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Se i trentenni non leggono Pasolini un motivo ci sarà


Tao
 Tao
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Al direttore - Caro Claudio, tranne alcune, sorprendenti, forse lodevoli eccezioni, non conosco nostri coetanei, cioè trentenni, quelli nati nei magnifici anni del riflusso, che abbiano letto Pier Paolo Pasolini. E un motivo dev’esserci se di fronte all’onda morta di articoli e commemorazioni che da una settimana gonfia senza tregua i quotidiani – quelli che i giovani non leggono (guarda caso) – noi trentenni abbiamo l’impressione d’assistere all’incirca a un dibattito non tra iniziati, ma tra reduci e per reduci. Una specie di rievocazione storica in costume, come il Palio di Siena o la Giostra medievale di Arezzo, una sagra rievocativa tra sessantenni riuniti per scambiarsi reliquie e cimeli, souvenir di memoria, pensieri d’epoca, un universo culturale e sentimentale che riguarda soltanto loro. Come neanche a un raduno degli alpini.

Il POTERE non ha ucciso Pasolini, lo ha ridotto a immaginetta buona Mi tengo stretti Calvino e Pasolini, opposti maestri dello sguardo da fuori Oltre PPP, la virtù meno apparente per amare Polanski Intendiamoci, io Pasolini l’ho letto, e i suoi film li ho guardati: quale esemplare malinconia di scorci e atmosfere! Con un’economia di mezzi tanto prodigiosa quanto elusiva. Ma senza una sola parola, un’idea, un’immagine che sia d’uso corrente o universale, spendibile oggi, che insomma non suoni stantìa, vecchia, indigesta, non rinchiusa in quell’epoca e nelle ossessioni d’una generazione per la quale il Maggio francese aveva segnato la grande svolta della vita: le firme sui manifesti, sugli appelli, le risoluzioni e le prese di posizione sul Vietnam, la Grecia, il Cile, e poi le pallottole e gli scontri di piazza che “quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte / coi poliziotti / io simpatizzavo coi poliziotti. / Perché i poliziotti sono figli di poveri”.

Pasolini ha i piedi ben piantati non nel Novecento, ma in un preciso e forse trascurabile ritaglio del secolo. Persino le periferie romane, quelle “der Cecato” e dei Casamonica, oggi non hanno più niente a che vedere con il mondo di “Uccellacci e uccellini”. E diventano “pasoliniane” solo nella pigrizia dei giornalisti che non sanno descrivere. Quella di Pasolini è una condanna anagrafica che però i sessantenni non dovrebbero comminare anche a noi. E comunque non con quella monotonia, quella reiterazione da sbadiglio che è la cosa peggiore dei quotidiani impegnati a respingere i lettori meno attempati.

Savatore Merlo
Fonte: www.ilfoglio.it
4.11.2015


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mincuo
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E' triste.
Pasolini è stato un romanziere, un poeta, un saggista, un traduttore, uno sceneggiatore, un regista, un drammaturgo, un pittore e un compositore di canzoni. Tanta roba......e tanta di qualità.
E qui si riduce a immaginetta a favore di questo o quell'altro o contro questo o quell'altro, e da sfruttare per questo o quell'altro fine, non tanto di qualità di solito....
Più che altro è triste.
E abbastanza consueto.


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E' triste.
Pasolini è stato un romanziere, un poeta, un saggista, un traduttore, uno sceneggiatore, un regista, un drammaturgo, un pittore e un compositore di canzoni. Tanta roba......e tanta di qualità.
E qui si riduce a immaginetta a favore di questo o quell'altro o contro questo o quell'altro, e da sfruttare per questo o quell'altro fine, non tanto di qualità di solito....
Più che altro è triste.
E abbastanza consueto.

Se lo sostiene lei ne possiamo star certi.


