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Senza Luciano Gallino

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Tao
 Tao
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Senza Luciano Gallino siamo più soli, più disarmati, meno capaci di capire il presente e di costruire un futuro diverso: uso il plurale, parlo di tutti coloro che credono che un altro mondo sia possibile.

In queste ore tristissime possiamo fare solo una cosa: rileggerlo, con animo profondamente grato.

«Se si guarda alla sua irresistibile ascesa come ideologia dominante dell'ultimo terzo del Novecento e del primo decennio Duemila, bisogna partire dalla constatazione che il neoliberalismo è una dottrina totalitaria che si applica alla società intera e non ammette critiche. In forza del suo dominio tale dottrina ha profondamente corrotto la vita sociale, il tessuto delle relazioni tra le persone, su cui le società si reggono; con i suoi errori ha condotto l'economia occidentale ad una delle peggiori recessioni della storia; ha straordinariamente favorito la crescita delle disuguaglianze di reddito, di ricchezza di potere. ...

«È la più grande forma di pandemia del XXI secolo. È anche un grande pericolo per la democrazia. Per cui sarebbe necessario combatterla ogni giorno mediante rinnovate dosi di pensiero critico in ogni singolo luogo in cui si riproduce: nella scuola, negli atenei, nei manuali, nei quotidiani, in tv. Allo sguardo del pensiero critico, il neo liberalismo è nudo. L'ermellino che vanta è in realtà un panno di poco prezzo.
«Bisogna puntare a moltiplicare il numero di persone che così lo vedono. E, perché no, dare retta a Keynes, là dove dice (alla fine della Teoria generale) che prima o poi sono le idee, più ancora che gli interessi costituiti, a essere davvero pericolose, per il meglio e per il peggio. Che è uno dei pensieri utilizzati con maggior destrezza dal neoliberalismo, insieme con il concetto di egemonia, al fine di costruire un mondo dove il peggio tocca solo ai deboli, e il meglio ai più forti. Bisognerebbe tentare di rovesciare tale principio, allo scopo di costruire qualcosa di meglio a favore dei più deboli»
(L. Gallino, Il colpo di Stato di banche e governi. L'attacco alla democrazia in Europa, Torino, Einaudi, 2013, pp. 251, 268)

Parole alle quali viene da rispondere con il Max Weber della Scienza come professione (1917): «Ne vogliamo trarre l’insegnamento che anelare e attendere non basta, e faremo altrimenti: ci metteremo al nostro lavoro, e adempiremo “alla richiesta di ogni giorno” come uomini, e nel nostro lavoro».

Grazie, professor Gallino: che la terra le sia lieve.

Tomaso Montanari
La Repubblica, blog "Articolo 9", 9

Via eddyburg.it
10.11.2015


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Stodler
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Tutte cose ormai risapute dalla crisi del 1929.

Però con alba è ben riuscito a far passare il messaggio che ci vuole più europa.

Ha sostenuto anche la lista Tsipras.

Predicava alla menopeggio e razzolava molto male.


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patrocloo
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Tutte cose ormai risapute dalla crisi del 1929.

Però con alba è ben riuscito a far passare il messaggio che ci vuole più europa.

Ha sostenuto anche la lista Tsipras.

Predicava alla menopeggio e razzolava molto male.

D'altronde se il coccodrillo è pubblicato da repubblica qualcosa vorrà pur dire...


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Truman
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...dare retta a Keynes, là dove dice (alla fine della Teoria generale) che prima o poi sono le idee, più ancora che gli interessi costituiti, a essere davvero pericolose, per il meglio e per il peggio. Che è uno dei pensieri utilizzati con maggior destrezza dal neoliberalismo, insieme con il concetto di egemonia, al fine di costruire un mondo dove il peggio tocca solo ai deboli, e il meglio ai più forti. Bisognerebbe tentare di rovesciare tale principio, allo scopo di costruire qualcosa di meglio a favore dei più deboli»
(L. Gallino, Il colpo di Stato di banche e governi. L'attacco alla democrazia in Europa, Torino, Einaudi, 2013, pp. 251, 268)

