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Vecchi e nuovi Troll nella suburra di Facebook


Tao
 Tao
Illustrious Member
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TrollsUn tempo c’erano i blog. Fu una piccola rivoluzione, siti liberi e gratuiti, individuali o collettivi, che permettevano una comunicazione immediata e transnazionale, una sorta di editoria di base autogestita. Alcuni ci hanno scritto su dei saggi impegnativi, evidenziando, per esempio, il fatto che se nell’era precedente, quella delle fanzines ciclostilate e della new wave, fossero stati disponibili i blog, davvero certe istanze affermative ultrarealiste del ’68 sarebbero esplose in forma compiuta. I blog erano definiti interattivi, orizzontali, perché si basavano su un rapporto democratico tra autore e lettore, che comunicavano, si scambiavano informazioni e linguaggi.

Sì, è il caso di dirlo, una rivoluzione c’è effettivamente stata, ma poi tutti ci siamo resi conto che il dannato mondo continuava a non cambiare. A non migliorare. Per cui i conti non tornavano. E nella sezione dei commenti sono spuntati i personaggi che usavano i blog per esprimere certe dinamiche aggressive e negative, che qualcuno ha avuto la brillante idea di definire “Troll”.

I Troll erano erranti, ma più spesso stanziali. Talvolta autori loro stessi di un blog, si insediavano in un sito più autorevole, con molti lettori e commentatori, e scatenavano tutta l’aggressività di cui erano pervasi. Tentavano di stroncare qualunque articolo, di qualunque genere e scritto da chiunque. Attaccavano anche l’autore, cercando di farlo apparire come un ignorante rimbambito, indegno di scrivere anche solo una lista della spesa. Erano piuttosto bravi, scaltri, subdoli e a loro modo studiosi. Infatti, non appena riuscivano a individuare un errore, un riferimento sbagliato, un dato incompleto, si avventavano sul malcapitato coprendolo di epiteti del tipo “sei un insulto alla letteratura” e similari. I Troll per alcuni erano diventati un incubo, e sappiamo per certo che per causa loro qualche scrittore ha smesso di intervenire in un determinato sito.

Nel retro sportello di qualche blog si discuteva animatamente su quale atteggiamento tenere coi Troll. Alcuni redattori sostenevano che i commenti andavano chiusi, o quanto meno moderati con mano ferma, perché, oltre al danno creato dalla violenza verbale, non era giusto offrire uno spazio agli sproloqui di psicopatici. Altri invece sostenevano che i Troll erano a modo loro un prodotto deviato di quella rivoluzione, e che occorreva affrontare il rischio e il disagio, perché sarebbe stata contraria all’ispirazione del sito qualsiasi forma di censura.

Poi i blog sono diventati obsoleti, perché sono spuntati i social, che hanno travolto in poco tempo quasi tutti i siti, molti dei quali hanno chiuso, mentre altri resistono, dopo avere adottato riforme strutturali per renderli sempre più simili a vere e proprie riviste.

Facebook, il principe dei social, ha fagocitato quasi tutto lo spazio dei blog, aspirando i commentatori e i lettori, che sono diventati dei nuovi bloggers rifondati, alimentandosi a vicenda col sistema dei “mi piace”, che ricevono dopo averli dati alle pagine di altri “amici”. La rete si è allargata, globalizzata, fino a raccogliere milioni di utenti.

Ma i Troll non sono scomparsi. Anzi, sono mutati, si sono per così dire incattiviti, liberando senza freni forme di aggressività violenta, di razzismo, di fascismo, di misoginia e omofobia che nella precedente versione in fondo erano tenute sotto controllo, pena l’eliminazione dei commenti e la radiazione dalla lista dei commentatori. Insomma, tutti i sentimenti più bassi, in una sorta di esplosione di demenza e negatività. Il problema etico dello spazio ai deliri di psicopatici non si pone, perché il sistema si sostiene e cresce sugli “utenti”, aumentando la propria forza contrattuale nella raccolta di pubblicità con la potenza di un parco utenti poderoso. Al massimo a qualcuno tra i più estremi può capitare di ritrovarsi la pagine bloccata per un mese, quando la violenza e la qualità degli insulti può diventare pericolosa, per le denunce. Ma quando tornano sono più inferociti di prima.

