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Uno spettro s’aggira in Europa: la rivolta dei proletari


Tao
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Il capitale internazionale ha individuato nella Germania il suo punto di forza e di riferimento, il bastione politico dietro cui si riparano gli interessi delle tecnocrazie e delle élite finanziarie mondiali. Se la Germania è l’interlocutore privilegiato del grande capitale all’interno dell’area dell’euro, la conseguenza è esattamente l’imposizione dall’alto di una linea politica di “germanizzazione” di tutti i Paesi che fanno parte dell’euro, perciò chi non si adegua agli “standard” richiesti dai vertici della BCE rischia di essere emarginato dall’euro, oppure di retrocedere in una “categoria” inferiore.

Per continuare a restare nell’euro si esige la condicio sine qua non di soddisfare subito il pagamento degli interessi sul debito pubblico e ridurre progressivamente tale debito fino alla solvibilità dei singoli Paesi. In nome di questo “totem” vengono sacrificate le conquiste che in passato l’Europa ha ottenuto in termini di progresso civile, diritti, democrazia e stato sociale, e si scatena l’ennesima offensiva capitalistica contro gli interessi della classe operaia, colpendo e tartassando puntualmente le masse proletarie.

I sacrifici imposti al popolo italiano dall’emissario della BCE, Mario Monti, al solo scopo di assicurare il pagamento degli interessi sul debito pubblico al grande capitale finanziario, possono garantire al massimo un breve periodo di ripresa dei titoli italiani.

Oltre il 97% di questi titoli sono incettati dalle banche che esigono pagamenti immediati, pena il tanto temuto default: sono gli usurai dell’economia globale, i signori del denaro e dell’alta finanza, i padroni delle grandi banche mondiali, a cui la BCE e le banche italiane sono consociate. Ecco a chi vanno i soldi estorti ai proletari italiani ed europei.

In questo contesto storico ha un peso enorme una variabile che è un elemento imponderabile anche per il grande capitale, ossia il punto oltre il quale rischia di venir meno e di esaurirsi la rassegnazione dei proletari, rendendo imprevedibile ed ingovernabile il corso della crisi. Il tenore di vita del proletariato europeo sta precipitando verso livelli di paurosa indigenza: solo in Italia sono 18 milioni le famiglie che versano in condizioni di pauperismo, ma negli altri Paesi che si trovano in bilico tra il permanere nell’area dell’euro e il default, la situazione risulta addirittura peggiore.

Le dimensioni sociali della disoccupazione raggiungono ormai cifre inquietanti, mentre il precariato è diventato uno status permanente per milioni di giovani in tutta Europa. Per i proletari indigenti non ha alcuna importanza la risalita degli indici di borsa: essi misurano la loro esistenza su ciò di cui hanno bisogno e di cui non riescono a privarsi.

Una prossima dichiarazione di insufficienza della bilancia dei pagamenti, con il relativo varo di nuove manovre estorsive che impongano ulteriori sacrifici alle masse popolari, potrebbe non incontrare più quello spirito di rassegnazione che si richiede ai proletari.

La repressione potrebbe non essere sufficiente, ma la preoccupazione principale del potere è che cominci a rompersi la catena dell’obbedienza al comando capitalistico.

Lucio Garofalo
9.12.2011


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ws
 ws
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ancora con i "proleterii" ? ma se il pecorume europeo sotto tosa e scannamento nemmeno fa piu' figli !

e chiamiamoli quantomeno " salariati" " lavoratori" ect .. ect.
Se si vuole riprendere le ottime analisi marxiane lo si faccia usando termini SCENTIFICAMENTE corretti.


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diotima
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Non so se quanto sto per scrivere sia pienamente in linea con l'articolo, ma stavo pensando a quanti abbiano affermato la crisi del capitalismo .

Per esempio nella trasmissione matrix quando ci fu Barnard, la biondina maga Merlino ricordò esattamente questo....

Ma siamo sicuri che sia così?
Voglio dire: come fa ad essere in crisi un sistema che ..ha creato a tavolino queste crisi per accaparrarsi tutto quello (poco) che ci è rimasto?

