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Roberto Maroni.Pallone, pallonieri, pallonate e Berghem Fest


lucoli
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Non sappiamo con esattezza cosa sia la Berghem Fest e neppure ci interessa gran che saperlo: a grandi linee dovrebbe essere una faccenda di palchi, gazebi e alimentazione di second'ordine, resa peculiare dal fatto che una sera d'agosto avrebbe dovuto fare da passerella per una mezza dozzina di ministri del governo dello stato che occupa la penisola italiana.
Nel 2010 i redditi individuali hanno continuato a scendere, il lavoro a non valere più niente, la cultura ad essere considerata praticamente un insulto, i sudditi ad assumere cocaina e a frequentare prostitute ad immagine e somiglianza dei loro governanti. In altre parole, si deve constatare ancora una volta come l'esecutivo, non avendo alcuna concreta possibilità e alcun concreto strumento per fare per lo meno finta di arrestare il decadimento generalizzato del corpo sociale e delle condizioni di vita nel loro complesso, non possa fare altro che aggrapparsi alla propaganda e alla repressione, unico settore in cui si sta rivelando -peraltro in modo minimo- competente e versata una classe politica che è stata capace soltanto di riempire le galere in politica interna, e di fare da palo alle aggressioni amriki in politica estera.
Come tutti sanno, la frontiera più avanzata della carcerizzazione di ogni aspetto della vita sociale è da tempo rappresentata dal pallonaio.
Si ricorderà -le considerazioni espresse in questa sede sono state molte, in proposito- che nella penisola italiana ai frequentatori di un pallonaio benedetto come valvola di sfogo di un sistema sociale sempre più escludente ed ingiusto, sostanzialmente basato su comportamenti di consumo divenuti di fatto obbligatori pena la scoperta stigmatizzazione da parte di politici obesi e di gazzettieri obesi, per decenni è stato concesso tutto ed il contrario di tutto. Una sostanziale inversione di rotta, con la distruzione repentina di un intero sistema di relazioni sociali e di valori condivisi, si è verificato con la massiccia iniezione di denaro provocata dall'irrompere, sulla scena del pallonaio, di Rupert Murdoch e delle sue televisioni.
Si ricorderà come gli obiettivi di questo miliardario australiano -la totale virtualizzazione del pallone e la vendita del prodotto ottenuto ai quattro angoli del globo- siano stati fatti propri dalle istituzioni. In buona sostanza l'appassionato di pallone deve sedere compostamente per non disturbare le riprese, cantare cose politicamente corrette ed acquistare solo merchandising autorizzato. La "tessera del tifoso" recentemente istituita, una carta di credito malamente camuffata, lo aiuterà a indebitarsi anche meglio, consentendo ai pallonieri e ai miliardari che tramite loro si giocano l'ego per procura di ostentare un tenore di vita ancora più insultante di prima. In un'epoca in cui sfuggire a nefandezze come l'autoschedatura di massa imposta dai social network è considerata quasi una bestemmia, politici e miliardari del pallonaio hanno anche buon gioco nel far finta di non capire come mai l'ulteriore schedatura -per giunta a pagamento- imposta da questa faccenda risulti tanto ostica.
Il primo risultato di tutta l'operazione è sotto gli occhi di tutti: ricavi a picco, code -ma in uscita- da tutti gli impianti, diserzioni in massa. Probabilmente la buona fede dei frequentatori del pallonaio, per tacere della loro disponibilità a farsi trattare come fellahin al valico di Erez, del loro potere d'acquisto e in fin dei conti del loro stesso interesse per uno spettacolo che è strutturalmente robaccia truccata, sono arrivati al limite dell'usura.
Lo stato che occupa la penisola italiana, sostanzialmente per tutelare l'impegno economico e le rendite (quando di rendite si può parlare) di un gruppetto di miliardari, sta tentando di chiudere la stessa valvola di sfogo che per tanti anni ha distolto i sudditi dal chiedere conto al politicame del perché di tante promesse non mantenute, rendendo la vita facile ad esecutivi uno più impresentabile dell'altro.
