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Veltroni - Sulla via di Terzani


Tao
 Tao
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È sempre difficile trovare immagini, cercare parole, per ritrarre la vita di una persona, per tracciarne il percorso, per descriverne in qualche modo l´attività, i sogni che l´hanno animata, i convincimenti che hanno mosso il suo cammino. È ancora più difficile se questa persona ha avuto una vita ricchissima, se si tratta di un testimone della storia del nostro tempo, di un grande giornalista, che ha osservato e raccontato le utopie, le illusioni, le atrocità e le speranze del secolo scorso. Si può allora provare a prendere un´immagine. E alcune parole, tra le tante.

L´immagine è quella di un padre, che scrive una lettera.

È breve, ma è piena di tenerezza, e contiene una proposta: «E se io e te - dice la lettera - ci sedessimo ogni giorno per un´ora e tu mi chiedessi le cose che hai sempre voluto chiedermi e io parlassi a ruota libera di tutto quello che mi sta a cuore, dalla storia della mia famiglia a quella del grande viaggio della vita? Un dialogo tra padre e figlio, così diversi e così uguali, un libro che toccherà a te mettere insieme».

Quel dialogo è avvenuto. Quel figlio, chiamato a sé dal padre, ha potuto ascoltare il racconto di una vita, e lo ha riportato nelle pagine di un libro denso di sensazioni fortissime, di passioni intense. Di saggezza e di dignità, di affetto, di serenità. E quando il cammino di Tiziano Terzani su questa Terra è giunto a compimento, suo figlio Folco, ricordandolo nella sua Firenze, ha davvero potuto dire: «Sembrano pochi sessantasei anni per morire. Ma mio padre aveva visto tutto, conosciuto ogni cosa, ogni angolo del mondo che voleva conoscere. Aveva compiuto il suo viaggio nel mondo e, infine, dentro se stesso. Ormai era pronto. Si era preparato a lungo e se n´è andato, con lo sguardo sereno».

Forse, dovendo provare a definire Tiziano Terzani, è proprio questa la parola che si potrebbe usare: un viaggiatore. Nel senso più ampio e profondo del termine. Lo ha raccontato bene Giuliano Amato, suo compagno di studi a Pisa: il desiderio più grande di Terzani, già allora, era quello di superare i confini entro i quali era cresciuto. Era quello di entrare in un mondo più grande, di scrutarlo, di cercare tutto ciò che proprio quei confini gli avevano fino ad allora negato. Ed è per questo che non si poteva certo rassegnare a lavorare alla Olivetti, nonostante a volerlo lì fosse stato Paolo Volponi, incaricato di selezionare i neolaureati più brillanti. «Voglio fare il giornalista in Cina e ci riuscirò», diceva ai suoi amici più cari. E così fece.

Il giornalismo divenne la sua professione, la sua vita. Guardò subito ad Oriente. Inviato di «Der Spiegel», descrisse la Cina comunista, raccontò gli orrori della guerra del Vietnam, le atrocità dei massacri cambogiani. Con la capacità di narrazione e di scrittura del grande giornalista. Con il coraggio del vero "corrispondente di guerra", pronto a rimanere al suo posto anche nelle situazioni più difficili, come quando fu tra i pochi a restare a Saigon mentre tutti scappavano, all´arrivo dei vietcong.

E poi, vorrei dire soprattutto, con quella curiosità, con quella predisposizione al dubbio, alla ricerca, al cambiamento, che caratterizzò non solo il suo lavoro, ma tutta la sua vita. In questo senso il suo fu davvero un viaggio. Un affascinante e intenso viaggio. «Ho camminato sempre con l´orecchio al suolo», diceva di sé. E questo voleva dire non solo grande sensibilità, grande predisposizione all´ascolto. Voleva dire avere quella capacità, niente affatto comune, di raccogliere le parole e i sentimenti non solo dei potenti, ma della gente qualunque, degli ultimi, degli offesi. Dei popoli e delle persone menomate nella loro libertà, calpestate nei loro diritti, private della loro voce. Della gente comune, di coloro che per primi sono vittime delle guerre, di coloro che dai conflitti e dalla violenza vengono trascinati in fondo, in un vortice di morte e di distruzione che troppo spesso si consuma nell´indifferenza, che troppo spesso non trova nessuno, a raccontarlo. «Forse è il momento di pensare - ha scritto una volta Terzani - che la grande rivoluzione da fare non è quella fuori, ma quella dentro: che in verità le radici della guerra non sono fuori, ma dentro di noi, nelle passioni, nelle voluttà, nel nostro voler arraffare tutto, nel nostro pensare che noi possiamo controllare la natura, la conoscenza, uccidere animali, terra, mondo animale, e poi rifare tutto artificialmente».

