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Articolo originale di Detlev Schlichter,

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Articolo originale di Detlev Schlichter, autore del libro Paper Money Collapse e del blog sul quale è stato pubblicato con il titolo: “But there is no inflation!” – Misconceptions about the debasement of money". Traduzione italiana di Walter Paiano per Ludwig Von Mises Italia, qua ampiamente revisionata.

E' un articolo che ripubblico volentieri in quanto ben allineato con la mia visione e la mia analisi. Ho il libro di Schlichter da diversi mesi sul tavolo ma ancora non ho avuto tempo di leggerlo. Se non sbaglio la grossa differenza tra le nostre posizioni sta nel fatto che Schlichter è uno di quegli Austriaci che giustifica la riserva frazionaria. Come ben sa chi oramai mi conosce, sulla scia dei vari Rothbard, Huerta de Soto, Hoppe e via dicendo, io la considero non ammissibile sia per ragioni etiche sia per ragioni economiche. Rubando una frase dall'articolo, mi permetto di tirare le orecchie a lui e a tutti quelli che come lui sostengono che la riserva frazionaria "non ci debba preoccupare"; anche'essi sono "vittima di un colossale equivoco" 🙂 In ogni caso la questione della riserva frazionaria nell'articolo che segue viene appena citata ma non ha rilevanza sulla sostanza del discorso principale. Buona lettura.

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Ma non c'è Inflazione!

“Ma non c’è inflazione!”. Sento spesso questa battuta sia da persone che, in linea di principio, sono d’accordo con le mie argomentazioni sia da persone che non lo sono. In entrambi i casi, coloro che affermano “Ma non c’è inflazione!” considerano il dato di fatto come un elemento di sfida nei miei confronti.

Chi come il sottoscritto sostiene che stiamo andando incontro ad un collasso del sistema monetario cartaceo (che eventualmente si presenterà con un finale iperinflazionistico) non dovrebbe forse preoccuparsi che tutta questa moneta stampata dalle banche centrali non abbia finora causato un’inflazione più alta? Non è forse vero che le attuali statistiche sull’inflazione stiano dando ragione a chi crede nella praticabilità e persino nella superiorità di un sistema di moneta fiduciaria gestito da una banca centrale, e stiano screditando invece le analisi “paranoiche” simili alle mie?

La risposta breve è: “no”.

La risposta più lunga la trovate continuando a leggere.

Prima di tutto è bene precisare una cosa: inflazione ce n'è, e anche più di un po'. In tutte le più grandi nazioni industrializzate l’inflazione ufficiale ha segno positivo ed in alcuni paesi rimane da diversi anni persistentemente sopra i target ufficiali (UK, Eurozona). Come continuo a ripetere, il processo di svilimento del potere d'acquisto del denaro va avanti. Questo già di per sè è un fatto significativo. Inoltre, sebbene ancora lontano dal fenomeno iperinflazionistico, tale aumento dei prezzi resta indubbiamente pericoloso. Chi invece sostiene che non ci si debba preoccupare o che l'inflazione rappresenti addirittura un fatto positivo è vittima di un colossale equivoco.

Sono inoltre convinto che l’inflazione andrà peggiorando, anche se ancora solo marginalmente. Cosa più importante, ritengo che il rischio di una inflazionistica resa finale dei conti sia cresciuto negli ultimi anni e stia continuando ad aumentare ogni giorno che passa a causa delle attuali politiche economiche e di quelle che con molta probabilità verranno implementate nel prossimo futuro. Spiegherò più in dettaglio tutto questo tra poco. Gli attuali tassi di inflazione pertanto non costituiscono un problema per la mia analisi e le mie previsioni. Per capire meglio il perché, ripassiamo la mia premessa di base.