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Georgejefferson
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Pasolini,uno che va ai giardinetti a trombare coi ragazzini minorenni pagandoli e, come tutti sanno di Pasolini, non facendolo in maniera dolce e delicata ma "gagliardamente" brutale?
Cioè uno di quelli coi "sordi" che andavano la sera a Villa Borghese di fronte alla Galleria Nazionale di Arte Moderna, o al Gianicolo o al monte Caprino vicino al Campidoglio per dedicarsi alla prostituzione maschile e chissenefrega se hanno meno di diciotto anni?
E quelli ci stavano perché il sesso è sempre stato l'unico momento in cui diventa possibile la comunicazione fra le classi sociali troppo distanti; e i ragazzotti lo accettano un po' per gli spiccioli (o lo stereo, o l'orologio), un po' perché in qualche modo si rendono conto che solo cosí possono aprire gli occhi su realtà sociali che gli danno la dimensione del loro reale essere nel mondo.
Per questi ragazzi a volte la conoscenza con l'amante ricco e maturo significa un accesso altrimenti impossibile per il mondo dell'arte e della cultura, cose che i borgatari fra loro denigrano come fesserie ma delle quali in segreto nutrono uno struggente desiderio.

E Pasolini lo sapeva e ne approfittava per gratificare il proprio narcisismo di intellettuale che in quanto intellettuale coltiva un coté riservato di normalissimo arrivista, ma piú di prestigio che di soldi.
Grande e raffinatissimo intellettuale, grandissimo regista autore di film splendidi, grande scrittore ma politicamente nullo come tutti gli esteti, come tutti quelli che non riescono a superare il loro narcisismo. Perché il valore di un uomo non é nel talento che gli ha regalato il Signore, né tanto in quanto lo ha fatto fruttare ma nella sua umanità, nella sua voglia prima di tutto di condividere i suoi doni con la comunità; in una parola, il valore vero e autentico di un intellettuale lo si vede solo ed esclusivamente nell'impegno politico in cui si è profuso e da quel punto di vista Pasolini non ha voluto dare quello che avrebbe potuto e dovuto dare.

Pasolini andava di notte con gli occhiali neri su una macchina sportiva a rimorchiare i ragazzini che andavano in giro (andavano in giro perché aspettavano appunto quelli coi sordi tipo Pasolini; ma mica ci andava solo lui, c'era un via vai intenso).
A Roma la notte a Villa Borghese, in altri parchi, vicino a Termini ma anche nei cessi di Termini, sotto al Campidoglio etc etc ci stanno i punti di incontro per gay dove la notte i ricchi vanno a caccia di ragazzotti gagliardi e ignoranti (piace proprio il fatto di stare con uno di classe sociale inferiore).

Ci tengo a dire che io non disprezzo affatto Pasolini che anzi considero un grandissimo artista con delle idee politiche validissime.
Sto osservando che il suo atteggiamento verso i ragazzi del proletariato romano delle borgate era esattamente quello di un aristocratico francese del '700; a fronte di questo ci doveva essere, almeno a partire dal momento in cui si era definitivamente affermato a livello mondiale come artista, un impegno politico concreto.
Non c'è stato e questa mancanza andrebbe ricordata; oggi abbiamo bisogno di intellettuali che si impegnino e gli atteggiamenti narcisistici e aristocratici andrebbero severamente stigmatizzati.

Foucault alla sua epoca era considerato di sinistra...si trattava di un profondissimo pensatore evidentemente nicciano e narcisista fino al midollo.
Bourdieu diceva una cosa ovvia ma molto intelligente e cioè che l'attività di un intellettuale, anche di quello assolutamente in buona fede, per le modalità che le consentono di essere diffusa, per i rapporti gerarchici a cui si deve sottoporre l'intellettuale sia nella sua formazione (gli studi) sia nel suo inserimento nell'ambiente accademico; l'attività dell'intellettuale genera, insieme al prodotto principale che è il suo pensiero, un sottoprodotto che finisce per diventare più importante del prodotto principale. Anzi diventa la vera ragione di esistenza della figura dell'intellettuale e cioè definire con più precisione, rielaborare, o addirittura creare le modalità in cui si realizza la distinzione sociale e in cui si stabilisce il divario fra le classi.