Ha ragione, ancora Giuliano Amato, a dire che tra i convincimenti che lo guidavano c´era un´ostilità sempre più forte nei confronti della guerra, nella convinzione che essa possa trovare delle occasioni, ma mai delle ragioni. E poi, pur nella consapevolezza delle radici della violenza nello stesso Oriente, era convinto che esse fossero profonde soprattutto nel terreno, corroso dall´individualismo e da una spietata competitività, della nostra civiltà occidentale. Alla quale, nonostante tutto, sentiva di appartenere pienamente. È tutto questo, e molto altro, ad animare quel dialogo tra padre e figlio che poi ha preso il titolo «La fine è il mio inizio». Folco ha raccontato come si svolgeva: un'ora al giorno, sotto un albero, vicino a una casa in stile tibetano in mezzo agli Appennini, parlando con la stessa naturalezza un momento della grande Storia e dei suoi protagonisti, e un momento dopo delle sue montagne, o del gracchiare delle rane davanti a una fumeria di oppio in Cambogia. A volte con domande e risposte, a volte parlando liberamente. Sempre con in mente una caratteristica, cercata, voluta: arrivare ad un libro senza regole, che fosse un regalo innanzitutto per i giovani.

E così è stato. Nel segno del racconto, della trasmissione del sapere, del passaggio dell´esperienza. E quindi della memoria, di quello straordinario esercizio compiuto da un´identità che arrivata alla fine del viaggio si trasferisce in qualche modo, grazie alle parole, ad un´altra persona, e che anche così dà un ulteriore senso alla propria esistenza, compiendo un atto che le conferisce spessore, immortalità. Qualcosa di profondamente spirituale e al tempo stesso di profondamente laico. È nel segno della memoria, e in particolare dell´importanza del trasferimento ai giovani di un´esperienza come quella di Tiziano Terzani, che in fondo anche noi, oggi, siamo qui. Soprattutto in un tempo come il nostro, un tempo cupo, segnato da così tanta paura, che diventa troppo spesso egoismo, chiusura e diffidenza verso gli altri, da questo luogo, oggi, è come se partisse un messaggio di senso opposto. Un messaggio di pace, contenuto nella vita di chi, come Tiziano, possedeva un dono raro: quello che appartiene agli uomini che partendo da se stessi sono capaci di accorgersi degli altri, di ascoltarli, di seguirne i percorsi per intrecciarne le storie. Sapendo che la trama, alla fine, è unica, ed è quella che lega tra loro, in un comune destino, tutti gli esseri umani.

Intrecciare per sempre il nome di Tiziano Terzani con questo luogo di Roma significa allora, per noi, ricordarlo e rendergli omaggio. Significa dirgli, con un detto che a lui piaceva, che «la candela si spegne, ma la luce continua». Significa, insieme, affermare nel modo più alto che c´è una sola strada davvero percorribile, che c´è un solo vero traguardo verso il quale procedere: non il conflitto, non la separazione, non l'odio che genera solo odio, ma il dialogo, il confronto, la conoscenza. Degli altri e prima ancora, per riuscire in questo, di se stessi. Per non restare prigionieri di una fretta e di un modo di vivere che ogni giorno ci rende più ciechi. Per condividere la sofferenza di chi ci sta accanto. Per arrivare ad una società e ad un mondo più abitabili. Per farci accompagnare dalla speranza di un tempo possibile. Un tempo in cui, per riprendere le parole di un altro uomo di pace, si possa smettere di pensare solo ad essere «più veloci, più alti e più forti», e scegliere invece di procedere «più lenta
mente, più in profondità, con più dolcezza», guardando agli altri, avendone a cuore le sorti, condividendone il cammino.

Walter Veltroni
Fonte: www.unita.it
Link: http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=62000
20.12.06


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