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Sensazionale a Corvara (Val Badia, BZ): hackerato il laptop

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La Merkel adora fare le vacanze in Italia. Quest’anno è stata ospite della pensione “Piz Da L’Andèr” a Corvara, in Val Badia. Dati i tempi di emergenza istituzionale, è stata costretta a passare molto tempo collegata al suo laptop nella sua modesta stanza d’albergo dotata di Wi-Fi.

Sfortuna (o fortuna, per quanto ci riguarda) volle che tale Gennarino Esposito, 17enne napoletano iscritto al III anno perito informatico all’Istituto Professionale di Stato per l’Industria l’Artigianato e la Navigazione “Achille Lauro” di Afragola, si trovasse in vacanza con la sua mamma e il nuovo fidanzato altoatesino di questa proprio alla “Piz Da L’Andèr”.

Non c’era molto da fare la sera a Corvara d’estate in quella pensioncina economica lontano da tutto e da tutti, e così il nostro Gennarino passava al setaccio tutti i PC collegati al WiFi della pensione alla ricerca dei fattacci privati degli altri ospiti.

Fu così che intercettò una email in tedesco di una che, lo sapeva anche lui, era simpaticamente definita dal nostro ex Presidente del Consiglio come “Culona Inchiavabile”.

Non sapeva che farsene, Gennarino, di quel noiosissimo testo di economia politica per di più in tedesco. Per vantarsi con gli amici che, più fortunati di lui, passavano le giornate tra tuffi in mare e giri in vespa senza casco ma con le ragazze giù a Castellammare di Stabia, decise comunque di postarlo su facebook.

Il vostro corrispondente per vie traverse aveva il Gennarino tra i suoi amici di fb.
E’ stato un attimo ma sono riuscito a fare un rapido copiaincolla. Per la cronaca, Gennarino è finito per una notte intera in Caserma a Bolzano per lo scherzetto e il testo è sparito da fb nel giro di pochi istanti.

Ecco pertanto a voi la noiosissima email inviata alla Merkel dal responsabile affari europei dell’associazione dei dirigenti d’azienda tedeschi.

I più pazienti ci troveranno alcuni dei motivi per cui la Germania appare ancora così reticente a bruciare la crisi in un grande pagliaio di euro freschi di stampa.

Non ve la portate in spiaggia !

= = =

Von: [email protected]
Zu: [email protected]
Betreff: PLAN B – STRENG VERTRAULICH
Verfasst: Freitag, 10 August, 2012
Status: LESEN

Sehr geehrte Frau Merkel,

sappiamo che Lei ha sempre insistito sul mantenimento dell’euro nella sua forma attuale. Sappiamo anche che, in sintesi, Lei è il “boss” dell’area euro. In qualità di responsabile dell’Associazione Nazionale dei Dirigenti d’Azienda, Le invio le seguenti note da cui ci auguriamo Lei possa trarre ispirazione nel caso si dovesse rendere necessario un “Piano B” per l’euro.

= = =

L’ATTUALE SITUAZIONE DI STALLO

I. Dall’inizio della crisi dell’euro, due anni fa ormai, Lei ha continuato ad affermare che la Germania difenderà la moneta unica, nella convinzione, condivisa con gli ambienti politici, economici ed industriali del Paese, che la sopravvivenza dell’euro è un nostro precipuo interesse nazionale. Per questo la Germania ha speso un ammontare enorme di denaro pubblico, sia nella forma dei contributi ai vari “fondi di salvataggio” che in quella del contributo della Bundesbank ai rischi crescenti a cui si è esposta la BCE. Contemporaneamente, Lei ha cercato di minimizzare l’impatto di tali manovre per i contribuenti tedeschi, insistendo affinché gli stati beneficiari dei programmi di sostegno adottino dei programmi di austerità e di rientro del debito e, più in generale, cercando di resistere le pressioni per una “mutualizzazione del debito europeo” – in altre parole che la Germania si facesse carico dei debiti degli altri Paesi. Lei ha, infine, concesso ad un ruolo più ampio del nostro Paese nel farsi carico dei debiti altrui, nell’ambito però di controlli più stretti sui bilanci degli Stati beneficiari.

