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Pontiggia: la Catalogna, il gatto e il topo


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IL COMMENTO DI FABIO PONTIGGIA
La Catalogna, il gatto e il topo
Puigdemont ha detto di volere il dialogo, dopo aver attaccato duramente la Spagna e reiterato la sua visione vittimistica

di Fabio Pontiggia (*) - 11 ottobre 2017

L'ex presidente Artur Mas lo aveva detto quando ancora era in carica: nel processo verso l'indipendenza dovremo giocare al gatto e al topo con Madrid. Il suo successore Carles Puigdemont ha applicato ieri alla lettera la consegna. Deludendo gli estremisti antisistema della CUP e molti militanti secessionisti che attendevano in piazza il giorno storico (per loro), il capo del Governo catalano ha detto di assumere il mandato popolare che la Catalogna sia uno Stato indipendente nella forma della repubblica, ma ha subito dopo proposto al Parlamento di sospendere la dichiarazione di indipendenza.

La legge sul referendum (bloccata dal Tribunale costituzionale perché incompatibile con la Carta fondamentale della Spagna e con lo Statuto di autonomia della Comunità) prevede che sia il Legislativo a votare la dichiarazione. I deputati non hanno votato e quindi formalmente l'indipendenza non è stata dichiarata. Il segretario dei socialisti catalani Miqel Iceta, che è anche deputato, lo ha fatto notare con fine ironia a Puigdemont: non si può sospendere un'indipendenza che non è stata proclamata. I deputati dell'alleanza secessionista hanno poi firmato un documento in cui dicono di costituire la Repubblica catalana come Stato indipendente. Ma è un proclama velleitario, perché nemmeno su questo c'è stato alcun voto del Parlamento.

Una vera farsa se non fossero in gioco la Costituzione, lo Stato di diritto, il futuro della Catalogna. Puigdemont ha preteso ancora una volta di parlare a nome del popolo catalano, sebbene non abbia la maggioranza dei cittadini dalla sua parte. I catalani sono contrari al divorzio da Madrid: lo hanno confermato le elezioni plebiscitarie del 27 settembre 2015, quando i partiti secessionisti ottennero 1,9 milioni di voti e i partiti non indipendentisti 2,1 milioni. E lo dicono tutti i sondaggi. Nel referendum illegale e anticostituzionale del 1. ottobre, al quale gli oppositori del distacco da Madrid non hanno partecipato, il sì allo Stato indipendente ha ottenuto solo 2 milioni di suffragi su un corpo elettorale di 5 milioni e mezzo di persone. È il limite del secessionismo.

Puigdemont ha detto di volere il dialogo, dopo aver attaccato duramente la Spagna e reiterato la sua visione vittimistica, arrivando anche a rinnegare l'adesione plebiscitaria dei catalani alla Costituzione del 1978, che concluse la transizione dalla dittatura franchista alla monarchia costituzionale fondata sulle autonomie delle 17 Comunità. Difficile che quanto successo ieri nel Parlamento catalano, in totale spregio delle regole democratiche, possa aprire la strada al dialogo. Su cosa dovrebbe dialogare Madrid? Sui tempi e sui modi dell'indipendenza?

Le reazioni dei partiti nazionali sono state quasi tutte negative. Gli appelli della vigilia non hanno sortito effetti. Le associazioni dei magistrati hanno emesso un comunicato in cui si afferma esplicitamente che quanto successo a Barcellona è paragonabile ad una dichiarazione vera e propria, alla quale si dovrà rispondere con la forza della legge. Il quotidiano conservatore ABC ha scritto che Puigdemont non si è assunto il rischio del passo formale. Un giocare al gatto e al topo che non lascia grandi spazi di manovra al Governo di Mariano Rajoy e al Parlamento spagnolo. E che fa a pugni con il buonsenso, il tradizionale "seny" catalano, oramai mandato in soffitta. Il 10 ottobre, come già il 1. ottobre, divide ancor di più la società.

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(*) dir. del Corriere del Ticino, e' di madre catalana


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