L’inflazione nel contesto della crisi

L'ipotesi di base contenuta nel mio libro Paper Money Collapse è la seguente: un sistema monetario come il nostro, cioè un sistema a moneta interamente elastica, svincolata da qualsiasi bene reale e quindi totalmente fiduciaria, sotto il controllo di una banca centrale che è stata istituita per espandere costantemente l’offerta di moneta fiduciaria, ovvero per abbatterne gradualmente il potere d’acquisto (attraverso una “inflazione controllata”) e per "stimolare" periodicamente la crescita economica non si pone, come l’economia mainstream sostiene, a garanzia della stabilità economica ma, al contrario, rappresenta un sistema sub ottimale rispetto a quello offerto da una moneta merce. Esso è intrinsecamente instabile ed effettivamente insostenibile, è inoltre fondamentalmente incompatibile con un corretto funzionamento del sistema capitalistico e costitusce un pericolo per la stabilità economica e la prosperità. Se portato alle sue logiche conclusioni – che è proprio quanto le banche centrali sembrino essere determinate a fare – un sistema del genere è destinato a finire nel caos.

L’espansione monetaria provoca necessariamente l’accumularsi di squilibri che sono di forte ostacolo ad una sana crescita economica. Come ho mostrato nel dettaglio in Paper Money Collapse, le iniezioni di moneta creano SEMPRE spiazzamenti e allocazioni sbagliate di capitale che nel futuro chiederanno di essere liquidate dal processo di mercato. Tali squilibri sono ora più che mai abbondanti ed includono tra le altre cose: eccessivi livelli di debito, banche sovraesposte e prezzi degli assets finanziari artificialmente gonfiati. In sintesi abbiamo una costellazione di prezzi tra loro relativamente distorti.

Fintantoché l’economia mainstream continuerà a sostenere che la “moneta facile” è un necessario antidoto alla recessione e fino a quando le banche centrali cercherano di contrastare l’attuale crisi con bassi tassi d’interesse e continue espansioni monetarie, questi squilibri – che sono la radice del corrente malessere e che logicamente trovano origine nei precedenti e "necessari" stimoli monetari – non potranno andare a posto o essere liquidati; al contrario verranno mantenuti e ad essi se ne aggiungeranno di nuovi. Il sistema economico continua in questa maniera a muoversi ancora più lontano dal punto di equilibrio al quale invece tenderebbe spontaneamente. In altre parole la crisi non riesce a trovare risoluzione ma viene continuamente sostenuta ed aggravata.

I politici sostengono che senza il loro intervento la crisi sarebbe stata peggiore; ciò significa semplicemente che, senza di loro, il necessario riaggiustamento di certi squilibri sarebbe già avvenuto. Le loro politiche, invece, ci hanno portati ancora più lontani dalla risoluzione della crisi, dandoci una fugace ma falsa impressione di stabilità che stiamo pagando attraverso la formazione di ulteriori scompensi.

Uno dei motivi per cui l'odierno aumento dei prezzi continua a mostrare una relativa “moderazione” a dispetto dei massicci stimoli monetari delle banche centrali è piuttosto evidente: più gli squilibri si ingigantiscono, più le forze deflazionistiche (di mercato) che spingono per la loro liquidazione diventano forti. Sostenere artificialmente questi scompensi – allo scopo di mantenere viva l’illusione della stabilità – richiede una emissione monetaria sempre più aggressiva da parte delle banche centrali, proprio ciò che possiamo riscontrare un po' ovunque.

La nuova “base monetaria” – quella moneta che le banche centrali stanno emettendo oggi e che agisce da materiale grezzo del sistema monetario – al momento non ha avuto come effetto immediato quel rapido aumento dei prezzi che invece era solito verificarsi in passato per i problemi già menzionati (eccessivo debito, prezzi finanziari distorti, esposizioni bancarie sovraesposte) a causa dei quali mentre le ban
che sono riluttanti a concedere ulteriori prestiti, il settore privato è riluttante ad assumere altro debito. L’attuale accomodamento monetario in un certo senso ha perso la propria efficacia. Come vedremo tra poco, ci sono poi altre ragioni che spiegano i modesti livelli dell'attuale inflazione.