Il contrasto tra la propaganda governativa, massicciamente impegnata a favore della schedatura di massa e delle entusiasmanti possibilità di indebitamento individuale che comporta, ed un target che molto giustamente sta vivendo una fase di resipiscenza e di rifiuto che ci auguriamo il più lunga ed il più scopertamente e dichiaratamente distruttiva possibile, è nettissimo. Una sera d'agosto centinaia di frequentatori abituali del pallonaio di Bergamo sono andati ad esprimere la loro contrarietà alla Berghem Fest di cui sopra, alla quale uno che fa il ministro dell'interno era intervenuto certissimo di non avere nulla da temere da parte di un auditorio più che addomesticato.
Bergamo è una città nel nord della penisola italiana ed è una delle culle del partito "occidentalista" cui appartiene Roberto Maroni, ministro dell'interno per quello stesso stato che il suo partito avrebbe dovuto disgregare. Il pallonaio di Bergamo, al pari degli altri pallonai, rappresenta da sempre un bacino elettorale "occidentalista" capace di spiccare nei tradizionali settori dell'incultura, della disumanità e della violenza quale rafforzativo identitario che sono le principali caratteristiche di questo tipo di comunità escludenti.
Il fatto che secondo le gazzette centinaia di individui condividenti simili "valori" abbiano contestato in modo violentissimo il proprio carceriere è indicativo per più versi. Abbiamo in altre parole ragione di credere che tra i contestatori vi fossero non pochi elettori attivi di formazioni "occidentaliste", quelle stesse che stanno mantenendo la promessa elettorale di trasformare la penisola in un immenso carcere. Il comportamento dei frequentatori di pallonaio è dunque un buon esempio di condotta "occidentalista": la galera va bene, finché è più probabile che tocchi solo agli altri, preferibilmente mustad'afin di quelli costretti a forzare un sottoscala per passare una notte al chiuso.
In secondo luogo, i report gazzettieri sull'accaduto lasciano pensare che la sihurezza governativa abbia rischiato grosso, andando assai vicina a farsi mettere nel sacco da un gruppo di individui animati da non altro che dal proprio rancore e da qualche petardo. E' dunque probabile che i membri dell'esecutivo abbiano una visione eccessivamente ottimistica della propria popolarità.
In terzo luogo c'è l'ennesimo, reiterato tentativo da parte dei contestati di stabilire quali sono i veri frequentatori di pallonaio e quali no. Pare di capire che i veri frequentatori di pallonaio siano quelli graditi all'esecutivo, ossia quelli che non hanno obiezioni a farsi schedare e ad indebitarsi a beneficio di un'oligarchia palloniera distante in tutti i sensi dalla propria clientela almeno quanto la classe politica lo è dal proprio elettorato.
In ultimo, è interessante anche il persistere di un bias mediatico molto preciso. Secondo il gazzettaio, la contestazione della palloneria di Bergamo si è conclusa con quattro o cinque autoveicoli incendiati, due dei quali appartenenti a gendarmerie di vario genere, e con qualche gendarme ferito. Tutto questo ha avuto come unica conseguenza la solita lercia passacaglia di solidarietà incrociate tra straricchi. Se la stessa cosa si fosse verificata nel corso di una manifestazione politica, il canaio dei gazzettieri e dei politici avrebbe assunto toni semplicemente mestruali, così come la voglia di forca della torma di sudditi incompetenti, vigliacchi, buoni a nulla e dotati del senso di autoconsapevolezza di uno scarafaggio, che costituisce il grosso dell'elettorato "occidentalista".
Mentre scriviamo non risulta alcun prigioniero a séguito di quanto successo: è probabile che la gendarmeria sia stata colta più o meno di sorpresa, al pari dei membri dell'esecutivo tirati per qualche minuto giù dal loro mondo lunare, e che a questo si debba la stizzita rispostina del ministro dell'interno, che prima fa finta di non capire e poi molla un "si scordino lo stadio" che sa di sciabolata nel nulla.
E chissà che
almeno qualcuno, tra gli schedandi del pallonaio bergamasco, non si scordi davvero lo stadio, trovando un impiego più costruttivo e meno asservito per le proprie energie e per il proprio tempo.