II. Questo piano non sta funzionando. La Grecia è ormai al collasso. Irlanda e Portogallo stanno facendo qualche progresso sulla via del risanamento, ma si tratta di un percorso ancora tutto da compiere. Ancora più preoccupante la situazione della Spagna, che potrebbe presto necessitare di un salvataggio di tutto il suo “sistema Paese”, e non solo delle sue banche. Quest’ultimo, infatti, contrariamente alle Sue aspettative, pare non sia sufficiente. E oggi i problemi della Spagna stanno influenzando anche l’Italia, mettendo a rischio anche il lavoro – non del tutto soddisfacente, ma impensabile fino all’autunno scorso – di Mario Monti. Sotto il capitolo “Italia”, non possiamo che apprezzare il lavoro diplomatico da Lei svolto affinché l’Italia si liberasse di Silvio Berlusconi, l’uomo che più di tutti è responsabile per il disastro non solo economico in cui versa questo splendido Paese che noi tutti amiamo molto. Nel frattempo, François Hollande non sta facendo abbastanza, e sta giocando al classico gioco “francese” di incolpare sempre noi tedeschi e di continuare a bloccare qualsiasi tentativo di spostare l’asse politico del continente a livello centralizzato. Mario Draghi – dobbiamo riconoscerlo, non ci aspettavamo tanto rigore, impegno e serietà da un romano – sta facendo un lavoro a Francoforte che ha dell’artistico, qualcosa che nessun tedesco potrebbe mai fare… ma il filo su cui lui cammina a volte rischia davvero di spezzarsi.

III. Tutto il quadro è pericolosamente instabile. Se la fuga di capitali dai Paesi periferici si incrementa, potrebbe generare una corsa al ritiro dei depositi bancari ovunque in Europa. Questo metterebbe la BCE in una situazione di elevatissima pressione e così, indirettamente, la Bundesbank. Sarebbero a rischio depositi per migliaia di miliardi di euro. La politica nazionale (verrebbe da scrivere “provinciale”) di molti paesi sta diventando pericolosamente populista, di recente, e molti apertamente parlano di “Quarto Reich” addossando a noi i loro problemi e gettando fumo negli occhi dell’elettorato.

LA NECESSITA’ DI UN “PIANO B”

IV. Da qui la necessità di considerare una strategia alternativa. Noi non pensiamo ad una rottura integrale dell’accordo che unisce gli attuali 17 Paesi dell’area euro. Questo sarebbe ovviamente anche molto dannoso per gli interessi nazionali tedeschi, e distruggerebbe il rispetto che a caro prezzo ci siamo guadagnati a partire dalla seconda guerra mondiale anche grazie al nostro contributo costante e leale alla costruzione dell’Europa comune. Ovviamente, una ritorno della sola Germania al marco tedesco sarebbe una maledizione per le grandi aziende esportatrici tedesche. Per questo abbiamo pensato ad un “Piano B” che è una delicata operazione di chirurgia selettiva, tagliando fuori gli stati che non ce la fanno e che non hanno speranze di farcela.

V. Proponiamo due opzioni. In primo luogo, quello che è ormai inevitabile: l'uscita della Grecia. Consideriamo come un dato di fatto che il Bundestag non scucirà più un solo euro per ulteriori salvataggi di Atene. Il Governo Greco potrà essere sostenuto con un programma di aiuti straordinari solo una volta uscito dall’euro, per permettere ai suoi ospedali di continuare ad acquistare pregiati medicinali di produzione internazionale e per gli approvvigionamenti energetici di base (diciamo un ulteriore carico di 50 miliardi di euro, a cui la Germania contribuirà per crica il 30%, la cui destinazione sarà controllata dal FMI). Secondo, noi proponiamo un eguale trattamento per i paesi che hanno fallito il test di autonomia finanziaria. Tra questi, ci sembra, non c’è l’Italia, o almeno una parte di essa. La Sicilia, ad esempio, per quanto cara al nostro amato Goethe, non è assolutamente in condizioni di autonomia finanziaria.