Da una ricognizione, che non ha la pretesa di essere una vera e propria ricerca sociologica con una ipotesi, una tesi e una sintesi, emergono comunque dei dati sbalorditivi, soprattutto per quanto riguarda il rapporto tra i social-blogger e gli “amici”.

Per esempio, un certo “personaggio pubblico” posta una frase composta di 5 parole: “Cosa farò a Natale? Rinascerò”. Il lettore si chiede: Ma crede di essere Gesù Cristo? Uno che scrive un simile aforisma è un Troll? Ma non è questo il dato più eclatante: La frase ha totalizzato 21.207 “mi piace”, 1.289 commenti, 1.270 condivisioni. Tra i commenti leggiamo ringraziamenti alla “musa ispiratrice”, e aggettivi superlativi di lettori entusiasti. Il ricercatore strabuzza gli occhi, fatica a credere a ciò che legge.

Ma qui siamo comunque nel campo “soft” del mainstream, il problema è costituito dagli aggressivi violenti. Ci sono post costituiti esclusivamente da dichiarazioni di odio, con auguri di incidenti e malattie mortali. Sono lì, liberi, trionfanti, senza freni. Senza riprodurli, perché siamo dell’idea che sia eticamente riprovevole offrire uno spazio ai deliri di psicopatici (non solo per il pubblico ma anche per loro stessi), abbiamo letto insulti, infarciti di bestemmie, ai musulmani (molto diffusi), con invocazione di prosciutto e salame introdotti in vari orifizi, agli “hippies” rincoglioniti che contestano Salvini, con incitamenti alla polizia di massacrarli tutti, ai gay (con altre invocazioni di tipo sessuale sadiche), agli ebrei, ai “negracci”, agli “zingari di merda”, e alle donne, molto popolari: minacce di stupri/omicidio alla Presidente della Camera, ad alcune esponenti della politica, e sembra di avvertire anche fisicamente la violenza di queste parole contundenti, delle delle minacce.

Ma quanti sono? Difficile stabilirlo, anche perché la maggioranze delle pagine è consultabile solo con gli account degli amici, o degli amici degli amici. Una sorta di rete simil-sotterranea della follia. Dalla nostra ricognizione emerge con prepotenza un dato: tutti i violenti sono maschi, in maggioranza giovani, under-trenta, mentre le donne sembrano partecipare al gioco da una strana posizione di complicità. Per esempio, sotto alcuni post particolarmente sessuofobi, con affermazioni del tipo “Puttana, puttana” seguite da invocazione di stupri con seguito di snuff-movie, spuntano dei commenti di lettrici che apostrofano il titolare del post con “fantastico”, “sei sempre un grande” e così via. E anche qui il ricercatore non riesce a credere a ciò che legge.

In definitiva cosa si può fare? Nessuno lo sa con precisione. E tanto meno il reporter-ricercatore, la cui missione è fornire un rendiconto dei fatti, e una indagine dei retroscena. Di sicuro si ha l’impressione di assistere al macabro spettacolo di individui che hanno fatto la scelta (coatta fino a un certo punto) di uscire dalla specie, per diventare dei “walkers”, attraverso il gate del fascismo, del razzismo, dell’omofobia e della misoginia. Tutti i sentimenti più “bassi” della specie insomma, che vengono scatenati in un gioco fatale di auto alimentazione, che costituiscono una sorta di plusvalore per le destre e per i detentori dei “parchi utenti”. In definitiva è un’uscita dal reale, e un’entrata nel nulla, del quale si nutrono tutte le metafisiche di questo mondo.

L’unica possibilità per arginare la moltiplicazione dei Troll, almeno nel medio periodo, è cercare di riflettere sulle cause di queste mutazioni, comprenderle, anche alla luce del vippismo ossessivo propagandato dai media, uno spettacolo di fronte al quale sentirsi anonimo, sentirsi niente e nessuno, scatena odio e violenza. E di fronte a questa continua, nevrotica negazione, recuperare la vocazione affermativa e anti-metafisica dei movimenti, per i quali la vera rivoluzione era “essere ciò
che si è”. E al centro di ogni filosofia non c’erano realtà superiori, disgiunte dal mondo reale, divinità da adorare per “riscattare” noi stessi, ma questa vita, la nostra, in tutte le sue forme.
Insomma, trasformare il “era” in “è”; e il “c’era” in “c’è”.