Io Non Sto con Oriana
Fonte: http://iononstoconoriana.blogspot.com
Link: http://iononstoconoriana.blogspot.com/2010/08/roberto-maroni-pallone-pallonieri.html
26.08.2010


Citazione
radisol
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Aldilà delle chiacchiere e delle dichiarazioni di rito che già cercano di minimizzare un evento di ben altra portata tocca davvero togliersi il cappello e rendere onore ai tifosi bergamaschi per la lucidità politica con cui ieri hanno contestato ad Alzano Lombardo l’odiatissimo Ministro degli Interni leghista Roberto Maroni, artefice della famigerata e liberticida ’tessera del tifoso’ (tra tante altre schifezze della sua ormai lunga carriera).

Conosciamo già le obiezioni: si tratta solo di ultrà scalmanati, interessati esclusivamente ai propri interessi di campo (quale conflitto non parte da interessi particolari?), smaniosi di menare le mani... etc. Non stiamo qui a ripercorrere per l’ennesima volta quale interesse e attenzione crediamo di dover osservare nei confronti del mondo ultrà: per la densità sociale che lo attraversa, la composizione in larga parte proletaria che lo caratterizza e le sperimentazioni repressive che Stato e istituzioni vi compiono...

Se prendiamo il fatto nudo e crudo, nella sua limpidezza, bisogna riconoscere che gli atalantini hanno fatto centro: visita dell’odiato ministro, interruzione in massa (500! non 200 signor Maroni) durante il suo intervento, resistenza e scontro all’intervento delle forze dell’ordine. Vogliamo anche aggiungerci la precisione temporale con cui tutto questo avviene? Nel bel mezzo di una crisi di governo, in una delle località leghiste per definizione...

Di certo Maroni & c. non si aspettavano una così dura contestazione in casa propria, in quella Berghem Fest da sempre vissuta e voluta come celebrazione di territorialità e comunione con la propria base elettorale. Ebbene gli scontri di ieri ci dicono anche qualcos’altro: il Nord, tanto vezzeggiato e decantato a parole, può anche girare le spalle al ceto politico leghista, da tanti anni ormai ben adagiato sulle poltrone romane.

Già la patata bollente del Tav resta una spina nel fianco per il Carroccio. Gli ultras bergamaschi hanno dato ieri sera un’altra spallata al legame territoriale delle camicie verdi. E’ vero che qui la gestione politica è più semplice perché i ragazzi delle curve possono essere facilmente stigmatizzati ma è anche vero che quei ragazzi sono i loro ragazzi... e ieri hanno dovuto impegnare battaglioni di forze dell’ordine per respingerli!

La nuda cronaca:

Fumogeni e petardi hanno interrotto a lungo il dibattito tra i ministri Maroni, Tremonti e Calderoli al «Berghem Fest» ad Alzano Lombardo. Sono stati i tifosi dell’Atalanta che hanno fatto irruzione per protestare contro la tessera del tifoso. Mentre Maroni stava parlando dal palco, il discorso è stato interrotto dal dissenso dei tifosi. Sollecitato dall’intervistatore a commentare l’accaduto, Maroni ha detto: «Questi non sono tifosi, io con i violenti non parlo. Parlo con i tifosi veri». Tutto è cominciato verso le 22, quando circa 500 tifosi si sono presentati nei pressi dei cancelli per manifestare contro la tessera del tifoso introdotta dal ministro dell’Interno. Una mezz’ora più tardi, una settantina di questi sono riusciti ad aggirare il servizio d’ordine e sono arrivati fino al retro del palco, da dove hanno lanciato i petardi e i fumogeni. Attimi di tensione si sono registrati anche lungo le strade adiacenti alla festa: nei tafferugli almeno un paio di agenti sono rimasti feriti, mentre gli ultras hanno dato alle fiamme un’auto dei carabinieri, a una della polizia locale e altre tre automobili.