Tenete però sempre bene a mente quanto segue: nel nostro sistema di valute fiduciarie interamente svincolate da qualunque bene reale, la moneta può essere iniettata sempre più velocemente – ed in effetti al fine di poter raggiungere i propri obiettivi di politica economica le banche centrali dovranno iniettarne una quantità a ritmi sempre più veloci, Ciò continuerà ad ostacolare la dovuta liquidazione degli investimenti sbagliati e dei livelli eccessivi di debito mentre al contempo continuerà ad erodere il potere d’acquisto del denaro. Il punto di svolta – che darà l’avvio ad un incremento significativo dei prezzi – sarà raggiunto quando il pubblico perderà fiducia in questa colossale farsa. Quando gli individui cominceranno a ridurre le proprie riserve monetarie mossi dai timori di una maggiore inflazione, la velocità di circolazione del denaro si innalzerà causando una accelerazione dell’inflazione. I fattori in grado di determinare il percorso che ci porterà al punto di svolta sono diversi e tra essi sicuramente lo stesso livello dei prezzi, ancora moderato ma persistente, e a maggior ragione una sua eventuale leggera accelerazione. In questo senso l'andamento dei prezzi è importante e va seguito con attenzione, tuttavia dobbiamo analizzarlo nel contesto della teoria qui presentata.

Le mie previsioni

Per quelli che hanno letto Paper Money Collapse e l’hanno pienamente compreso, niente di tutto ciò dovrebbe suonare nuovo, anzi mi scuso se sembro eccessivamente ripetitivo. Permettetemi però di sottolineare ancora una volta come le mie previsioni non riguardavano il fatto che nel 2012 o nel 2013 avremmo avuto una inflazione molto più alta o addirittura iperinflazione. Naturalmente c'era la possibilità che ciò accadesse entro questi tempi, anche se nessuno, neanche il sottoscritto, può essere in grado di determinare con esattezza il verificarsi di certi eventi. Resta il fatto, però, che quando la fiducia svanisce, le dinamiche inflazionistiche cambiano molto rapidamente: il sistema infatti è come se fosse poggiato su un sottile strato di ghiaccio sul quale ogni giorno le banche centrali si muovono convinte che non si possa rompere.

La mia previsione di base invece era e continua a essere questa: le politiche monetarie fortemente accomodanti di cui stiamo godendo non risolveranno la crisi. Esse non possono portare ad una crescita auto sostenibile che permetta alle banche centrali di ritirare gli straordinari stimoli monetari forniti finora tornando verso una normalizzazione dei tassi d’interesse e degli altri strumenti di politica monetaria – promesse peraltro fatte negli ultimi anni e ancora non mantenute in nessuna parte del mondo. La verità è che non c’è più modo di porre agli “alleggerimenti quantitativi”, essi dovranno continuare indefinitamente. Le politiche di Quantitative Easing dovranno perfino essere aumentate e intensificate. Non esiste una exit strategy. Le banche centrali stanno scavando intorno a sé stesse – e intorno a tutti noi – una fossa sempre più profonda.

Queste mie previsioni finora sono state piuttosto accurate e continuo ad essere convinto che rimarranno valide anche nei prossimi anni. Eccovi anche un’altra previsione: le misure straordinarie attuali verranno affiancate, nel corso del tempo, da quelle che nel mio libro ho definito di “nazionalizzazione della moneta e del credito”: gli investitori istituzionali saranno costretti attraverso leggi e regolamenti a rimanere investiti in certe tipologie di assets, verrà proclamata la guerra al contante, quella ai paradisi fiscali verrà intensificata e, in ultima analisi, vedremo il ritorno dei controlli sui movimenti di capitale.