Mauro Baldrati
Fonte: www.carmillaonline.com
17.12.2015


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mazzam
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Eeeehhh si si... questi fascistacci trollosi che mi infestano feisbuk!

Signora mia quanti problemi!!

E invece, Mauro, andare a zappare?!


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makkia
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Un tempo c'erano i blog...

L'autore deve avere 15 anni o poco più...
La fenomenologia dell'interazione telematica è parecchio più vecchia e articolata di così. Più vecchia di Internet e del Web, se è per quello.
Se avesse esordito con "un tempo c'erano le BBS" sarebbe stato più credibile. Ma anche "un tempo c'erano i Forum" sarebbe stato già sufficente.
Ma "un tempo c'erano i blog"? Quel tempo era... tre o quattro anni fa.

E manca l'analisi base che i blog SONO un social media, tanto quanto Facebook o Twitter: un'espressione individuale in cui la funzione di "servizio al pubblico" (che avevano avuto le pubblicazioni on-line fino a quel momento) era semplicemente non necessaria e dunque scarsamente rilevante.

I troll sono sempre esistiti, è implicito nell'anonimato garantito agli utenti della Rete. Non un grosso problema, finché la Rete era strutturata a siti amministrati da qualcuno. Questi "qualcuno" strutturavano le regole minime base per mezzo delle quali si interagiva. Forum, webpage a commenti, newsgroup, avevano procedure d'ingresso ed espulsione e "manifesti" (regolamenti d'uso e comportamento).

Sono proprio i blog, col loro permettere a chiunque di "mettere su" uno spazio autogestito e praticamente privo di pre-requisiti per la propria esistenza e conduzione, che hanno scardinato la necessità di anche solo porsi il problema se delle regole di interazione fossero necessarie o utili.

Anche il problema (prima) fondamentale "quello che metto on-line sarà interessante per qualcuno?" era scavalcato da "intanto butto lì i miei pensieri estemporanei, poi vediamo se qualcuno si fa vivo".

E l'Internet della futilità era nato.

I troll sono sempre esistiti. E non erano un gran problema. Adesso il "problema" è la loro virulenza.
Ma quello è il portato, praticamente necessario, del non porsi il problema del "che cazzo scrivo a fare su internet?" e della assenza di progettualità nelle forme di questa scrittura.
Il contenitore è fornito bello e pronto, chiamatelo blog, facebook (che è sostanzialmente una piattaforma di blog), twitter, whatsapp, commenti di youtube o altro. A me compete solo riempirlo. Non posso fare altro.
E scrivo, scrivo, scrivo...

E un troll (che prima non era un problema perché gli amministratori del sito o la comunità lo stroncava con maggiore o minore decisione) fa lo stesso: scrive, scrive, scrive... solo che è un sociopatico.
I troll sono sempre esistiti. Ma dovevano confrontarsi con una socialità strutturata in modalità e con regole diversi per ogni sito. E i troll dovevano impararle o vedersi isolati e sbattuti fuori.
Per continuare a trollare, i sociopatici dovevano paradossalmente socializzarsi abbastanza da interagire. Coi social non hanno necessità di socializzare e quindi sono senza controllo

E' come mettere una pistola carica in mano a un bambino e poi chiedersi come mai succedono casini.


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fobia1984
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il web purtroppo è diventato per molti una valvola di sfogo dove le moltitudini riversano tutte quelle emozioni e quegli stati d'animo sotto forma di commenti che abitualmente nella realtà quotidiana non potrebbero non essendoci le condizioni adatte o non avrebbero il coraggio di dire apertamente, in un certo senso molto sinteticamente per come la vedo io, con particolare rilevanza i social netwrok sono diventati allo stato attuale un riflesso di ciò che la gente è convinta di essere, o meglio di ciò a cui tende ad identificarsi nella loro maschera virtuale, nella loro proiezione illusoria che scaturisce dalla falsa personalità, quel surrogato di personalità che assomiglia per certi aspetti ai Replicanti di Bruce Willis; (ho frequentato Yahoo answers per alcuni anni) quindi mi sono reso conto che anche interagendo con persone dotate di un elevato background culturale, quest'ultime proiettavano verso gli altri utenti una certa conflittualità competitiva, spesso condita con epiteti poco ragguardevoli (in pratica tutta la diarrea psicologica esteriorizzata sul web), non mi stancherò mai di dirlo e finchè ne avrò le forze, fa sempre bene ricordarlo, ma la sana competizione quando viene scambiata per conflittualità sia nei confronti di se stessi che di coloro con i quali ci relazioniamo, finisce per diventare il fast food degli dei.
Un libro interessante a riguardo potrebbe essere il seguente:
http://www.ibs.it/code/9788875785574/ronson-jon/giustizieri-della-rete.html


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Jor-el
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Un tempo c'erano i blog...