E se invece questo fosse il momento di massimo splendore del capitalismo, che si nutre letteralmente del nostro sangue, delle nostre vite?

Pensiamo all'entusiasmo di Monti sulla necessità di questa crisi "europea"...

E proviamo a fare un parallelismo con l'attacco dell'11|9 2001..
Allora ci hanno inculcato la paura del terrorismo islamico per torglierci sempre più libertà e privacy ( poi se vorranno, spiegheranno a chi è perfettamente razionale e fiducioso di tutte le balle che raccontano, come mai tutti sti terroristi, compreso Breivjk, siano stati per tanto tempo sotto controllo senza che nessuno però prevenisse gli attacchi)

Adesso ci hanno inculcato che l'Europa sia l'unica soluzione per uscire da una crisi che la debolezza dell'europa stessa ha provocato.

Sarkozy dice che per colpa dell'inghilterra adesso (!) esiste un'europa a due velocità..non per colpa della Merkel (di cui sicuramente Hitler, se fosse vivo, sarebbe quantomeno invidioso per il successo coloniale che lui con le armi e la guerra tradizionale non era riuscito ad ottenere)...

Giocano a risiko con la nostra pellaccia e noi stiamo lì a guardare.
Guardiamo lo sfacelo della nostra dignità e quindi della nostra libertà come se fossimo perennemente distratti davanti alla tv.

Tutte le lotte sociali ,paradossalmente,ci hanno portato qui perchè non abbiamo voglia di difenderle.

Se non è un successo stratosferico del capitalismo questo, non capisco cosa sia.


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spartakus
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ancora con i "proleterii" ? ma se il pecorume europeo sotto tosa e scannamento nemmeno fa piu' figli !

e chiamiamoli quantomeno " salariati" " lavoratori" ect .. ect.
Se si vuole riprendere le ottime analisi marxiane lo si faccia usando termini SCENTIFICAMENTE corretti.

vuol dire che i proletari di oggi sono talmente poveri da non possedere più nemmeno la prole, ossia i figli. che li si chiami salariati, o come caxxo si voglia, il senso non cambia. e non è certo un termine al posto di un altro, a rendere meno corretta sul piano scientifico e politico, l'analisi di garofalo...


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grillone
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l'analisi è giustissima, ma alla rivolta dei proletari non credo piu!!! non c'è stata negli anni trenta, o negli anni settanta, non vedo perchè dovrebbe esserci in una società individualista come questa. se poi , invece, ci sarà, scenderò sicuramente al loro fianco


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spartakus
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l'analisi è giustissima, ma alla rivolta dei proletari non credo piu!!! non c'è stata negli anni trenta, o negli anni settanta, non vedo perchè dovrebbe esserci in una società individualista come questa. se poi , invece, ci sarà, scenderò sicuramente al loro fianco

su questo punto concordo pienamente con te: il problema storico è esattamente l'imborghesimento ideologico e quasi antropologico del proletariato europeo...


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spartakus
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Non so se quanto sto per scrivere sia pienamente in linea con l'articolo, ma stavo pensando a quanti abbiano affermato la crisi del capitalismo .

Per esempio nella trasmissione matrix quando ci fu Barnard, la biondina maga Merlino ricordò esattamente questo....

Ma siamo sicuri che sia così?
Voglio dire: come fa ad essere in crisi un sistema che ..ha creato a tavolino queste crisi per accaparrarsi tutto quello (poco) che ci è rimasto?

E se invece questo fosse il momento di massimo splendore del capitalismo, che si nutre letteralmente del nostro sangue, delle nostre vite?

Pensiamo all'entusiasmo di Monti sulla necessità di questa crisi "europea"...

E proviamo a fare un parallelismo con l'attacco dell'11|9 2001..
Allora ci hanno inculcato la paura del terrorismo islamico per torglierci sempre più libertà e privacy ( poi se vorranno, spiegheranno a chi è perfettamente razionale e fiducioso di tutte le balle che raccontano, come mai tutti sti terroristi, compreso Breivjk, siano stati per tanto tempo sotto controllo senza che nessuno però prevenisse gli attacchi)

Adesso ci hanno inculcato che l'Europa sia l'unica soluzione per uscire da una crisi che la debolezza dell'europa stessa ha provocato.