VI. Nello studio delle due opzioni, ci siamo fatti guidare da due semplici criter
i: l’interesse nazionale e una rigorosa analisi costi benefici. Ovviamente, abbiamo tenuto conto dei precedenti storici, laddove rilevanti, e del fatto che – come Lei ha più volte ripetuto in passato – la Germania deve essere percepita come strettamente rispettosa di tutti gli accordi internazionali di cui è parte. Abbiamo anche affrontato brevemente alcune tecnicalità legate all’uscita di alcuni paesi. Naturalmente, abbiamo tenuto nel massimo conto i vincoli politici che Lei, Cancelliere, si trova di fronte sia sul fronte interno che verso l’esterno. La cautela è la Sua parola d’ordine, e per questo abbiamo anche considerato attentamente i rischi del Piano B.

MA QUANTO E’ RISCHIOSA L’USCITA ANCHE DI UN SOLO PAESE?

VII. Siamo partiti dalla domanda più semplice. E’ possibile che uno o più paesi escano dall’euro? In linea teorica no. Gli accordi di Maastricht prevedevano – correttamente – l’irreversibilità dell’unione monetaria: una sorta di “Hotel California” da cui non te ne puoi andare mai. Pertanto, siccome gli accordi non prevedono l’uscita, qualora un paese dovesse uscire, dovrebbe essere immediatamente considerato anche fuori dall’Unione Europea. Immaginiamoci questo scenario applicato alla Grecia: non vi sarebbe più alcun titolo agli aiuti economici, il paese piomberebbe nel caos, e tra balcani non ancora proprio “in sicurezza” e una Turchia in rapida espansione anche militare … non ci vogliamo neanche pensare.

VIII. Quali gli aspetti pratici di un’uscita? In primo luogo, per un governo organizzatissimo e in una situazione normale – il che ovviamente non sarebbe il nostro caso – ci vogliono almeno sei mesi per pianificare ed implementare il passaggio ad una nuova moneta. Sarebbe impossibile tenere segreto questo processo (già circolano infatti varie voci su internet che dicono che la Germania stia preparando il ritorno al Marco – a proposito, Lei, Cancelliere, ne sa nulla?) e in caso la voce cominciasse a girare ci sarebbe un immediata corsa generalizzata al ritiro dei depositi che potrebbe contagiare anche paesi non immediatamente interessati al provvedimento. Il che costringerebbe la BCE ad intervenire, in una caotica rincorsa tra risparmiatori che scappano e BCE che gli corre dietro a suon di miliardi di Euro. Beh, uno scenario parecchio caotico e che potrebbe costare almeno un trilione (mille miliardi di euro) all’area euro – 300 miliardi alla Germania, una cifra che ci metterebbe in serissima difficoltà.

SCENARIO “A” – USCITA DELLA SOLA GRECIA

IX. Ammettiamo che si trovi una soluzione a tutti i problemi pratici di cui sopra, e che la Grecia esca dall’euro. Si tratta, ovviamente, di un’opzione meno rischiosa di una rottura completa. Una prima considerazione va però qui fatta subito: i greci non mostrano alcuna intenzione di volersene andare, dovrebbero pertanto essere cacciati via. Ci sono due modi per fare questo. Primo: tagliando tutti i fondi di salvataggio e negando qualsiasi opzione di ulteriore riscadenziamento. Il governo greco sarebbe costretto a questo punto a pagare in cambiali stipendi fornitori e creditori internazionali (qui sarebbero colpite direttamente alcune banche tedesche per somme vicine agli 80 miliardi di euro – un problema non da poco, che ci avvicinerebbe un po’ alla Spagna); e, secondo: la BCE dovrebbe smettere di rifinanziare tutte le banche greche. La Grecia dovrebbe riorganizzarsi e tornare, per forza di cose, alla Dracma.

X. Questo ritorno alla Dracma avverrebbe a cavallo di una “bank holiday” di una settimana. Appena il mercato riaprirebbe, la “Nuova Dracma” sarebbe immediatamente svalutata di almeno il 50%. Questo aiuterebbe un po’ gli esportatori greci e, qualora si riuscisse a tenere la situazione sotto controllo, potrebbe favorire l’economia locale basata molto sul turismo. Questo scenario, trasformando la Grecia in un “Paese Vacanza Low Cost”, servirebbe anche da monito ad altri governi europei che ci sembra stiano scherzando un po’ troppo col fuoco. Sarebbe uno scenario che potrebbe adattarsi all’Italia da Roma in giù… ma qui andiamo sulla fantapolitica (non tanto: un tale in Italia aveva cominciato a pensarci già una ventina d’anni fa).