Non male, ma mi fa tornare in mente Baricco, che lo diceva meglio:

Gli uomini esprimono idee che non sono loro.
- Vuole scherzare?
- Sono serissimo.
- Come fanno a esprimere idee che non sono loro?
- Diciamo che non sono più loro. Lo erano. Ma molto rapidamente gli scappano di mano e diventano creature artificiali che si sviluppano in modo quasi autonomo, e hanno un solo obbiettivo: sopravvivere. L'uomo presta loro la sua intelligenza ed esse la usano per diventare sempre più solide e precise. In un certo senso, l'intelligenza umana lavora costantemente per dissipare il meraviglioso infinito caos delle idee originarie e sostituirlo con l'inossidabile compiutezza di idee artificiali. Erano apparizioni: adesso sono oggetti che l'uomo impugna, e conosce alla perfezione, ma non saprebbe dire da dove vengono e in definitiva che diavolo di rapporto abbiano ormai con la verità. In un certo senso non gliene frega nemmeno più tanto. Funzionano, resistono alle aggressioni, riescono a scardinare le debolezze altrui, non si rompono quasi mai: perché farsi tante domande? L'uomo le guarda, scopre il piacere di impugnarle, di usarle, di vederle in azione. Prima o poi, è inevitabile, impara che le si può usare per combattere. Non ci aveva mai pensato, prima. Erano apparizioni: aveva giusto pensato di farle vedere agli altri, tutto lì. Ma col tempo: più niente di quel desiderio originario si salva. Erano apparizioni: l'uomo ne ha fatto delle armi.

(A. Baricco, City)


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Tutte cose ormai risapute dalla crisi del 1929.

Che c'entra la crisi del '29 nin zò.. Comunque, cosa sappiamo del Big Crash? Le cause? Chiedo perché leggendo qua e là non mi pare che ci sia un granché di risaputo... Potresti precisare meglio?


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Stodler
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Tutte cose ormai risapute dalla crisi del 1929.

Che c'entra la crisi del '29 nin zò.. Comunque, cosa sappiamo del Big Crash? Le cause? Chiedo perché leggendo qua e là non mi pare che ci sia un granché di risaputo... Potresti precisare meglio?

Sempre da Keynesblog

Una lezione dalla storia: la crisi del 1929 e la distribuzione del reddito

Marriner S. Eccles su nominato presidente della Federal Reserve da Franklin D. Roosevelt e ricoprì la carica dal novembre 1934 al febbraio 1948. In questo brano, tratto dal suo libro di memorie “Beckoning Frontiers” (New York, Alfred A. Knopf, 1951) illustra il rapporto tra la distribuzione del reddito e la “Grande Depressione”. Le analogie con la crisi attuale sono numerose. E’ legittimo chiedersi come sia possibile ripetere errori simili ad 80 anni di distanza.

di Marriner S. Eccles

Così come la produzione di massa deve essere accompagnata dal consumo di massa, il consumo di massa, a sua volta, implica una distribuzione della ricchezza – non della ricchezza già esistente, ma della ricchezza corrente prodotta – al fine di fornire alle persone un potere d’acquisto pari alla quantità di beni e servizi offerti dalla macchina economica della nazione.

Invece di realizzare questo tipo di redistribuzione, una gigantesca pompa aspiratrice dal 1929-1930 ha concentrato in poche mani una parte crescente della ricchezza corrente prodotta. Questo è servito all’accumulazione del capitale. Ma sottraendo potere d’acquisto dalle mani della massa dei consumatori, i risparmiatori hanno negato a se stessi l’ammontare di domanda effettiva per i loro prodotti che poteva giustificare il reinvestimento dei loro capitali accumulati in nuovi impianti. Di conseguenza, come in un gioco di poker in cui le fiches sono concentrate poche mani, gli altri partecipanti hanno potuto restare in gioco solo indebitandosi. Quando il loro credito si è esaurito, il gioco si è fermato.