L'autore deve avere 15 anni o poco più...
La fenomenologia dell'interazione telematica è parecchio più vecchia e articolata di così. Più vecchia di Internet e del Web, se è per quello.
Se avesse esordito con "un tempo c'erano le BBS" sarebbe stato più credibile. Ma anche "un tempo c'erano i Forum" sarebbe stato già sufficente.
Ma "un tempo c'erano i blog"? Quel tempo era... tre o quattro anni fa.

E manca l'analisi base che i blog SONO un social media, tanto quanto Facebook o Twitter: un'espressione individuale in cui la funzione di "servizio al pubblico" (che avevano avuto le pubblicazioni on-line fino a quel momento) era semplicemente non necessaria e dunque scarsamente rilevante.

I troll sono sempre esistiti, è implicito nell'anonimato garantito agli utenti della Rete. Non un grosso problema, finché la Rete era strutturata a siti amministrati da qualcuno. Questi "qualcuno" strutturavano le regole minime base per mezzo delle quali si interagiva. Forum, webpage a commenti, newsgroup, avevano procedure d'ingresso ed espulsione e "manifesti" (regolamenti d'uso e comportamento).

Sono proprio i blog, col loro permettere a chiunque di "mettere su" uno spazio autogestito e praticamente privo di pre-requisiti per la propria esistenza e conduzione, che hanno scardinato la necessità di anche solo porsi il problema se delle regole di interazione fossero necessarie o utili.

Anche il problema (prima) fondamentale "quello che metto on-line sarà interessante per qualcuno?" era scavalcato da "intanto butto lì i miei pensieri estemporanei, poi vediamo se qualcuno si fa vivo".

E l'Internet della futilità era nato.

I troll sono sempre esistiti. E non erano un gran problema. Adesso il "problema" è la loro virulenza.
Ma quello è il portato, praticamente necessario, del non porsi il problema del "che cazzo scrivo a fare su internet?" e della assenza di progettualità nelle forme di questa scrittura.
Il contenitore è fornito bello e pronto, chiamatelo blog, facebook (che è sostanzialmente una piattaforma di blog), twitter, whatsapp, commenti di youtube o altro. A me compete solo riempirlo. Non posso fare altro.
E scrivo, scrivo, scrivo...

E un troll (che prima non era un problema perché gli amministratori del sito o la comunità lo stroncava con maggiore o minore decisione) fa lo stesso: scrive, scrive, scrive... solo che è un sociopatico.
I troll sono sempre esistiti. Ma dovevano confrontarsi con una socialità strutturata in modalità e con regole diversi per ogni sito. E i troll dovevano impararle o vedersi isolati e sbattuti fuori.
Per continuare a trollare, i sociopatici dovevano paradossalmente socializzarsi abbastanza da interagire. Coi social non hanno necessità di socializzare e quindi sono senza controllo

E' come mettere una pistola carica in mano a un bambino e poi chiedersi come mai succedono casini.

La vedo un po' diversamente. Non troppo, solo un po'. 🙂

Un tempo c'erano i siti web. Le persone avevano la possibilità di crearsi un proprio spazio sul www e pubblicare quel che volevano. C'erano però delle difficoltà che tenevano lontano il grande pubblico: i siti costavano e, per crearli e mantenerli, occorrevano specifiche conoscenze, fra cui quella del linguaggio html. L'avvento dei programmi wysiwyg cambiò poco la situazione, gli editor html non erano abbastanza intuitivi per l'utilizzo di massa. Quindi arrivarono i blog. In pratica, venivano offerti agli utenti interessati spazi web preformattati, in cui essi potevano inserire testi, immagini, suoni o quant'altro. L'utente veniva alleggerito di tutta la parte design/layout/programmazione. Funzionò, ma non era abbastanza. I grandi numeri vennero solo dopo, con il passo successivo, i social network. Cosa sono i social network? Sono un'evoluzione dei blog, spazi web in cui tutta la parte creativo-tecnica è TOTALMENTE preimpostata e offerta gratuitamente, persino le restrizioni di sicurezza sono centralizzate (gli "amici" servono a quello, ad aiutare l'utente a scegliere a chi voler mostrare determinati contenuti). I blog offrivano opzioni di personalizzazione che erano eccessive per la massa, confondevano. La grande intuizione di Fbook è che la creatività è faticosa. I social network offrono addirittura la possibilità di "essere su Internet" senza padroneggiare nemmeno lo strumento che si usa. Conosco persone che, del proprio smartphone, conoscono soltanto l'uso dell'app Facebook.