XI. Ma torniamo ai nostri affari: quanto converrebbe alla Germania un tale scenario? Un grande vantaggio deriverebbe dal fatto che finalmente si tira la linea alla colonna degli aiuti alla Grecia che a vario titolo sono stati erogati da UE, BCE e Germania direttamente, e che dovrebbero invece proseguire nel futuro per mantenere questa finzione che è “la Grecia nell’euro”. Come detto sopra, questa “linea” sarebbe tirata con un ultima partecipazione, per circa 17 miliardi di euro, ad un piano di transizione che permetta alla Grecia di continuare a rifornirsi di medicinali ed energia e che varrebbe, complessivamente, circa 50 miliardi di euro.

XII. Finirebbe in questo caso anche la “fiction” contabile dei nostri crediti – e di quelli degli altri partners europei – verso la Grecia. Circa 320 miliardi tra pacchetti di salvataggio, bond sottoscritti dalla BCE e sistema di aiuti “Target 2”. Di questi soldi, circa 118 miliardi sono stati tirati fuori dalla Germania. Diciamo che non tutti sarebbero persi, ma, facendo un calcolo rapido, almeno la metà sarebbero carta straccia. Il tutto senza considerare i contributi che lo stato tedesco dovrebbe tirar fuori (come gli altri stati europei, d’altronde) per “proteggere” le sue banche e i suoi risparmiatori per tappare il buco creato nel sistema bancario da questo default. Diciamo altri 10 miliardi per noi tedeschi.

XIII. Tirando le somme, stiamo parlando di 120 miliardi di euro, circa il 4,5% del nostro prodotto nazionale. Un affare, specialmente considerando che in caso contrario dovremmo continuare a sostenere la Grecia, e forse qualcun altro, per almeno altri 10-15 anni.

SCENARIO “B” – EURO A 12

XIV. C’è un rischio molto serio che l’uscita della Grecia possa trasformarsi in una vera e propria calamità finanziaria, data la (prevedibile) presa di coscienza da parte dei mercati che l’euro non è più irreversibile. Ci potrebbe essere un collasso completo del mercato finanziario, con i flussi tra banca e banca e tra banche e clienti completamente interrotti. Questo potrebbe sottrarre qualche punto percentuale di crescita al PIL globale se protratto per qualche giorno; e potrebbe trasformarsi in una crisi simile a quella del ’29 in cui, ricordiamo, il 25% dei posti di lavoro andò perso. Il panico che potrebbe generarsi costringerebbe la BCE il FMI e tutti i governi ad intervenire pesantemente nell’economia. Per la Germania significherebbe, in pratica, la firma di un assegno in bianco protratta per mesi. Senza alcun controllo sui livelli di spesa dei beneficiari, e senza alcuna garanzia di rientro, s’intende. Una minaccia molto seria al patrimonio di famiglie e aziende tedesche, ed un impegno troppo grande anche per il bilancio federale.

XV. Dato il prezzo elevato che la Germania si troverebbe a pagare in caso di scenario “A”, conviene accantonare l’ipotesi di uscita anche solo della Grecia? Non necessariamente. Visto da un altro lato, si potrebbe pensare che l’uscita della sola Grecia, per le conseguenze di tipo incontrollato che potrebbe attivare, sia uno scenario rischioso e con un profilo costi/benefici non convincente.

XVI. Se la Germania si troverà comunque a fare concessioni importanti (e programmate) in caso di uscita della Grecia, e se l’uscita anche della sola Grecia, come abbiamo visto (Cfr. XIV), comporta comunque un rischio altissimo di ulteriori ingenti e non quantificabili impegni, potrebbe allora avere più senso fare delle concessioni per tagli più radicali che possano davvero creare le condizioni definitive per il superamento di questa crisi.