Sarkozy dice che per colpa dell'inghilterra adesso (!) esiste un'europa a due velocità..non per colpa della Merkel (di cui sicuramente Hitler, se fosse vivo, sarebbe quantomeno invidioso per il successo coloniale che lui con le armi e la guerra tradizionale non era riuscito ad ottenere)...

Giocano a risiko con la nostra pellaccia e noi stiamo lì a guardare.
Guardiamo lo sfacelo della nostra dignità e quindi della nostra libertà come se fossimo perennemente distratti davanti alla tv.

Tutte le lotte sociali ,paradossalmente,ci hanno portato qui perchè non abbiamo voglia di difenderle.

Se non è un successo stratosferico del capitalismo questo, non capisco cosa sia.

L’esclusione del Regno Unito dalle decisioni assunte nel corso dell’ultimo vertice europeo in materia di regime fiscale, è un segno inequivocabile dell’egemonia tedesca nell’area dell’euro ed avvalora la tesi secondo cui è sempre più diffuso e prevalente un orientamento politico a favore di una “germanizzazione” dell’eurozona, dietro cui si riparano e si consolidano gli interessi del grande capitale finanziario internazionale.
Il progetto egemonico tedesco era evidente fin dall’inizio. Attestare i capitali dietro lo scudo tedesco (finché regge) non è solo un’operazione di auto-difesa. Nel breve periodo la Germania disporrà di una massa di capitali tale da far pendere la bilancia dalla parte dei suoi interessi divenendo l’interlocutore europeo privilegiato del capitale finanziario mondiale, tramite il quale sarà possibile “normalizzare” l’Europa, ovvero inquadrarne le politiche economiche in modo funzionale agli interessi del grande capitale finanziario.
Ma la stabilità tedesca dipende dalla tenuta di tutti i Paesi dell’eurozona e per consentirle di reggere esige che i Paesi economicamente precari siano espunti dall’area o ridotti a ruoli marginali e ininfluenti. Per tale ragione si è limitato al massimo il tetto degli aiuti erogati ai Paesi in crisi e si sono poste condizioni draconiane a tutti i Paesi dove più grave appariva il rischio di uno sforamento del patto di stabilità dell’euro, ultima in ordine di tempo l’Italia. Non accettare il diktat della BCE significava uscire automaticamente dall’area dell’euro e vedere ridotti a carta straccia i titoli di stato.
Dunque, per restare nell’area dell’euro è stata posta la condizione di soddisfare subito il pagamento degli interessi sui debiti pubblici e ridurre progressivamente tale debito fino alla solvibilità dei singoli Stati. Il carro armato tedesco, al riparo del quale si colloca il grande capitale finanziario in Europa, non può frenare la sua marcia, ma deve avanzare travolgendo tutto ciò che rischia di pregiudicare o compromettere la solidità dell’euro.
Il ripiegamento dell’espansione dell’area dell’euro ha il preciso scopo di rafforzare le possibilità di resistenza alla crisi in una roccaforte da cui i Paesi più forti in Europa possono scaricare i più deboli, quelli meno capaci di far pagare la crisi ai proletari e che invocano aiuti per reggersi ancora. Non a caso, Germania e Francia rifiutano di emettere Eurobond, poiché esse dovrebbero coprire e garantire eventuali default degli altri Stati.
Di ripresa non se ne parla, anzi prosegue sistematica ed inarrestabile la liquidazione dell’industria e quant’altro. Dunque, la conclusione è questa, chiara ed inequivocabile.
L’obiettivo tedesco è di alleggerire la nave dell’euro scaricando le zavorre inutili e per restarci le condizioni sono precisamente quelle esposte in precedenza. Ma bisogna riflettere sui limiti di una simile operazione. La forza della Germania risiede soprattutto in due aspetti: un welfare all’avanguardia e l’attivo della bilancia commerciale con gli altri Paesi. E’ noto che essa esporta principalmente all’interno del mercato europeo.
Proviamo a chiederci per quali ragioni storiche la Germania possiede un welfare robusto.
Bismarck fu l’inventore del welfare tedesco e la stessa politica sociale di Hitler dovrebbe essere studiata meglio: i pensionati non pagavano tasse, lo Stato pagava la metà del prezzo d’acquisto di una casa, la scuola era gratuita, le vacanze erano gratis per tutti i giovani. Chi pagava? Prima gli Ebrei, spogliati di tutto, poi i Paesi occupati dal Terzo Reich. Ma all’interno della Germania la compattezza intorno al nazional-socialismo era di ferro. Il popolo tedesco sapeva bene la provenienza di quel benessere.
Oggi il welfare tedesco è addirittura progredito, ed era già il migliore. Che si inietti miseria negli altri Paesi dell’eurozona, che questa miseria divenga un motivo di debolezza utile al dominio del mondo finanziario, ben venga, secondo i capitalisti tedeschi. Anche Hitler lavorava per i capitalisti tedeschi, ma oggi il padrone è il capitale finanziario internazionale, vale a dire le grandi banche d’affari e i gruppi economico-finanziari sovranazionali. Una parte di questo padrone mondiale è senza dubbio tedesco.