Il resto è già visto: solidarietà istituzionale, controlli a tappeto, promessa di pugno duro, scontata repressione. Ma intanto i ragazzi di Bergamo hanno messo un bel dito nella piaga, andando a colpire là dove Maroni e soci non se l’aspettavano, nella tana del lupo.

Related Link: http://www.infoaut.org/

26.8.2010


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radisol
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La pesante contestazione di Bergamo al ministro degli Interni Roberto Maroni è stata metabolizzata dai media nella maniera migliore possibile. Taglio di prima, sia nei giornali che in tv, ma sempre entro una gerarchia di notizie la più bassa che si possa dare in questi casi.

Eppure non è che in Italia siano stati tanti i ministri degli interni contestati a quel modo e, praticamente in casa loro, alla festa del proprio partito di riferimento. Roberto Maroni è inoltre riuscito in una impresa, e su scala globale, fino ad oggi inarrivabile per un ministro degli interni: farsi contestare duramente e spettacolarmente, con tanto di disordini e macchine incendiate alla sua presenza, da una tifoseria di calcio. Immaginiamo cosa sarebbe successo in Inghilterra se, dopo le leggi che seguirono alla tragedia dell’Heysel, il segretario dell’home office britannico (corrispondente al nostro ministero degli interni) avesse subito una contestazione simile da parte degli hooligans. Tra proteste della stampa e dell’opposizione il governo sarebbe caduto in poche ore perché debole, inetto e incapace di governare l’ordine pubblico su un tema all’ordine del giorno. Ma nell’Italia di oggi basta far scivolare prima possibile le notizie in tv verso i titoli di coda e, complice un’opposizione inerte, tutto velocemente scompare fino ai prossimi incidenti. Resta però la netta impressione che la tessera del tifoso contribuisca seriamente a formare la Caporetto del ministro Maroni Roberto.

La cronaca, ma non il caso, ha voluto che la contestazione di Bergamo sia andata in contemporanea con la bomba sotto la casa del Procuratore Generale di Reggio Calabria. E qui hai voglia di retorica ma chi deve decodificare le notizie sa cosa tutto questo significa: il ministero degli interni ha un controllo piuttosto basso del territorio dal (solo miticamente) compatto nord a Reggio Calabria. Dal punto di vista capitalistico non potrebbe essere altrimenti visto che i tagli agli organici di polizia hanno effetto proprio sul controllo del territorio. La strategia aggressiva sugli stadi, che richiede controllo del territorio, mostra quindi dei deficit strutturali dovuti a mancanza di risorse. Anche quella d’immagine, l’ultima che oggi politicamente tiene, è una strategia che comincia a non pagare: un ministro che aizza e provoca le tifoserie e si ritrova preso a sberle in casa propria (la Bérghem fest leghista) decisamente non regala proprio un’impressione di forza. Cossiga, quando era ministro dell’interno, provocava ma mandava i carri armati per le strade. Maroni si trova invece impigliato tra disfunzioni amministrative, tornelli, tessere, dichiarazioni roboanti e impotenza reale. Mentre dall’altro capo della penisola la ‘ndrangheta fa capire chi comanda sul territorio in Calabria (la ‘ndrangheta lo controlla con una struttura di oltre 150 clan, un fatturato di 50 miliardi di euro ed è definita dalle polizie di tutto il mondo come una delle più efficienti mafie globali. Mentre Maroni, assieme a Berlusconi, dice in tv “sconfiggeremo la mafia in 3 anni”.).

