e il punk rock), canzoni politiche senza politica (Pablo che era il mio modo per sintonizzarmi su Radio Popolare di Milano trent’anni fa, perché la trasmettevano in continuazione e poi, naturalmente, Viva l’Italia, che tutti hanno cercato di fare propria senza riuscirci o il cuoco di Salò che tanta discussione aveva suscitato), canzoni ‘esistenziali’ (da Il signor Hood a La leva calcistica della classe ’68).

E poi quanti capolavori: Rimmel, l’album perfetto, ma anche il disco omonimo del 1978 con Generale e Natale, forse il successo commerciale più grande; e che dire di Titanic che gli esegeti considerano il ‘vero’ capolavoro, contrapponendolo a Rimmel? E Calypsos, che non si smetterebbe mai di ascoltare? E Sulla strada? E il disco dal vivo italiano più bello di sempre, Banana Republic con Lucio Dalla?

Francesco De Gregori, nella sua casa romana piena di luce, un pianoforte in mezzo alla stanza, dalla parte opposta una libreria, quadri, dischi, un pacchetto di Gitanes senza filtro appoggiate su un tavolino basso che fumerà con discrezione e un certo gusto insieme a un caffè in tazza grande. Anche l’sms che mi era arrivato il sabato precedente l’intervista era elegante ed essenziale: poche parole, concise, il luogo dell’incontro. A capo. ‘f’ minuscola. Punto.

CONTINUA QUI http://www.minimaetmoralia.it/wp/francesco-de-gregori-intervista/


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