Da che ricordo - sono stato moderatore di vari forum - i troll sono sempre stati una presenza fissa su Internet, dalle BBS in poi. Da un paio d'anno il termine "troll" è entrato nel lessico dei social network, quindi da termine tecnico per definire i rompiballe in ambito telematico, "troll" è diventata misteriosa parola in qualche modo analoga a "terrorista". Il problema dei social network è che con essi l'Internet ha cessato di essere una cosa inter nos utilizzatori di computer per diventare un mass media al 100%.
Un po' come la droga. Finché era una fonte di ispirazione per artisti, poeti e musicisti, tutto OK, ma quando sono arrivate le masse, è diventata una tragedia.


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makkia
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Cosa sono i social network? Sono un'evoluzione dei blog

Esatto. C'è da chiedersi se la semplificazione tecnica del blog, rispetto alla creazione della pagina HTML, sia l'aspetto fondante.
Secondo me, no. Come non lo era il costo (gli spazi web gratuiti collegati agli account di mail c'erano già).

L'idea di trasformare gli spazi web in "commodity" per la casalinga o per lo sfaccendato, comporta il salto di qualità da "cosa voglio trasmettere agli altri" a "cosa metto in mostra di me stesso".
La facilitazione a creare pagine web (flash, php) era in costante progresso (il wysiwyg) e voleva mettere la creatività a portata degli illetterati informatici, purché avessero degli obiettivi, dei contenuti, che li incentivavano a metterci il minimo di impegno iniziale.

Ma il Blog bypassa il problema del contenuto: mettici quello che ti pare! Copia-incolla il pensierino del giorno, invece di scriverlo sul diario scolastico! TI PREGO, riempi questo spazio, che ho creato per te. Guarda come magicamente diventa "serio" e "professionale".

Siamo già all'interno del paradigma "social". Fin dal primissimo momento, 29 blog su 30 erano inutili, futili: illeggibili lenzuolate sbrodolate di niente a cui seguiva altro niente, schermata dopo schermata.
Facebook era già lì, c'era tutto: bisognava sono formalizzare meglio il contorno, il format.

i troll sono sempre stati una presenza fissa su Internet, dalle BBS in poi. Da un paio d'anno il termine "troll" è entrato nel lessico dei social network, quindi da termine tecnico per definire i rompiballe in ambito telematico, "troll" è diventata misteriosa parola in qualche modo analoga a "terrorista".

In verità lo è sempre stato, un terrorista. La singola parola che lo definiva alla perfezione era "disruptive". Un "distruttore del flusso ordinato dei contenuti".
Solo che si confrontava/scontrava con quello che nei social e nei blog ha cessato di esistere: La Community.
Quella dei "followers" di una pagina facebook, NON è una community, non ha orgoglio di appartenza, non ha il sentimento della simiglianza di scopi.
E altrettanto dispersa era, da subito, la minuscola congrega di amici del blogger.
Singoli con altri singoli, neanche le capacità aggreganti di una comitiva di adolescenti. Non fa parte del format.
E in questa dispersione, in questo vuoto gregario, il troll si comporta come un bulletto scolastico: li prende uno per uno e approfitta della propria indifferenza per convenzioni ed educazione.
E' un sociopatico, dopotutto: nell'assenza di socialità LUI è nel suo ambiente; sono gli altri, i sociali, i civili, ad essere deboli, senza strumenti di difesa.
Per questo il troll è molto più lesivo. Perché è incontrollato e gli altri non riescono a individuare quale è la sua forza: non VUOLE partecipare al divertimento generale, ma d'altra parte non c'è scritto da nessuna parte che il divertimento generale (la leggerezza o la vacuità, secondo prospettiva) sia una REGOLA da rispettare.