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dana74
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si ecco come Hitler lavorava per i capitalisti tedeschi

COME LA GERMANIA IN BANCAROTTA RISOLSE I SUOI PROBLEMI ECONOMICI

di Ellen Brown
dal sito www.webofdebt.com

Traduzione di Gianluca Freda

“Non siamo stati così sciocchi da creare una valuta [collegata all’] oro, di cui non abbiamo disponibilità, ma per ogni marco stampato abbiamo richiesto l’equivalente di un marco in lavoro o in beni prodotti... ci viene da ridere tutte le volte che i nostri finanzieri nazionali sostengono che il valore della valuta deve essere regolato dall’oro o da beni conservati nei forzieri della banca di stato”.

(Adolf Hitler, citato in “Hitler’s Monetary System”, www.rense.com, che cita C. C. Veith, Citadels of Chaos, Meador, 1949)

Quello di Guernsey non fu l’unico governo a risolvere i propri problemi infrastrutturali stampando da solo la propria moneta. (Vedi E. Brown, "Waking Up on a Minnesota Bridge," www.webofdebt.com/articles/infrastructure-crisis.php, del 4 agosto 2007).

Un modello assai più noto si può trovarlo nella Germania uscita dalla Prima Guerra Mondiale. Quando Hitler arrivò al potere, il paese era completamente, disperatamente in rovina. Il Trattato di Versailles aveva imposto al popolo tedesco risarcimenti che lo avevano distrutto, con i quali si intendeva rimborsare i costi sostenuti nella partecipazione alla guerra per tutti i paesi belligeranti.

Costi che ammontavano al triplo del valore di tutte le proprietà esistenti nel paese. La speculazione sul marco tedesco aveva provocato il suo crollo, affrettando l’avvento di uno dei fenomeni d’inflazione più rovinosi della modernità. Al suo apice, una carriola piena di banconote, per l’equivalente di 100 miliardi di marchi, non bastava a comprare nemmeno un tozzo di pane.

Le casse dello stato erano vuote ed enormi quantità di case e di fattorie erano state sequestrate dalle banche e dagli speculatori. La gente viveva nelle baracche e moriva di fame.Nulla di simile era mai accaduto in precedenza: la totale distruzione di una moneta nazionale, che aveva spazzato via i risparmi della gente, le loro attività e l’economia in generale.A peggiorare le cose arrivò, alla fine del decennio, la depressione globale. La Germania non poteva far altro che soccombere alla schiavitù del debito e agli strozzini internazionali.

O almeno così sembrava.

Hitler e i Nazional Socialisti, che arrivarono al potere nel 1933, si opposero al cartello delle banche internazionali iniziando a stampare la propria moneta.

