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tra fare e ragionare


GioCo
Noble Member
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Si può "ragionare" con il pennello dell'artista? Con il martello da fabbro? Con la zappa del contadino?

Si può "fare" con il cellulare del manager? Con il computer della amministrazione di una multinazionale? Con l'automobile?

Certi oggetti costringono nell'uso a un approccio complesso, "ragionato", dato che le loro funzioni non sono definite. Si tratta quindi di meta-oggetti, in quanto la relazione che si stabilisce con loro, l'intenzione d'uso, non è definita dall'oggetto ma "con" l'oggetto.

Ovviamente posso usare una zappa per darla in testa a una cretino che mi ha provocato, oppure posso usarla nei campi e va bene ugualmene per ottenere lo scopo al momento. Tuttavia nessuno intende la zappa nel suo uso pre-vedibile come un arma a meno che le condizioni specifiche e particolari in cui ci troviamo non portino a considerarla tale.

Ma uno smatphone, che in teoria dovrebbe essere un telefono, ha una moltitudine di usi tali che non si può ridurre a semplice "apparecchio per telefonare". Le sue potenzialità sono limitate più dalle parti componenti che dall'insieme. Quindi può essere usato tanto per telefonare come per illuminare una stanza rimasta al buio o vedersi un film.
Per ciò per usare un apparecchio del genere, sono obbligato a "ragionare".

Il ragionamento interferisce con l'intuito, la creatività e con altri "stati" della mente essenziali nella vita dell'Uomo, come il rilassamento, il sonno ed altri ancora. Va da se quindi che l'uso degli oggetti non è neutrale, rispetto i condizionamenti degli stati mentali.
I vecchi solevano dire che se avevi mal di schiena, andavi a farti una zappatina per i campi e ti passava, oppure (nel caso femminile) cucire o usare i ferri per fare vestiti. Sapevano per esperienza che ciò che noi intendiamo come "fatica" (lavoro ripetivito, manuale e corporeo) aveva però delle componenti che interferivano con il ragionamento e quindi favorivano altri stati della mente più funzionali alle reazioni positive del corpo rispetto a certo dolore fisico o emotivo.

Ma oggi, quali spazi hanno queste pratiche? Come possiamo riprenderci il loro lato positivo e reinserirlo nel nostro contesto attuale?


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Truman
Membro Moderator
Registrato: 2 anni fa
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Ma oggi, quali spazi hanno queste pratiche? Come possiamo riprenderci il loro lato positivo e reinserirlo nel nostro contesto attuale?

(Ho corretto "anno" con "hanno").

Oggi quasi tutti, almeno in occidente, abbiamo una casa in cui ci possiamo isolare dal mondo, basta tenere spenta la TV e magari staccare tutti i telefoni. Dopo di che possiamo ritrovare il nostro equilibrio leggendo un buon libro o ascoltando della buona musica.
Per chi avesse voglia di attività manuali basta trovarle, anche se solitamente sono considerate femminili: lavare i piatti, pulire casa, lavare i panni, curare le piante sul balcone.

Una variante più complessa, per chi è costretto a viaggiare molto in automobile, è il prendere una strada ben nota, inserire il proprio personale pilota automatico, e ascoltare musica mentre si viaggia con calma. Io spesso riesco a farlo nel traffico di Roma, anche se a volte mi ritrovo ad andare più veloce di quanto pensavo. Insomma c'è il lavoro muscolare, l'ebbrezza del rischio e la meditazione. Ciò che mi manca di più è il fatto che è difficile fermarsi per prendere nota dei buoni pensieri.
Anche qui il telefono sarebbe da tenere spento, al contrario di buona parte dei guidatori.


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GioCo
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 2212
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[quote="Truman"]

...
(Ho corretto "anno" con "hanno").
...

Tk, ho riletto corretto e trovato altri refusi. Come sempre devo scrivere negli intervalli di 20 minuti e di getto pensieri multipli incastrati tra tempeste di idee a strati che si scatenano a prescindere da qualunque mia volontà. Questo non giustifica la grammatica ma se scrivo male è perchè le mani digitano libere mentre la testa (tiranno delle mie pene quotidiane) è già da un altra parte.

Il fare che indichi è interessante e al contempo però mi costringe a farmi più domande di quante risposte riesce ad offrirmi. Le comunità contadine (dei nostri avi) rappresentano un icona di indigenza e povertà repellente che non è il caso di evocare come desiderabile, una povertà non solo materiale ma anche intellettuale, per ciò gli strumenti del pensiero che appartengono alla comunicazione di quelle persone ci appaiono esternamente poveri. Ma non possiamo dire per questo che la profondità del "pensiero semplice" fosse inferiore a quello forbito, possiamo dire solo che aveva meno strumenti per essere trasmesso e compreso da noi. Per ciò ogni "risposta" che arriva da quel mondo passato (per noi preziosa, perchè rappresenta le nostre radici culturali) non può essere presa alla leggera, ne convertita in pratiche che non siano attentamente ponderate.

Facciamo un esempio. Se i tempi di lavoro contadino erano lenti, costruiti sul ritmo delle stagioni, sulla resistenza (privazioni) e sulla fatica (risparmio) la maggioranza del tempo veniva passato cantando (per accordare i ritmi degli sforzi collettivi) e raccontando (per accordare le ragioni e i significati degli sforzi collettivi). La parola e il suo suono per ciò avevano una funzione pratica, non estetica. In generale la disarmonia sociale era considerata come un fenomeno "grave", soprattutto quando segnava i momenti chiave, come il matrimonio, la nascita e la morte. Quindi era coerente che il canto e le parole accompagnassero i gesti e i comportamenti sempre con la funzione esplicita di ricomporre l'armonia.

Oggi non c'è più questa esigenza, dato che abbiamo accettato oggetti che ci hanno fornito l'illusione di potersi sostituire alle persone in quanto mediatori più efficaci del canto e alla parola per accordare le azioni e le ragioni collettive. Così il canto e la parola sono diventati indipendenti dalle funzioni primarie sociali che avevano, apparentemente "liberando" gli individui dalle catene delle ragioni collettive. In realtà hanno anche creato una pluralità di "logos" disarticolati dai contesti (cioè dai rapporti di reciprocità umana) e in disarmonia con tutto e con tutti, tanto che possiamo adesso parlare di un sistema di individui "in entropia crescente", un "sistema" che è febbre mortale per il corpo sociale.

Noi non sappiamo più niente di quello che stiamo facendo perché lo abbiamo delegato agli oggetti, abbiamo delegato a loro la necessità di sapere del significato del nostro esistere (ora calato dall'alto e celato) e della necessità primaria dell'accordo sociale che ci fornisce significazione vitale. Così curiamo piantine, puliamo casa, guidiamo la macchina ... cioé cediamo ogni volta agli oggetti parte della nostra anima, perché il contatto con il nostro simile è diventato bollente, insopportabile come la lava incandescente.

Se non troveremo di nuovo urgentemente armonia e accordo, se non ci riappropriamo presto degli strumenti che abbiamo imprudentemente quanto troppo frettolosamente abbandonato in ragione di ragioni del tutto contrarie alla saggezza, gettando "l'acqua con il bambino" (come si suol dire) noi moriremo e chi sopravvieverà sarà contento che la nostra esistenza sia stata spazzata via dalla storia.


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[Utente Cancellato]
Famed Member
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Essendo io una contadina mi sembra di specchiarmi nelle sue parole, GioCo. 😉


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