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Roubini: il crollo si evita con un governo federale


Tao
 Tao
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«L´euro? Certamente è una buona idea. Una valuta per un´area fondamentale come l´Europa è un progetto nobile e foriero di grande sviluppo per tutto il mondo. Solo che sono stati fatti inspiegabili e imperdonabili passi falsi». Nouriel Roubini, economista della New York University, non è però totalmente pessimista: «I prossimi dodici mesi saranno decisivi. Se ci saranno certi sviluppi l´euro non crollerà».

Quali sviluppi, professore?

«La chiave è l´integrazione, il contrario dell´attuale volontà di disintegrazione. Servono coesione fiscale e finanziaria con l´attribuzione di cogenti poteri centrali e l´istituzione di forti autorità di controllo. Va rafforzato il coordinamento fra le banche creando un´assicurazione unica sui conti che ripartisca il rischio, e omogeneizzando le attività. C´è bisogno di regole che mettano gli operatori in grado di agire come se fossero all´interno dello stesso Stato federale, liberalizzando fusioni, acquisizioni e altre attività "cross-border". Oggi si va verso la balcanizzazione della finanza, altro che integrazione».

Sono questi gli errori cui si riferiva?

«Certo. In più, aver lasciato che entrassero nell´euro Paesi non all´altezza come Grecia o Portogallo, con il risultato di esasperare le disomogeneità, e non aver fatto nulla per controllare i debiti, privati in Spagna o Irlanda e pubblici in Italia. Gli squilibri si sono accumulati e hanno portato alla crisi».
Che però ha aspettato la tempesta dall´America per scoppiare…
«Macché: la crisi dei subprime non c´entra. La bomba degli squilibri dell´euro sarebbe esplosa comunque. Fino al 2007 la situazione sembrava sotto controllo, ma invece covava la destabilizzazione dovuta alla mancata integrazione. Finché le contraddizioni sono esplose».

Fra i fattori che indeboliscono l´euro c´è la drammatizzazione del problema-debito su insistenza tedesca?

«In parte sì. Rinviare la scadenza per il pareggio di bilancio è un´opzione da considerare, fermo restando l´impegno a non bloccare i processi di aggiustamento. Né va scartata l´ipotesi del consolidamento del debito italiano del 20-25%».

Ma se i Paesi "non all´altezza" scendono dal carro, tutto crolla?

«No se escono Grecia e Portogallo, il che è probabile. Sì se esce l´Italia. È qui la verifica dei prossimi dodici mesi. L´Italia per ora regge. Vedremo fra un anno».

È più o meno l´orizzonte temporale del governo tecnico…

«Speriamo che le prossime misure riavviino la crescita, e che la precedente maggioranza non riservi malaugurati colpi di coda. Ma l´Italia non è sola in questa battaglia. L´area euro deve ritrovare la solidarietà. Gli eurobond sarebbero utili ma non praticabili. La Bce deve però pilotare la svalutazione del 30% sul dollaro, fino alla parità, abbassando i tassi e aumentando l´immissione di liquidità nel sistema».

Le sembra realistico che assuma il ruolo di "lender of last resort"?

«È una battaglia persa ma sarebbe la soluzione per i debiti. Solo un´istituzione in grado di intervenire con mezzi illimitati scoraggia la speculazione, che ora ha gioco facile: per l´eventuale salvataggio di Italia e Spagna servirebbero 1.400 miliardi, ma le disponibilità sommate di Fmi, Fondo salvastati e Bce (per il programma di acquisti di Bot) sono pari a metà di quella cifra. E il "Fondo monetario europeo" nasce con il solito handicap dei voti dei Parlamenti: serve un governo europeo che decida a maggioranza».

E l´eventualità che arrivi un aiuto finanziario da fuori, tipo Cina?

«Non ci conterei. I cinesi non lo farebbero gratis e vorrebbero accesso ai mercati, apertura alle tecnologie militari e ai brevetti hi-tech, misure complesse da attivare subito. La crisi è europea ed è l´Europa che deve risolverla».

Eugenio Occorsio
Fonte: www.repubblica.it
28.12.2011


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