Questo è ciò che è successo da noi negli anni Venti. Abbiamo sostenuto elevati livelli di occupazione in quel periodo, con l’aiuto di un’espansione eccezionale del debito al di fuori del sistema bancario. Tale debito è stato finanziato dalla crescita consistente del risparmio delle imprese così come degli individui, in particolare nelle fasce ad alto reddito, sulle quali le tasse erano relativamente basse. Il debito privato al di fuori del sistema bancario è aumentato del cinquanta per cento circa. Tale debito, a tassi di interesse elevati, in gran parte ha preso la forma di debito ipotecario su case, uffici e strutture alberghiere, credito al consumo, prestiti concessi ai broker e debito estero. Lo stimolo di spendere attraverso la creazione di debiti di questo tipo fu di breve durata e non poteva contare sul sostegno di elevati livelli di occupazione per lunghi periodi di tempo. Se ci fosse stata una migliore distribuzione del reddito corrente – in altre parole, se ci fosse stato meno risparmio da parte delle imprese e delle fasce di popolazione ad alto reddito e più disponibilità per le fasce a basso reddito – avremmo avuto una stabilità di gran lunga maggiore nella nostra economia. Se i sei miliardi di dollari, per esempio, che sono stati concessi in prestito da società e individui ricchi per la speculazione in borsa, fossero stati distribuiti al pubblico in forma di prezzi più convenienti o più alti salari e meno profitti per le imprese e i benestanti, ciò avrebbe impedito o fortemente moderato il collasso economico che ha avuto inizio alla fine del 1929.

Arrivò quindi il momento in cui non c’erano più fiches da dare in prestito. I debitori furono costretti allora a ridurre il proprio consumo, nel tentativo di creare un margine necessario alla riduzione dei debiti in sospeso. Questo, naturalmente, ridusse la domanda di beni di ogni genere e portò a quella che sembrava essere sovrapproduzione, ma era in realtà sottoconsumo, se valutata in termini reali e non monetari. Ciò, a sua volta, determinò un calo dei prezzi e dell’occupazione.

La disoccupazione aggravò ulteriormente la riduzione dei consumi, che aumentò ulteriormente la disoccupazione, chiudendo così il cerchio in un continuo declino dei prezzi. I guadagni cominciarono a scomparire, richiedendo economie a tutti i tipi di salari, stipendi, e tempo degli occupati. E così ancora una volta il circolo vizioso della deflazione si è chiuso fino a che un terzo della popolazione lavoratrice si è trovata disoccupata, con il nostro reddito nazionale ridotto del cinquanta per cento, e con l’onere del debito aggregato più grande che mai, non in dollari, ma misurato in valore corrente e in termini di redditi che rappresentavano la possibilità di ripagarli. Le spese fisse, come le imposte, le tariffe ferroviarie e di altri servizi, le assicurazioni e le spese per interessi, si mantennero vicine al livello del 1929 e richiesero una parte del reddito nazionale tale che l’importo lasciato per il consumo di beni non fu sufficiente a sostenere la popolazione.

Questa, dunque, è stata la mia lettura di ciò che ha portato alla depressione.

http://keynesblog.com/2013/04/16/una-lezione-dalla-storia-la-crisi-del-1929-e-la-distribuzione-del-reddito/

Parole che suonano familiari no??

Ma per te per carità...


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Se permetti, per carità lo dico io. Prima di addentrarci nel tunnel della “sciienza”, posso fare una domanda? I tuoi studi sul big crash si basano su quanto riportato da Keynesblog? Giusto per sapere eh..


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Stodler
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Se permetti, per carità lo dico io. Prima di addentrarci nel tunnel della “sciienza”, posso fare una domanda? I tuoi studi sul big crash si basano su quanto scritto su Keynesblog? Giusto per sapere eh..

Beh queste sono le parole di un banchiere centrale che ha vissuto quell'epoca.

Le tue fonti quali sarebbero?