Tornando all’inflazione

Mi aspetto che l’inflazione rimanga elevata e che continui a crescere nel tempo. Nonostante gli squilibri stiano impedendo ai normali meccanismi di trasmissione di far passare la moneta di nuova creazione nel sistema economico reale, parte di questa massa troverà comunque la propria strada facendo ingresso negli aggregati monetari e nel sistema economico: ciò comporterà ulteriori perdite di potere d’acquisto della nostra valuta cartacea (realizzando d’altronde uno degli obiettivi principali delle banche centrali). Badate bene: le banche centrali di fatto oramai sono giunte a finanziare direttamente il settore pubblico. Se da un lato esse rivestono il ruolo di prestatore di ultima istanza, dall'altro il settore pubblico è il debitore di ultima istanza (come ho spiegato sopra il settore privato è invece riluttante ad assumere nuovo debito e per ottime ragioni). Negli Stati Uniti, quasi l’80% del nuovo debito pubblico finisce oramai direttamente nel bilancio della FED. D'altro canto la BCE, piuttosto che continuare a finanziare i governi europei indirettamente come ha fatto per anni su larga scala (elargendo generosamente credito a tutte le banche europee in cambio dei titoli di stato dati in garanzia), è adesso pronta ad assumere direttamente in bilancio il debito pubblico dei paesi in difficoltà. E tra tutte la Banca d’Inghilterra è indubbiamente la regina degli "alleggerimenti" quantitativi.

L’inflazione attuale è già dannosa

La settimana scorsa in Gran Bretagna è stata riportata, rispetto al dato precedente, una minore inflazione ufficiale relativa ai prezzi al consumo; essa si è pertanto avvicinata, anche se resta ancora superiore, all’obiettivo fissato dalla Banca d’Inghilterra. Un quotidiano ha accolto il dato come un’ottima notizia per le famiglie inglesi. Su questo non ci sono dubbi: in un periodo difficile come questo, in cui molte persone sono disoccupate e devono fare affidamento sui propri risparmi o su entrate ridotte, avere un’inflazione che rallenta è sicuramente d'aiuto. Ma facciamoci questa domanda: non sarebbe ancora meglio se i prezzi diminuissero anziché aumentare? Cosa accadrebbe se i prezzi invece di salire del 2,6% in media scendessero del 2,6%? Se ogni sterlina o euro sul conto corrente o nel portafoglio valesse anche quel poco in più all'anno non sarebbe una notizia decisamente migliore per tutte le famiglie?

Ironicamente, invece, questo fenomeno viene etichettato come terribile deflazione, uno spaventoso e sconosciutissimo fenomeno da cui gli economisti mainstream non smettono mai di metterci in guardia. Sebbene i salari non stiano aumentando e molti debbano usare i propri risparmi per riuscire a sbarcare il lunario, essi ci ripetono costantemente che dovremmo ringraziare le banche centrali per la loro costante opera di svilimento del potere d’acquisto della nostra moneta.

Una volta il boom inflazionistico veniva seguito da una ventata deflazionistica. La tendenza dei prezzi a scendere, durante una recessione, era un fattore importante di stabilizzazione che agiva in modo piuttosto naturale. Prezzi più bassi aiutavano gli individui delle fasce inferiori di reddito ad affrontare il costo della vita, e presto o tardi essi tornavano ad attirare l'attenzione anche di quegli individui che, rimasti ad osservare ai lati del mercato, decidevano di tornare a spendere e ad investire.

Oggi, invece, le autorità monetarie, deprimendo artificialmente i tassi d’interesse fino a zero e diminuendo il potere d’acquisto della moneta, cercano a tutti i costi di invogliare gli agenti economici a spendere i loro soldi. Le politiche inflazionistiche sono, dal loro punto di vista, uno strumento per incoraggiare sia consumi che investimenti. Si fondano su
l presupposto che il denaro diventi un asset indesiderato. Ignorano totalmente il fatto che tassi d’interesse bassi e continue iniezioni monetarie, necessarie per stimolare spesa e investimenti, spingano artificialmente al rialzo i prezzi degli assets impedendo al contempo la riduzione dei livelli di indebitamento del sistema economico. Le loro politiche in realtà sono un incentivo permanente a non investire o ad investire male in un mercato dai prezzi costantemente manipolati.

Sarebbe indubbiamente molto meglio abbandonarle, cioè fermare l’emissione di nuova moneta, la manipolazione dei tassi d’interesse e lo svilimento del denaro; in tal modo il mercato attraverserebbe il necessario processo di purificazione e procederebbe con la liquidazione degli squilibri accumulati. I tassi d’interesse rifletterebbero di nuovo la disponibilità di risparmi reali e i prezzi la vera domanda di beni, servizi e attività finanziarie. I prezzi scenderebbero ma sarebbero nuovamente prezzi di mercato veri e genuini. I detentori di moneta si sentirebbero più a loro agio nell’investire i propri fondi e così facendo farebbero ripartire l’economia su basi sane.