XVII. Già 5 su 17 st
ati hanno ricevuto dei pacchetti di aiuti o hanno chiesto di essere salvati: una testimonianza molto pratica che non sono in grado di gestire le opportunità e i vincoli della moneta unica. Altri 4 – Irlanda, Portogallo, Cipro e adesso anche la Spagna – sono in bilico nella zona “retrocessione”. Espellerli tutti potrebbe essere meglio sia per loro, che per la Germania e per la rimanente area euro.

XVIII. Gli squilibri di questi paesi riguardano sia l’indebitamento dei privati (aziende e individui), come nel caso dell’Irlanda, di Cipro e della Spagna; che quello dello stato, come è drammaticamente palese per la Grecia e, in misura minore, per il Portogallo. Ma la debolezza strutturale di tutti questi paesi è che essi sono esposti verso creditori esteri per somme di molto superiori rispetto ai propri crediti all’estero. Sono paesi fortemente sbilanciati verso l’esterno. E il mondo esterno, per questo motivo, non si fida più di loro. In ognuno di questi paesi, infatti, il debito verso l’estero è superiore ai crediti esteri per cifre comprese tra il 80% e il 100% del PNL nel 2011, il che li fa chiaramente cadere in una “serie B” dei paesi euro in quanto “dipendenti dall’estero”. L’Italia, tanto per dare un paragone, è molto indebitata, ma vanta quasi altrettanti crediti verso l’esterno. Il saldo debito/credito italiano corrisponde a un debito netto del 21% del PNL, inferiore, ad esempio, a quello degli USA, che è del 27% (per questo la Cina è così preoccupata delle scelte della Fed…).

XIX. L’Italia, inoltre, costituisce un caso a sé che merita un intero paragrafo. Un paese la cui struttura economica è molto squilibrata: quasi il 90% degli investimenti privati in aziende private (un indicatore molto prossimo della capacità di creare valore aggiunto) avvengono nelle regioni del nord. L’Italia è, per certi versi, una Baviera che si ferma poco a sud di Bologna. E come la Baviera, ha un’importanza strategica per molte aziende tedesche, oltre ad essere un territorio di investimento per noi (ricordiamo solo il recente acquisto della Ducati da parte dell’Audi e il corteggiamento, sempre del gruppo Volkswagen, per l’Alfa Romeo). Dopo i disastri e le bugie di Berlusconi, questo Paese sta tentando un percorso di risanamento che, lungi dal liberare le sue energie – e ve ne sarebbero anche a sud di Bologna – continua a mantenere le tutele di chi ne ha troppe lasciando nel limbo chi è fuori dal mondo del lavoro o dalle professioni. 3 Italiani su 10 di età compresa tra i 25 e i 30 anni lavorano, in Germania quelli che lavorano nella fascia tra 25 e 30 sono 7. La politica, la privilegiatissima e imbelle politica italiana tiene tutto fermo, in un grande gioco clientelare per cui i privilegiati dell’economia pagano (con i soldi di tutti) i molti, moltissimi privilegiati della politica. E i sindacati bloccano tutto da sinistra (sinistra?).

XX. Ma l’Italia va tenuta dentro. Non solo perché è diretto interesse di molte aziende tedesche, ma anche perché il venir meno di paesi come l’Italia (e la Francia) significhere la fine dell’intero progetto europeo. L’Italia, inoltre, come abbiamo visto (Par XVIII) potrebbe far parte, dati i suoi crediti esteri, di un grande piano di mutualizzazione del debito euro – di un’euro “core”, però. Il vantaggio principale di questa soluzione è che porrebbe una parola fine alla crisi in cui ci dibattiamo da due anni ormai senza speranze. Il nuovo euro, in pratica, farebbe a meno di Portogallo, Irlanda, Spagna, Cipro e Grecia.

XXI. Ovviamente, nel breve termine, il costo dell’uscita di 5 paesi è molto più pesante dell’uscita della sola Grecia. Irlanda, Portogallo, Spagna e Cipro non sono in condizioni disperate come la Grecia, ma avrebbero comunque bisogno di qualche supporto per un’uscita il meno dolorosa possibile. Diciamo un pacchetto di aiuti di ulteriori 100 miliardi, di cui circa 30 toccherebbero alla Germania. La BCE, inoltre, vedrebbe ridursi di molto il valore dei suoi crediti verso questi 4 paesi, che ammontano a circa 600 miliardi. Tutto considerato, l’uscita di Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda e Cipro comporterebbe perdite di circa 1.100 miliardi di euro, di cui circa 350 miliardi di competenza della Germania. Il 15% del nostro PIL, che farebbe schizzare il nostro rapporto debito/PIL a quasi il 100%. Da considerare che anche molte aziende e individui tedeschi sono esposti per circa 200 miliardi verso queste economie, e che magari bisognerà pensare a qualche “rete di protezione” per evitare che la perdita comporti danni sistemici alla nostra economia.