Il problema dei social network è che con essi l'Internet ha cessato di essere una cosa inter nos utilizzatori di computer per diventare un mass media al 100%.
Un po' come la droga. Finché era una fonte di ispirazione per artisti, poeti e musicisti, tutto OK, ma quando sono arrivate le masse, è diventata una tragedia.

Ottima analogia.
Purché ci intendiamo su cosa è stato massificato: la cultura della trasmissione di contenuti fra le persone. La potenzialità eversiva delle persone che comunicano senza mediazione dall'alto.

Non dimenticarti dell'altra somiglianza con la droga: che la diffusione di massa è stata incentivata, in maniera sottile ma con intento disgregatore preciso. Con l'intento proprio di uccidere le potenzialità eversive della cultura della droga: il pensiero alternativo.


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Jor-el
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L'idea di trasformare gli spazi web in "commodity" per la casalinga o per lo sfaccendato, comporta il salto di qualità da "cosa voglio trasmettere agli altri" a "cosa metto in mostra di me stesso".
La facilitazione a creare pagine web (flash, php) era in costante progresso (il wysiwyg) e voleva mettere la creatività a portata degli illetterati informatici, purché avessero degli obiettivi, dei contenuti, che li incentivavano a metterci il minimo di impegno iniziale.

Attenzione, la "facilitazione" è una cosa, la preformattazione è un'altra. Dreamweaver è - relativamente - una facilitazione rispetto alla programmazione html con text editor. I blog non è che facilitano, forniscono, invece, uno spazio web già pronto, presettato. E il preset include già una traccia dei contenuti (qui ci metti un testo, qui una foto, qui la classifica dei tuoi brani preferiti...). Il social network è il massimo della preformattazione, la creatività non è richiesta (anzi, è apertamente scoraggiata) e la prima cosa che ti viene chiesta la prima volta che ti iscrivi e così tutte le volte che ti logghi nella tua "bacheca" è A cosa stai pensando?. Io sono sempre stato convinto che i social network abbiano molto poco di commerciale, ma che siano soprattutto strumenti per la schedatura di massa. Non credo assolutamente che coprano le (ingenti) spese con le inserzioni pubblicitarie.

E per quel che riguarda la gratuità, non è da prendere sottogamba. Lo spazio web collegato all'email non era veramente gratis. Facebook sì, Twitter sì. Google sì. E il gratis, come diceva il buon Uriel Fanelli, uccide.

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IL GRATIS CHE UCCIDE di Uriel Fanelli (estratto)

La settimana scorsa, per dire, parlavo con il product owner di un prodotto che verra' lanciato , che e' un sistema di billing. Si, usare il cellulare come carta di credito e bancomat. E' un progettone grande, con due dozzine di vendor coinvolti, e ancora piu' tenants che vogliono aprire canali di vendita. Hanno circa 60, solo tecnici, per l'integrazione, piu' tutta la parte di progetto, sviluppo, project management. Un progettone da 200 FTE per due anni, nel mondo telco, si nota.

Si parlava, per via del mio lavoro, di forecast di traffico, ovvero di quanti utenti, quanto uso, eccetera. Mi serve per dimensionare il nostro sistema. Il dialogo e' stato circa questo:

Uriel: Allora, avete dei forecast di traffico?

PO: si, sappiamo che, se lanciamo prima di Natale, avremo tot e tot di traffico.

Uriel: beh, e' una bella partenza. Avete idea di come possa sviluppare dopo?

PO: non facciamo piu' proiezioni, come una volta, per via degli Over The Top.

Uriel: cioe'?

PO: prendi per esempio il progetto, quello per cancellare i cellulari rubati o per localizzarli. Quelli che abbiamo fatto insieme a ... Appena Google ha visto che noi ed altri facevamo soldi, hanno fatto la stessa cosa GRATIS. E arriva di default su OGNI android. GRATIS

Uriel: ma che senso ha per Google dare gratis qualcosa con cui si fanno soldi?

PO: ha il senso di sbatterci fuori dal mercato.
Uriel: ma sbattendo fuori dal mercato i concorrenti non fai cash flow. Non ti entrano soldi. Come finanziano questi progetti?

PO: quando Google annuncia il suo prodotto, il "mercato" in borsa lo premia sempre con un fiume di soldi. Un fiume senza senso.
Uriel: e quando lo annunciate voi?