I beneficiari dell’inflazionismo

Tuttavia, coloro che difendono le attuali politiche inflazioniste affermano che non possiamo permettere al mercato di tornare verso prezzi “corretti” e meno che mai che esso “si ripulisca” dagli squilibri. Secondo loro, in questo momento, prezzi in diminuzione condurrebbero a una terribile deflazione da eccesso di debito e ad una spirale deflazionistica che causerebbe sostanziali danni collaterali. Credo fermamente che le paure di una simile spirale deflazionistica siano del tutto esagerate. Durante la deflazione, infatti, all'aumentare del potere d’acquisto della moneta aumenta anche il costo opportunità di detenere ricchezza in forma liquida e di conseguenza aumentano anche gli incentivi a consumare ed investire.

L’affermazione secondo la quale colui che si aspetta dal futuro prezzi in diminuzione sarebbe portato a rimandare consumi e spese è priva di senso. Essa ignora completamente il concetto di preferenza temporale. Niente di tutto ciò, come ciascuno può ben constatare, si è mai verificato nel settore dei computer o dei telefoni cellulari: questi prodotti diventano sempre più convenienti e migliori di anno in anno, eppure la loro domanda rimane sostenuta al punto che al giorno d’oggi, pur in periodo di crisi, le persone continuano a spendere una parte considerevole dei propri soldi acquistando proprio questi beni.

Permettere al mercato di correggere e liquidare gli squilibri e gli eccessi di debito accumulati non implicherebbe la fine dell'attività creditizia di assunzione ed erogazione di prestiti. Di sicuro danneggerebbe tutti coloro che si sono sovraesposti nel boom precedente: chi ha preso a prestito e iscritto nei propri bilanci debiti eccessivi durante il boom verrebbe duramente punito durante una correzione deflazionistica; questi ultimi soggetti, invece, vengono oggi protetti e salvati dalla politica monetaria inflazionistica. Tra di essi ci sono, soprattutto, le banche e gli Stati. Entrambi si collocano tra i principali beneficiari dell'emissione di moneta dal nulla sia in questa fase di crisi, sia in quella precedente del boom creditizio che è all'origine di tutto questo. Quindi, chi è stato più avventato durante il boom viene salvato, mentre chi è stato prudente e non è caduto nella trappola del credito a buon mercato è la vera vittima della politica inflazionistica. Quest'ultima impedisce loro di poter comperare attività a prezzi ribassati (cioé, al loro reale valore di mercato) e al contempo ne distrugge i risparmi attraverso la svalutazione monetaria.

Le persone che difendono le politiche inflazionistiche sostengono che un eventuale collasso delle banche e dei conti pubblici sarebbe per le famiglie un vero disastro. Potrebbe anche essere così ma ciò mostra soltanto quanto oramai la società sia stata contaminata e dipenda di fatto da un regime persistente che dispensa denaro dal nulla. In un certo senso, siamo tutti drogati di credito a buon mercato e per andare avanti siamo arrivati al punto di averne illimitato bisogno. E' questa l’alternativa alla liquidazione? Ha davvero senso sostenere che alcuni prezzi come quelli dei titoli di stato siano esenti da rischi di caduta dei prezzi e che interi settori dell’economia (quello bancario in primis) siano esenti da rischi di fallimento – a prescindere da quanti debiti siano stati assunti nei periodi di espansione? Quanto denaro è davvero necessario iniettare nel sistema per trasformare in realtà questa fantasia anti-capitalistica?

Il fatto che le politiche monetarie abbiano un gruppo di beneficiari ben definito è un’altra delle ragioni per cui l’inflazione ad oggi non sia già schizzata in alto. Le banche centrali creano base monetaria che finisce sui depositi in conto presso le stesse banche centrali. E' moneta che assolve la funzione di riserva bancaria. Sin dal 2008, le banche centrali in giro per il mondo hanno inondato i propri sistemi bancari con riserve di questo tipo ma ciò non ha condotto a simili espansioni negli aggregati monetari più ampi (sebbene ne abbia certamente favorito una espansione parziale e sia pertanto in qualche modo responsabile dell’attuale, dannosa inflazione benché non secondo quelle proporzioni che una espansione così massiccia di base monetaria normalmente avrebbe potuto suggerire).