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Se permetti le domande le ho fatte io e quindi gradirei ricevere una qualche risposta prima di proseguire. Detto questo, tu puoi riportare i discorsi di un Marriner S. Eccles (un banchiere, nel 1926 controllava diciassette - 17 - banche), di un Ford, di un Warburg, di un Roosevelt o di un Keynes ma se non sei in grado di valutare ciò che dicono, se non hai riferimenti, se non sai una ceppa di quel periodo storico, se non capisci un’acca di economia e finanza, se non hai mai aperto un testo di storia economica, di che vuoi parlare? Di Keynesblog?
Vatti a leggere cosa dice Keynes di Eccles. A proposito, ringrazia Eccles per Bretton Woods e per tutto ciò che ne segue (genio!).


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Stodler
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Se permetti le domande le ho fatte io e quindi gradirei ricevere una qualche risposta prima di proseguire. Detto questo, tu puoi riportare i discorsi di un Marriner S. Eccles (un banchiere, nel 1926 controllava diciassette - 17 - banche), di un Ford, di un Warburg, di un Roosevelt o di un Keynes ma se non sei in grado di valutare ciò che dicono, se non hai riferimenti, se non sai una ceppa di quel periodo storico, se non capisci un’acca di economia e finanza, se non hai mai aperto un testo di storia economica, di che vuoi parlare? Di Keynesblog?
Vatti a leggere cosa dice Keynes di Eccles. A proposito, ringrazia Eccles per Bretton Woods e per tutto ciò che ne segue (genio!).

Mi rendo conto più che altro di una cosa, dici tante cose, ma alla fine non dici niente.

Eccles si lamentava dell'eccessiva inflazione post guerra, capirai, ma ha anche detto che la politica precedente di espansione del bilancio dello stato e della politica accomodante della fed negli anni 30 e durante la guerra erano necessari.

Oggi infatti vediamo come vanno le cose.


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Mi rendo conto più che altro di una cosa, dici tante cose, ma alla fine non dici niente.

Diciamo che trovo poco gratificante discutere di queste cose con te . Se magari ti ponessi diversamente forse… Ma forse.


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mincuo
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Credo che quello di Eccles sia un punto che ha del merito.
La crisi del '29 però fu dovuta a una serie di concause.
Dal punto di vista economico i grandi incrementi di produzione, dovuti anche al cambiamento delle linee e delle modalità (Taylor ecc..) portò un mismatch tra produzione e consumi. E cioè i consumi non tenevano dietro. Lo si vede dall'aumento delle scorte e dalla contrazione delle vendite e dei profitti, già mesi prima. Credo che sia questo ciò che intendeva Eccles.
Ma Eccles (o piuttosto Keynes-blog) sbagliano a imputare solo a questo fatto il crash.
Ci furono altre cose:
-Il credito, che era aumentato considerevolmente (50% dal 1920)
-Il margin buying, che divenne popolarissimo.
-Il livello dei prezzi di borsa che quintuplicò e così anche gli earning per share, del 400%
-La recessione in agricoltura (che all'epoca aveva maggior peso di oggi come componente del PIL). Anche lì la meccanizzazione portò sovrapproduzione ma la domanda non seguiva. Gli agricoltori avevano cominciato a soffrire molto prima dei segnali dell'industria.
-La struttura del sistema bancario. Che io credo sia da mettere ai primi posti. Era fatto di oltre 30.000 banche di piccola media taglia. E proprio con la recessione dell'agricoltura cominciarono a saltarne. Ma quelle non saltate si erano indebolite.
-Da ultimo la cosa che non si dice mai. Che forse è la più importante.
E se non fu la causa fu però forse la miccia accesa, o la spintarella e poi l'aggravamento.
E siccome non si "ipotizza" mai, non la dico.
Sta di fatto che non tutti ci persero e, sotto un altro punto di vista, fu una grande Mergers & Acquisitions per alcuni, e a prezzi di saldo.