PO: non ci capiamo. A comprare le azioni di google con qualsiasi scusa buona, anche se annunciano una nuova receptionist bionda nella sede centrale, e' la FED. Stampano soldi e li buttano cosi'. Noi abbiamo solo il normale mercato finanziario.

Uriel: ah. Ma cosi' come fate coi nuovi prodotti?

PO: non ci saranno nuovi prodotti consumer dopo questo. Noi, e quasi tutte le telco, stiamo uscendo dal mondo del VAS consumer. Questo, per noi, e' l'ultimo.

PO2: e non dimenticare che gli americani sono molto interessati a dati sulle transazioni finanziarie. Appena Google fara' il suo prodotto uguale al nostro, il governo gli paghera' uno, due miliardi di dollari all'anno per avere i dati. Potranno offrirlo GRATIS e SENZA alcun costo o commissione.

Adesso ce l'ho chiaro: compagnie come Twitter, che hanno ricevuto prestiti da UN MILIARDO DI DOLLARI senza neanche avere un business model, offrono gratis servizi che a chi sta su un mercato normale, ove le cose costano, costano.

Tante telco hanno provato ad introdurre servizi di microblogging, ma nessuna aveva dietro prestiti da UN MILIARDO DI DOLLARI, e quindi non poteva competere.


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makkia
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La facilitazione a creare pagine web (flash, php) era in costante progresso (il wysiwyg) e voleva mettere la creatività a portata degli illetterati informatici, purché avessero degli obiettivi, dei contenuti, che li incentivavano a metterci il minimo di impegno iniziale.

Attenzione, la "facilitazione" è una cosa, la preformattazione è un'altra. Dreamweaver è - relativamente - una facilitazione rispetto alla programmazione html con text editor. I blog non è che facilitano, forniscono, invece, uno spazio web già pronto, presettato.

Ma è quello che ho detto io... il blog è GIA' un social, non è una nuova veste della pagina web: è un'altra bestia. Una bestia social.

Io sono sempre stato convinto che i social network abbiano molto poco di commerciale, ma che siano soprattutto strumenti per la schedatura di massa. Non credo assolutamente che coprano le (ingenti) spese con le inserzioni pubblicitarie.

Questo è tutto un altro discorso.

Tu dicevi che era la massificazione, il problema. Io sostengo che è il cambio tra avere qualcosa da dire e dover dire qualcosa a tutti i costi.
Mi pare che siamo d'accordo, su questo.
Forse non lo siamo su quale impatto ha sulla comunicazione via internet. Per me è mortifero...
Che sia gratuito o non lo sia è abbastanza irrilevante, come cambio. Le mail gratuite non funzionano diversamente da quelle a pagamento. Sempre mail mandano.
Ma tra uno spazio web gratuito in cui scrivo come e quanto mi pare perché ne ho l'esigenza e una pagina facebook gratuita in cui scrivo quanto dicono loro, nel modo in cui dicono loro e delle cazzate che dicono loro, perché mi hanno indotto dipendenza e perché farci discorsi seri è quasi impossibile... beh c'è una CAVOLO di differenza!

E il gratis, come diceva il buon Uriel Fanelli, uccide.

Come sempre esasperato e come sempre interessante.

Il nucleo del suo post, che avevo letto a suo tempo, è però questo:

PO: non ci capiamo. A comprare le azioni di google con qualsiasi scusa buona, anche se annunciano una nuova receptionist bionda nella sede centrale, e' la FED. Stampano soldi e li buttano cosi'. Noi abbiamo solo il normale mercato finanziario.

Per Fanelli, il peccato capitale è la concorrenza sleale che gli USA fanno agli europei. Il come stroncano le carriere di professionisti Hi-Tec... come lui.

Che poi gli USA diano una valenza STRATEGICA alla collezione di dati non gli dà mica più fastidio di tanto.
E' "big data": roba che lui studia e sulla quale fa consulenze ben pagate 😉

Per carità, non è bello, ma è così che va il mondo: per lui Snowden è un montato che fa tanta scena su cose che i professionisti "sanno benissimo da tempo"...

Occhio a Fanelli, che ha una SUA agenda 😉


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Jor-el
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Be', alla fine ci troviamo accodo. Anche su Fanelli. 🙂


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