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Tutti i dubbi sul fermo dei militari italiani in India


Tao
 Tao
Illustrious Member
Registrato: 3 anni fa
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Sono stati davvero i marò italiani a sparare su quel peschereccio? La vicenda è avvenuta in acque territoriali indiane o in acque internazionali? Tutti i nodi di una vicenda di difficile risoluzione

Il caso dei due militari italiani, i due "marò" del Reggimento San Marco del corpo speciale anti corsari imbarcati a protezione della petroliera "Enrica Lexie", che avrebbero sparato al peschereccio indiano "St. Antony" uccidendo due pescatori e che per questo attualmente sono detenuti a Kochi, genera certamente più di una perplessità.

Innanzitutto la madre di tutti i dubbi: sono stati davvero loro a sparare su quel peschereccio? Non molto distante dalla "Enrica Lexie" pare infatti che sia avvenuto un altro conflitto dovuto ad atti di pirateria. La "St. Anthony" potrebbe essere stata colpita dunque altrove (16 colpi, di cui 4 a segno sull'equipaggio) e la responsabilità potrebbe erroneamente essere stata addossata alla nave italiana, che invece potrebbe avere sparato, sì, tre raffiche di avvertimento - di cui una in mare davanti alla prua come da procedure -, ma contro un'altra imbarcazione. Da notare che le regole di ingaggio di questi nuclei militari non prevedono il ricorso all'aggressione armata: ci si deve limitare ad azioni dimostrative, eventualmente sparando in aria. Sembra poi che sia una pratica comune per i pescherecci indiani avvicinarsi alle grandi imbarcazioni per costringere a cambiare rotta, al fine di non far loro danneggiare le reti da pesca.

Poi ci si interroga sul motivo per cui, contro il parere della Marina, la "Enrica Lexie" abbia abbandonato le acque internazionali in cui navigava e nelle quali è avvenuto l'incidente, per entrare nelle acque indiane e permettere così alla polizia l'arresto dei nostri militari. Le autorità indiane affermano che l'incidente sia avvenuto entro le loro acque territoriali, a 22 miglia dalla costa, e dunque questo avrebbe giustificato l'invio di due vedette e di un aereo per "convincere" il mercantile ad attraccare, ma il sistema di rilevamento satellitare a bordo del mercantile avrebbe confermato invece la posizione comunicata dai militari italiani al momento dell'incidente, ovvero 33 miglia.

Ancora, Il Ministro Severino dice che non ci sono dubbi: siccome il fatto é avvenuto inequivocabilmente in acque internazionali - il peschereccio non avrebbe rispettato le intimazioni ad allontanarsi, in una zona infestata dai pirati ( http://www.byoblu.com/post/2011/08/15/I-pirati-somali.aspx ) -, e siccome è accaduto su una nave che batte bandiera italiana, la giurisdizione sarebbe dunque italiana e, conseguentemente, la detenzione dei militari sarebbe illegittima.

E' senz'altro comprensibile, condivisibile ed ovvio il nostro interesse riportare i nostri militari a casa ma, a ben guardare, il "fatto" che è avvenuto in acque internazionali, ammettendo pure che sia stata la "Enrica Lexie" a sparare sulla "St.Anthony", in realtà corrisponde ad almeno "due" fatti diversi.

Primo fatto: i due militari Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, di 45 e 35 anni, su una nave che batte bandiera italiana, sparano. Secondo fatto: i due pescatori Jelestin e Ajesh Pinku, di 45 e 25 anni, su una nave che batte bandiera indiana (presumibilmente del Kerala, uno dei 28 stati federali della Repubblica indiana), vengono uccisi. Se è vero che che l'Italia ha giurisdizione sui due militari che sparano, allora sarà pur vero che l'India avrà giurisdizione nell'accertare le circostanze relative ai due pescatori che muoiono, cioè nell'indagare su due omicidi. Ma per la Farnesina "i militari sono organi dello Stato italiano e godono dell'immunità dalla giurisdizione rispetto agli Stati stranieri". Una logica che nel passato siamo stati costretti a subire e che non è certo stata garanzia di una giustizia equa, come sanno bene le vittime della strage del Cermis ( http://www.byoblu.com/post/2012/01/31/A-noi-Schettino-a-voi-il-Cermis.aspx ) .

Nell'area di mare compresa tra la Somalia e l'India, le intense attività di pirateria, specialmente somale, hanno condotto alla presenza di numerose flottiglie più o meno ufficiali, che vanno dalla Nato alle unità russe, indiane, cinesi, sudcoreane e iraniane, ognuna con le sue regole di ingaggio. Non sempre i prigionieri ricevono un trattamento in linea con la nostra idea di civiltà. Spesso, anziché essere catturati, i pirati o presunti tali vengono gettati in pasto ai pesci o legati e abbandonati in mezzo all'oceano, su un canotto. Si dice che le flotte russe siano quelle che ci vanno meno per il sottile, ma anche quelle indiane non scherzano: nel 2008 la fregata "Tabar" ha preso a cannonate il peschereccio tailandese "Ekawat Nava 5", che era finito in mano ai pirati. Quindici morti.

Come diceva quel vecchio refrain: "Quindici uomini, quindici uomini, su una cassa da morto, e una bottiglia di rum".

Claudio Messora
Fonte: www.byoblu.com
Link: http://www.byoblu.com/post/2012/02/20/Tutti-i-dubbi-sul-fermo-dei-militari-italiani-in-India.aspx
20.02.2012


Citazione
xcalibur
Active Member
Registrato: 3 anni fa
Post: 9
 

Certe argomentazioni sanno tanto di arrampicamento sugli specchi, se mandiamo in giro per il mondo dei bulletti dal grilletto facile peraltro lautamente pagati quando ammazzano qualcuno mi sembrerebbe giusto che paghinino anche se, anzi, soprattutto se, hanno indosso una divisa.
Oppure, magari facciamoceli riconsegnare dall'India come hanno fatto gli USA con L'Italia con i responsabili della strage del Cernis...
sempre che ci riusciamo....


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