Come ho già detto, in gran parte ciò è dovuto agli enormi squilibri in essere: le banche sono troppo spaventate per prestare (piuttosto, mantengono alte le proprie riserve) mentre il settore privato è troppo sfiduciato per contrarre ancora debito e ha ottime ragioni per non farlo, visto che molti dei prezzi di mercato rimangono totalmente distorti. Comunque sia, le banche centrali non hanno pienamente preso di mira gli aggregati più ampi, almeno non ancora. La FED paga alle banche perfino un interesse sui conti della riserva bancaria detenuti presso di sé; in tal modo, incoraggia le banche a detenere riserve in eccesso invece di concedere prestiti.

Ricordate, il primo Quantitative Easing è stato pensato e realizzato al fine di salvare le banche. La FED ha dato alle banche più di un trilione di dollari in nuove riserve e lo ha fatto portando fuori dai loro bilanci, in cambio di denaro contante, una delle tipologie di asset più tossiche: i mutui. Il QE2 è stato realizzato allo scopo di manipolare al rialzo i prezzi degli assets finanziari, come lo stesso Bernanke ha ammesso. L’obiettivo principale di queste misure, quindi, non è stato quello di spingere le banche a creare grandi masse di moneta attraverso il sistema a riserva frazionaria, dando così una spinta più forte all’aggregato M2 (e all’inflazione), ma quello di sostenere i prezzi degli “assets rischiosi”.

Tuttavia, queste misure non sono riuscite a generare un ripresa sostenibile. Che sorpresa! E' naturale che non ci siano riuscite. Ne ho chiarito le ragioni in dettaglio qua sopra. Queste politiche erano semplicemente orientate ad evitare la necessaria liquidazione degli investimenti e la correzione degli squilibri in essere. Il più recente QE3, invece, indica invece già una certa insofferenza dei policy makers nei confronti di questo pseudo-recupero. Il terzo quantitative easing, più di quanto lo siano stati i precedenti, non a caso è rivolto esplicitamente a “ridurre la disoccupazione” e a “stimolare la domanda aggregata”.

I quotidiani sono oggi pieni di idee sempre più strampalate su come spingere la moneta fiat di nuova emissione giù per la gola dell’economia. Ecco quindi cosa prevedo io: abbastanza presto la FED smetterà di pagare gli interessi sulle riserve bancarie. I tassi d’interesse verranno port
ati a zero, dappertutto. Vedremo, ad un certo punto, tassi d’interesse negativi ovunque. Alla fine si andrà a tassare persino il contante. Chi cercherà di tesaurizzare le banconote rischierà la pena di morte (con riguardo a questo ultimo punto, mi sono permesso di fare dello humor; ma neanche troppo).

Concludo: leggere che l'aumento dei prezzi sia ancora realtivamente moderato non deve essere un buon motivo per rilassarsi. Che in questa fase della crisi l’indice dei prezzi al consumo non sia molto più alto non deve sorprenderci. Cosa ancora più importante, non c’è ragione di pensare che le attuali politiche economiche siano prive di conseguenze: esse, piuttosto, stanno rendendo più difficile poter fermare in futuro l’emissione di ulteriore moneta e persino fermarne una sua accelerazione. Ecco in sintesi perché continuando a perseguire queste politiche ci stiamo dirigendo verso il collasso del sistema a moneta cartacea. I dati sull’inflazione attuale non cambiano assolutamente questa considerazione di fondo.

Se infine vi state ancora chiedendo quando l’inflazione esploderà, la risposta è: quando sempre più persone capiranno dove ci stanno portando le autorità monetarie con le loro politiche.Tutto ciò finirà molto male.

http://www.usemlab.com/index.php?option=com_content&view=article&id=932scuola-austriaca-di-economia&Itemid=177

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