Paolini e Foucault alla fine, nel loro narcisismo che guarda caso è stato per entrambi la causa della loro morte, sono serviti solo a quel "sottoprodotto" di cui parlavo.


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mincuo
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Pasolini ebbe guai fin da ragazzo con la giustizia. Era un violento, sadomasochista. Non solo violento sugli altri ma su di sè.
Gli amici tutti lo ricordano certe mattine pieno di lividi, di graffi, di ferite.
Si faceva legare, picchiare e quasi asfissiare.
O picchiava e usava violenza lui.
Sempre la gente a lui vicina raccontava che alla sera spesso si trasformava, era preso come da un demone.
La lettura "sociale "di Black Jack è un po' penosa, a mio giudizio.
Pasolini ebbe dei partner non certo proletari.
E' certo che andava a rimorchiare prostituzione maschile nelle periferie, ma quella non la praticano per le strade i banchieri o i Lords.
Lui cercava la violenza e l'abiezione quando era preso dalla sua perversione.
E dove la doveva cercare, nei salotti letterari?
Desumere che il piacere lo trovasse nel fatto che fossero "di una classe inferiore" è.....un po' penoso.


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Georgejefferson
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Si quello e' il suo punto di vista, io non posso saperlo con certezza. (magari era "anche" cosi..boh)

Comunque ci sono informazioni (al di la del giudizio che ognuno si fa da se), esempio simile Polansky.

Ogni uomo e donna e' fatto di tante parti, ed ognuno dovrebbe essere libero di giudicare un uomo o donna come vuole, in liberta, sia che ritenga giusto elevare delle parti, e minimizzarne altre, sia che ne valuti il complesso tenendo conto di tutto (sempre se rispondente al vero ovviamente), dal mio punto di vista.


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mincuo
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Per carità è un'opinione. Però voler trovare a una perversione sessuale il significato "politico" del godimento di fare un'oppressione "di classe" mi pare un po' stiracchiato. Come minimo.
E' un'opinione anche la mia.

P.S.
Non è la prima lettura di quel tipo vista, e non so neanche se è del suo sacco.
Pasolini non piaceva da una parte e dall'altra.
Era marxista ma non era un allineato. Ed era grave in Italia.
Fu contro il divorzio e contro l'aborto. Un delitto per il PCI che scrisse su di lui articoli sprezzanti, mentre la DC che lo aveva avuto in odio fino ad allora lo elevò a sommo poeta. Era vicino a posizioni extra-parlamentari, e da loro era amato, ma quando scrisse sui figli dei poliziotti improvvisamente divenne un artistucolo.

La solita Italia.


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Georgejefferson
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Come dicevo ognuno giudica per proprio conto, piu per le informazioni sui fatti, piuttosto che la lettura di Black Jack, almeno mi auguro. Certo andrebbero conosciuti certi fatti (sempre se rispondenti a verita), altrimenti si conosce solo una parte. Poi se e' legittimo (per la propria libera scelta di giudizio verso la totalita di una persona) separare le parti che si apprezzano da quelle meno quello lo si fa in libera scelta ognuno con la propria testa.

C'e' chi lo giudichera
grande scrittore, regista ecc..,
piccolo uomo
e nel complesso un livello basso di giudizio

C'e' chi lo giudichera come "grande pasolini" tout court.

Essere contro qualcosa non fa di per se una qualita'. a mio giudizio. Come l'anti conformismo, in se e fine a se stesso non vuol dire nulla, e' uno slogan. Dipende rispetto a cosa.

Vero che il dare importanza a tutti gli aspetti di una persona, e non solo a quelli "tecnici" diciamo per capirci e' frutto di condizionamento culturale.

Ma lo stesso vale per il contrario, cioe anche dare importanza SOLO agli aspetti del talento ecc.. come tratto dominante (non mi riferisco a te a priori) e' frutto di un condizionamento culturale al pari dell'altro.

La differenza la fa la libera scelta di ognuno.


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