In questo presero esempio da Abraham Lincoln, che aveva finanziato la Guerra Civile Americana con banconote stampate dallo stato, che venivano chiamate “Greenbacks”.

Hitler iniziò il suo programma di credito nazionale elaborando un piano di lavori pubblici. I progetti destinati a essere finanziati comprendevano le infrastrutture contro gli allagamenti, la ristrutturazione di edifici pubblici e case private e la costruzione di nuovi edifici, strade, ponti, canali e strutture portuali. Il costo di tutti questi progetti fu fissato a un miliardo di unità della valuta nazionale. Un miliardo di biglietti di cambio non inflazionati, chiamati Certificati Lavorativi del Tesoro. Questa moneta stampata dal governo non aveva come riferimento l’oro, ma tutto ciò che possedeva un valore concreto. Essenzialmente si trattava di una ricevuta rilasciata in cambio del lavoro e delle opere che venivano consegnate al governo. Hitler diceva: “Per ogni marco che viene stampato, noi abbiamo richiesto l’equivalente di un marco di lavoro svolto o di beni prodotti”. I lavoratori spendevano poi i certificati in altri beni e servizi, creando lavoro per altre persone.

Nell’arco di due anni, il problema della disoccupazione era stato risolto e il paese si era rimesso in piedi. Possedeva una valuta solida e stabile, niente debito, niente inflazione, in un momento in cui milioni di persone negli Stati Uniti e in altri paesi occidentali erano ancora senza lavoro e vivevano di assistenza. La Germania riuscì anche a ripristinare i suoi commerci con l’estero, nonostante le banche estere le negassero credito e dovesse fronteggiare un boicottaggio economico internazionale. Ci riuscì utilizzando il sistema del baratto: beni e servizi venivano scambiati direttamente con gli altri paesi, aggirando le banche internazionali. Questo sistema di scambio diretto avveniva senza creare debito né deficit commerciale. L’esperimento economico della Germania, proprio come quello di Lincoln, ebbe vita breve; ma lasciò alcuni durevoli monumenti al suo successo, come la famosa Autobahn, la prima rete del mondo di autostrade a larga estensione (1).

Di Hjalmar Schacht, che era all’epoca a capo della banca centrale tedesca, viene spesso citato un motto che riassume la versione tedesca del miracolo del “Greenback”. Un banchiere americano gli aveva detto: “Dottor Schacht, lei dovrebbe venire in America. Lì abbiamo un sacco di denaro ed è questo il vero modo di gestire un sistema bancario”. Schacht replicò: “Lei dovrebbe venire a Berlino. Lì non abbiamo denaro. E’ questo il vero modo di gestire un sistema bancario” (2).

Benché Hitler sia giustamente citato con infamia nei libri di storia, egli fu piuttosto popolare presso il popolo tedesco, almeno nei primi tempi. Stephen Zarlenga, in The Lost Science of Money, afferma che ciò era dovuto al fatto che egli salvò temporaneamente la Germania dalle teorie economiche inglesi. Le teorie secondo le quali il denaro deve essere scambiato sulla base delle riserve aurifere in possesso di un cartello di banche private piuttosto che stampato direttamente dal governo (3). Secondo il ricercatore canadese Henry Makow, questo fu probabilmente il motivo principale per cui Hitler doveva essere fermato; egli era riuscito a scavalcare i banchieri internazionali e a creare una propria moneta. Makow cita un interrogatorio del 1938 di C. G. Rakovsky, uno dei fondatori del bolscevismo sovietico e intimo di Trotzky, che finì sotto processo nell’URSS di Stalin. Secondo Rakovsky, l’ascesa di Hitler era stata in realtà finanziata dai banchieri internazionali, attraverso il loro agente Hjalmar Schacht, allo scopo di tenere sotto controllo Stalin, che aveva usurpato il potere al loro agente Trotzky. Ma Hitler era poi diventato una minaccia anche maggiore di quella rappresentata da Stalin quando aveva compiuto l’audace passo di iniziare a stampare moneta propria.