La tessera del tifoso si rivela così uno strumento non tanto utile per nuovi dispositivi repressivi, almeno non oggi. Resta in piedi solo per uno scopo: come un tentativo di creare nuovi flussi di cassa per gli istituti bancari, tramite la tessera, con il pretesto della sicurezza. Da questi flussi si dovrebbero creare marketing aggiuntivi, anche di prodotti finanziari (la tessera funziona anche come carta revolving). L’ideologia della sicurezza diventa la killer application per giustificare questi prodotti. Se non sei d’accordo con la tessera parte un coro, da Repubblica al Giornale come dal tg3 al tg5, per dimostrare sei dalla parte dei violenti e quindi degno di emarginazione.

La parentela diretta del presidente della Figc con il presidente dell’associazione bancaria italiana è il miglior suggello reale di tutta questa operazione. A Maroni è toccato il lavoro sporco di liberare le parti in affari dagli effetti collaterali di questo accordo, oltretutto familiare. Ma così facendo si è infilato in una vera e propria prova dell’ordalìa.

Molte misure legate alla tessera, come abbiamo visto nelle stagioni recenti, potenzialmente rischiano di creare incidenti anche maggiori rispetto all’epoca del vecchio ordinamento (come la proibizione dell’acquisto di biglietti in trasferta nei settori ospiti in alcune partite. Che ha messo molte tifoserie a contatto perché chi va in trasferta non va nel settore ospiti che è chiuso). Lo scioglimento dei gruppi ultras, a seguito della tessera del tifoso, può poi creare un effetto “guerriglia inafferrabile” proprio perché vengono a mancare i gruppi storici di riferimento ai quali attribuire responsabilità in caso di incidenti. Inoltre la tessera del tifoso ha comportato un ribasso del 20% degli abbonamenti, un flusso di cassa in negativo non male per le società, e crea quell’effetto “stadio vuoto” che rende il prodotto meno vendibile in televisione. Il che è grave quando si sposta una partita della domenica alle 12,30 per il mercato asiatico. Al momento, come prodotto televisivo, tra Premier League e Serie A non c’è gara e di questa inferiorità ne sono consapevoli anche gli italiani. Ma soprattutto lo sono i pubblicitari. Può finire così che per riempire gli stadi, una volta finita l’esperienza Maroni, si cambi strada rispetto a questo vicolo cieco. Uno dei tanti creati dal mito dell’efficienza padana che, non è un caso visto che siamo parlando di soggetti terminali della politica, ha trovato sterminate file di creduloni anche a sinistra.

L’impressione quindi è che la carriera politica di Maroni come ministro degli interni sia al declino. Tra contestazione sulla tessera del tifoso, problemi strutturali di controllo del territorio, contributo demenziale allo svilimento del calcio come cultura e come prodotto. D’altronde solo il PD, come fa, può credere che la Lega sia efficienza e radicamento sul territorio. Quanto al radicamento sul territorio l’abbiamo visto alla Bérghem fest, si sono fatti contestare un ministro in casa e alla presenza di altri due, mentre per l’efficienza la vicenda tessera del tifoso mostra che la l’unica cosa che la Lega oggi sa fare è la propaganda. Che, come abbiamo visto, alla fine è destinata ad incontrarsi con i problemi reali ed a svanire come neve al sole. Probabilmente Maroni non si accorge di tutto questo, essendo preso dal ruolo di ministro di polizia e dal fatto di essere mentalmente prigioniero della stessa propaganda della Lega. Fino a che si troverà un’opposizione così inerte può però dormire tranquillo. Anche se, da segnali come quello di Bergamo ed altri ben più istituzionali, si comprende come la sua stagione al Viminale possa aver imboccato il viale del tramonto. Sarebbe l’ora: un ministro dell’interno che va alle feste del suo partito con addosso i simboli secessionisti, quelli dai quali dovrebbe difendere il paese che rappresenta, è un’altra perla rara che, al momento della sua scomparsa, è certo destinata a non essere rimpianta.

nique la police - Senza Soste

www.senzasoste.it


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