XXII. L’ipotesi di ricreare un “eurogruppo” di paesi virtuosi o “strategici” avrebbe molti vantaggi, ma dovrebbe necessariamente passare dall’assicurazione di Francia e Germania di adottare politiche di sostegno all’economia simili a quelle che la Germania ha in vigore da oltre 10 anni. Liberalizzazioni, cessioni del patrimonio pubblico, riduzioni del peso della politica nella vita economica, abbassamento delle tariffe, eliminazione di tutti i monopoli e di tutte le mille corporazioni che frenano la crescita ed impediscono l’accesso al mondo del lavoro per milioni di italiani. Basti pensare che, in piena crisi economica, l’Italia non è riuscita a creare una sola nuova licenza taxi – eppure trovare un taxi a Roma il lunedì mattina è mission impossibile – e i politici italiani erano pronti a creare un “albo degli installatori di modem ADSL” con tanto di ordine professionale, esami e ovviamente, diritti e tasse varie. Per attaccare un cavetto ad una presa!
La fantasia malata e l’ignoranza dei politici italiani non hanno davvero eguali al mondo.

XXIII. Il rischio più grande di questo scenario, come si vede, e che il restringimento dell’euro non sia credibile per colpa di qualche politico cialtrone e ignorante che – non solo in Italia, ovviamente – mantiene una sorta di potere di veto che impedisce un progresso ragionevole e un coordinamento centralizzato delle misure fondamentali di guida dell’economia. Basta che qualcuno dica no o si inventi un cavillo – come di recente successo da noi per il tentativo di rinvio del pronunciamento della Corte Costituzionale Tedesca sul Fondo Salva Stati per opera del Professor Markus Kerber – e tutto rischia di ripiombare nel caos.

XXIV. Quello di cui ha bisogno l’Europa – e questo Lei, Frau Merkel, lo sa bene – è la creazione di un sistema di regole economiche comuni, come fu per lo “Zollverein” dei tempi di Bismarck o per la Costituzione USA. Giungere a questo seguendo la Sua attuale politica dei “piccoli passi attendisti” a nostro giudizio non è più consigliabile. Scopo di questo memorandum è quello di aprire un dibattito su ipotesi alternative. Rischiose si, ma che ci tolgano da questa dolorosa, pericolosa e costosa impasse.

Mit freundlichen Grüßen,

Dr. Eng. Klaus Mayer

Non so per il resto, ma sul fatto che i nostri politici siano dei cialtroni ignoranti non si puo' che concordare!

Ho letto la versione pubblicata dall'Economist e quella tradotta ma non coincidono. Per esempio il passaggio sulla Sicilia manca completamente nel testo inglese.

Ho letto la versione pubblicata dall'Economist e quella tradotta ma non coincidono. Per esempio il passaggio sulla Sicilia manca completamente nel testo inglese.

manca perchè ovviamente il "traduttore" non può far passare l'idea che fuori dall'Italia tutta la propaganda sulla casta e scemenze varie usate per giustificare i tagli criminali del governo non se la fila nessuno, perchè NON è quello il motivo della crisi italiana. E infatti l'Economist non parla di queste scemenze, ma di cose serie, come per esempio il bilancio tra titoli di stato nazionali posseduti da stranieri e titoli di stati esteri posseduti da italiani, che per l'Italia è "solo" di -21% (ovvero gli stranieri hanno più BOt di quanti titoli esteri abbiamo noi, ma non di molto), che è più o meno la percentuale francese ed è inferiore al -27% USA, e MOLTO inferiore al -80-90% dei 5 paesi europei ormai fottuti (Grecia, Spagna, Cipro, Portogallo e Irlanda).

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