Rakovsky affermava:

“[Hitler] si era impadronito del privilegio di fabbricare il denaro, e non solo il denaro fisico, ma anche quello finanziario; si era impadronito dell’intoccabile meccanismo della falsificazione e lo aveva messo al lavoro per il bene dello stato... se questa situazione fosse arrivata a infettare anche altri stati... potete ben immaginarne le implicazioni controrivoluzionarie” (4).

L’economista Henry C. K. Liu ha scritto sull’incredibile trasformazione tedesca:

“I nazisti arrivarono al potere in Germania nel 1933, in un momento in cui l’economia era al collasso totale, con rovinosi obblighi di risarcimento postbellico e zero prospettive per il credito e gli investimenti stranieri. Eppure, attraverso una politica di sovranità monetaria indipendente e un programma di lavori pubblici che garantiva la piena occupazione, il Terzo Reich riuscì a trasformare una Germania in bancarotta, privata perfino di colonie da poter sfruttare, nell’economia più forte d’Europa, in soli quattro anni, ancor prima che iniziassero le spese per gli armamenti” (5).

In Billions for the Bankers, Debts for the People [Miliardi per le Banche, Debito per i Popoli], (1984), Sheldon Emry commenta:

“Dal 1935 in poi, la Germania iniziò a stampare una moneta libera dal debito e dagli interessi, ed è questo che spiega la sua travolgente ascesa dalla depressione
alla condizione di potenza mondiale in soli 5 anni. La Germania finanziò il proprio governo e tutte le operazioni belliche, dal 1935 al 1945, senza aver bisogno di oro né di debito, e fu necessaria l’unione di tutto il mondo capitalista e comunista per distruggere il potere della Germania sull’Europa e riportare l’Europa sotto il tallone dei banchieri. Questa vicenda monetaria non compare oggi più neanche nei testi delle scuole pubbliche “.

UN ALTRO SGUARDO ALL’IPERINFLAZIONE DI WEIMAR

Nei testi moderni si parla della disastrosa inflazione che colpì nel 1923 la Repubblica di Weimar (nome con cui è conosciuta la repubblica che governò la Germania dal 1919 al 1933). La radicale svalutazione del marco tedesco è citata nei testi come esempio di ciò che può accadere quando ai governi viene conferito il potere incontrollato di stampare da soli la propria moneta. Questo è il motivo per cui viene citata, ma nel complesso mondo dell’economia le cose non sono come sembrano. La crisi finanziaria di Weimar ebbe inizio con gli impossibili obblighi di risarcimento imposti dal Trattato di Versailles. Schacht, che all’epoca era il responsabile della zecca della repubblica, si lamentava:

“Il Trattato di Versailles è un ingegnoso sistema di provvedimenti che hanno per fine la distruzione economica della Germania... Il Reich non è riuscito a trovare un sistema per tenersi a galla diverso dall’espediente inflazionistico di continuare a stampare banconote”.

Questo era ciò che egli dichiarava all’inizio. Ma Zarlenga scrive che Schacht, nel suo libro del 1967 The Magic of Money, decise “di tirar fuori la verità, scrivendo in lingua tedesca alcune notevoli rivelazioni che fanno a pezzi la “saggezza comune” propagandata dalla comunità finanziaria riguardo all’iperinflazione tedesca” (6). Schacht rivelò che era la Banca del Reich, posseduta da privati, e non il governo tedesco che pompava nuova valuta nell’economia. Come la Federal Reserve americana, la Banca del Reich agiva sì sotto la supervisione di ufficiali del governo, ma operava per fini di profitto privato. Ciò che trasformò l’inflazione della guerra in iperinflazione fu la speculazione degli investitori stranieri, che vendevano marchi a breve termine scommettendo sulla loro perdita di valore. Nel meccanismo finanziario conosciuto come vendita a breve termine, gli speculatori prendono in prestito qualcosa che non possiedono, la vendono e poi “coprono” le spese ricomprandola a prezzo inferiore. La speculazione sul marco tedesco fu resa possibile dal fatto che la Banca del Reich rendeva disponibili massicce quantità di denaro liquido per i prestiti, marchi che venivano creati dal nulla annotando entrate sui registri bancari e poi prestati ad interessi vantaggiosi. Quando la Banca del Reich non riuscì più a far fronte alla vorace richiesta di marchi, ad altre banche private fu permesso di crearli dal nulla e di prestarli, a loro volta, a interesse (7).