E io penso che forse sbaglino (ma questa è un'opinione personale) a tacciare di miopia i Governanti, o meglio quelli che di fatto gli stavano dietro, all'epoca, nel non alzare stipendi ecc...e nel contrarre il credito così violentemente.
Cioè, voglio dire, sono stati miopi, se le cose le si considerano da un certo punto di vista. Quello del popolo Americano, ad esempio.
Ma non è detto che quello fosse l'unico punto di vista e nemmeno che quello fosse il punto di vista di ognuno.
Perchè da un altro punto di vista fu invece un affare gigantesco.

P.S. Chi ha forza finanziaria e controlla un pacchetto può avere una logica diversa dall'azionista di minoranza. Se io ho le azioni della XYZ, cioè ne ho la maggioranza, e se quelle non sono a garanzia di qualcosa, e se non le devo vendere, il fatto che valgano 100 o 10 non mi interessa molto. Specie se poi mi prendo le quote di mercato di chi quella forza non ha e salta. Perchè le azioni le aveva a garanzia o non sopportava un aumento dei tassi, o gli retstringevano il credito.
E anche una grossa banca può ragionare così.
Ed entrambi possono ragionare così se di fatto poi sono un misto, un conglomerato, e in più se sono anche un cartello di 5 o 6 o 10 grossi players.


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Stodler
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Dipende dai punti di vista.

Per un neoliberale c'è sempre la vittoria.

Le crisi NON SONO MAI quelle del capitale, le crisi SONO SEMPRE INVECE quelle dei poveracci.


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mincuo
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Il "neoliberale" lo lascio a te. A me non significa nulla. A parte quel che furono realmente nella storia dell'economia.
Scrissi anche un post specifico 2 anni fa. E lo trovi se vuoi.
Fu un movimento importante, durato 50 anni, che tentava di coniugare liberalismo e socialismo. Nasce poi da quello la cosiddetta economia sociale di mercato che è circa il modello Europeo del dopoguerra.
E hanno casualmente (al tempo del Cile mi pare) proprio scelto quel nome, esistente e che definiva una dottrina economica precisa da 50 anni, per rovesciarlo di significato, dandogli da allora, attraverso i media, quello di iper-liberista. O di capitalismo "selvaggio" anche.
(Mi pare) che nacque coi Chicago-boys e appunto con il Cile.
Quindi non l'hanno chiamato iper-liberismo, o ultra-liberismo, ad esempio, ma proprio neo-liberismo.
Che era l'opposto, da 50 anni e con tanto di Università, cattedre, società culturali, libri, saggi, discussioni, convegni, studi....
Penso che non fu casuale e che fosse destinato specialmente a quella parte che, come è noto, è sempre molto più "avanti" intellettualmente e storicamente.
Moralmente poi non se ne parla nemmeno. Quello è "antropologico".

Eccolo qua il post mio sul "neoliberismo":
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=Forums&file=viewtopic&t=59335&highlight=neoliberismo


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sankara
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Sta di fatto che non tutti ci persero e, sotto un altro punto di vista, fu una grande Mergers & Acquisitions per alcuni, e a prezzi di saldo (...)
P.S. Chi ha forza finanziaria e controlla un pacchetto può avere una logica diversa dall'azionista di minoranza. Se io ho le azioni della XYZ, cioè ne ho la maggioranza, e se quelle non sono a garanzia di qualcosa, e se non le devo vendere, il fatto che valgano 100 o 10 non mi interessa molto. Specie se poi mi prendo le quote di mercato di chi quella forza non ha e salta. Perchè le azioni le aveva a garanzia o non sopportava un aumento dei tassi, o gli retstringevano il credito.
E anche una grossa banca può ragionare così.
Ed entrambi possono ragionare così se di fatto poi sono un misto, un conglomerato, e in più se sono anche un cartello di 5 o 6 o 10 grossi players.

Un commento illuminante Mincuo, grazie. Non l'avevo considerato questo "punto di vista". Sarebbe interessante poter verificare i pacchetti azionari prima e dopo la crisi del 1929...sulla dinamica della crisi, ritieni istruttiva l'opera di John Kenneth Galbraith "Il grande crollo"?


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