Secondo Schacht, quindi, non solo non fu il governo a provocare l’iperinflazione di Weimar, ma fu proprio il governo che la tenne sotto controllo. Alla Banca del Reich furono imposti severi regolamenti governativi e vennero prese immediate misure correttive per bloccare le speculazioni straniere, eliminando le possibilità di facile accesso ai prestiti del denaro fabbricato dalle banche. Hitler poi rimise in sesto il paese con i suoi Certificati del Tesoro, stampati dal governo su modello del Greenback americano.

Schacht disapprovava l’emissione di moneta da parte del governo e fu rimosso dal suo incarico alla Banca del Reich quando si rifiutò di sostenerlo (cosa che probabilmente lo salvò al Processo di Norimberga). Ma nelle sue memorie più tarde, egli dovette riconoscere che consentire al governo di stampare la moneta di cui aveva bisogno non aveva prodotto affatto l’inflazione prevista dalla teoria economica classica. Teorizzò che essa fosse dovuta al fatto che le fattorie erano ancora inoperose e la gente senza lavoro. In questo si trovò d’accordo con John Maynard Keynes: quando le risorse per incrementare la produzione furono disponibili, aggiungere liquidità all’economia non provocò affatto l’aumento dei prezzi; provocò invece la crescita di beni e di servizi. Offerta e domanda crebbero di pari passo, lasciando i prezzi inalterati.

Note:

1 - Matt Koehl, "The Good Society?", www.rense.com (13 gennaio 2005); Stephen Zarlenga, The Lost Science of Money (Valatie, New York: American Monetary Institute, 2002), pagine 590-600.

2 - John Weitz, Hitler's Banker (Inghilterra: Warner Books, 1999).

3 - S. Zarlenga, op. cit.

4 - Henry Makow, "Hitler Did Not Want War," www.savethemales.com (21 marzo 2004).

5 - Henry C. K. Liu, "Nazism and the German Economic Miracle," Asia Times (24 maggio 2005).

6 - Stephen Zarlenga, "'s 1923 Hyperinflation: A 'Private' Affair," Barnes Review (Luglio-Agosto 1999); David Kidd, "How Money Is Created in ," http://dkd.net/davekidd/politics/money.html (2001).

7 - Stephen Zarlenga, "'s 1923 Hyperinflation", op. cit.

Da : http://blogghete.blog.dada.net/archivi/2007-08

Nota di waa359:

Del testo soprariprodotto segnaliamo solo il seguente pezzo:

...In Billions for the Bankers, Debts for the People [Miliardi per le Banche, Debito per i Popoli], (1984), Sheldon Emry commenta:

“Dal 1935 in poi, la Germania iniziò a stampare una moneta libera dal debito e dagli interessi, ed è questo che spiega la sua travolgente ascesa dalla depressione alla condizione di potenza mondiale in soli 5 anni. La Germania finanziò il proprio governo e tutte le operazioni belliche, dal 1935 al 1945, senza aver bisogno di oro né di debito, e fu necessaria l’unione di tutto il mondo capitalista e comunista per distruggere il potere della Germania sull’Europa e riportare l’Europa sotto il tallone dei banchieri....

ed in modo particolare:

...”fu necessaria l’unione di tutto il mondo capitalista e comunista per distruggere il potere della Germania sull’Europa e riportare l’Europa sotto il tallone dei banchieri “....

olocausto_guinzaglio.jpg

Ecco,qui sta l'origine della definizione di “male assoluto” del Nazionalsocialismo.
http://olo-dogma.myblog.it/archive/2009/04/19/adolf-hitler-e-la-moneta.html


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