Notifiche
Cancella tutti

sport: derby di hockey

   RSS

0
Topic starter

C'e' una squadra di hockey che e' unica nel suo genere in Europa. Si tratta dell'Ambri'-Piotta. Ambri' e' una minuscoila comunita' di ca. 300 abitanti. Eppure ha una squadra di disco su ghiaccio che ha perfino vinto una volta la coppa europea. E' un club fortemente radicato nel cuore dei suoi tifosi, che non sono solo quelli di Ambri' ma vanno dal canton Uri fin giu' al Mendrisiotto. Perfino molti luganesi tifano Ambri'. Eggia', e' per via dello stile di societa' diverso. L' HC Ambri'-Piotta e' una societa' sportiva che deve centellinare i soldi. Sta in piedi (a malapena) grazie all'apporto di migliaia di soci sostenitori. L'HC Lugano invece e' sostanzialmente finanziato da un ricco magnate locale, la famiglia Mantegazza. E' anche l'unica societa' di Hockey d'alto livello ad essere presieduta da una donna.

Questa sera si gioca il solito derby che scatena gli animi degli appassionati. L'Ambri' parte favorito, anche perche' e' la prima volta da anni annorum che si trova in testa al campionato. Dispone anche dei due migliori portieri del campionato. Nell'hockey un buon portiere vale mezza squadra. E l'allenatore, il buon Pelletier, e' uno che sa tirar fuori il massimo dagli elementi a disposizione.

Chi volesse per curiosita' sentire l'ambiente del derby, la RSI lo diffonde anche in streaming qui, dalle 20h, inizio partita alle 20h30:
http://www.rsi.ch/sportlive/#sport=1
In televisione si perde la veduta d'assieme, oltre che il clima ricco di canti, urla e fischi. L'hockey va visto dal vivo. E se vince l'Ambri' tutti cantano: la montanara ueh...

Oppure c'e' sempre la radiocronaca diretta, vecchio stampo, dove e' la fantasia piu' che altro a far palpitare il tifoso:
http://reteuno.rsi.ch/home/networks/reteuno/
cliccare in alto a destra "ascolta la radio"

--
Da:
http://www.gdp.ch/articolo.php?id=5437

Il derby visto da Scandella e Andersson
Lontani dai riflettori, ma sempre in prima linea

di Pietro Filippini e Flavio Maddalena - 29 ottobre 2013

DIEGO SCANDELLA e una vita da... assistente. Si potrebbe riassumere così, senza assolutamente voler essere ingenerosi, la sua carriera. Uno a cui l’hockey scorre nelle vene e si vede. Una passione che l’ha portato dall’esperienza in Italia alla Svizzera, al Ticino. Sbarcato a Lugano nel 2000, il 49enne italo-canadese ha vissuto momenti di gioia e sconforto sia con i colori bianconeri, sia, dal 2008, in biancoblù. Sempre al fronte, in prima linea, ma (quasi) mai da allenatore, bensì da fidato e affidabile assistente. «Sono ancora in contatto con la Federazione ungherese – ci ha spiegato Scandella, che ha guidato la nazionale magiara anche alle recenti qualificazioni ai Giochi olimpici – e la porta rimane aperta. Avrei anche voglia di fare l’head coach di una squadra di club, ma per il momento sono contento della mia situazione ad Ambrì.

Quando si lavora con persone come Serge Pelletier (*), che non ti mettono in secondo piano a dispetto dei ruoli e con cui si possono stringere degli ottimi rapporti umani, ci si può ritenere fortunati.

Forse un giorno arriverà l’opportunità di cambiare e allora la valuterò, ma la questione non mi assilla».

E proposito di Pelletier: come è riuscito a ribaltare in modo così clamoroso l’andamento della squadra?

Rispetto a Constantine, che era tatticamente molto rigido, Serge lascia più libertà ai giocatori, ma allo stesso tempo li responsabilizza. Questa è la sostanziale differenza. Lui è da una vita in Svizzera e conosce molto bene sia la mentalità del giocatore indigeno, sia quella degli stranieri. Inoltre, nel nostro staff i compiti sono ben definiti, così che i giocatori sanno esattamente a chi rivolgersi se hanno un determinato dubbio. Così facendo c’è molto dialogo fra staff e giocatori: parliamo tanto anche a livello individuale e spieghiamo esattamente ai ragazzi cosa vogliamo da ognuno. Ed è anche molto importante che loro si esprimano e ci dicano quello che pensano.

Quanto sono incisivi i nuovi acquisti?

Ci stanno sicuramente dando una mano, ma, ripeto, è la mentalità che sta facendo la differenza. È bello vedere che ognuno si prende le proprie responsabilità aiutando i compagni. Se qualcuno non segue le direttive dell’allenatore, possiamo stare certi che dall’interno della squadra arriverà un messaggio... d’allarme. Si percepisce che c’è grande voglia di lavorare. Quando i risultati non arrivano, come negli scorsi anni, c’è frustrazione e si entra in un circolo vizioso, mentre adesso va tutto in automatico. Abbiamo avuto pochi infortuni, i portieri sono in forma, la difesa regge e gli attaccanti, oltre a segnare con frequenza, svolgono anche un ottimo lavoro difensivo.

Il tuo omologo sulla panchina del Lugano è Peter Andersson...

Lo conosco dai tempi di Lugano e già si vedeva quando giocava che aveva “testa” e una visione di gioco fuori dal comune. Infatti non è un caso se lo scorso anno ha avuto successo in Svezia. Il fatto che abbia accettato di andare a Lugano con il ruolo di assistente è inoltre un’ulteriore conferma della sua umiltà: dopo essere stato lontano dal nostro campionato per anni (ha lasciato il Ticino nel 2001, ndr) voleva sicuramente conoscere meglio la nostra realtà prima di fare l’head coach. È sempre stato un gran signore e sono convinto che farà strada.

Intanto stasera c’è derby, che voi affrontate da favoriti…

Non c’è un favorito nei derby. È vero, noi stiamo attraversando un buon momento, ma anche il Lugano è in ripresa. Da parte nostra non dovremo assolutamente pensare di dover fare qualcosa di diverso rispetto al solito. Ci vorrà umiltà e rigore difensivo, poi il resto verrà da solo…

PETER ANDERSSON è un tipo umile. Difficile abbozzare diversamente il ritratto di un uomo celebrato solo qualche mese fa in Svezia – sissignori, la patria dei campioni del mondo – quale miglior allenatore dell’anno e capace però di ripartire di punto in bianco come “semplice” spalla di un debuttante (**). Andersson comunque si dice felice e convinto di questa scelta. «Sai – ha confidato il 48enne svedese – Non si smette mai di imparare a fare l’allenatore e talvolta il modo migliore per imparare è... essere assistente».

Quindi da head coach ad assistente non è un passo indietro?

Non per me! Sono venuto a Lugano perché conoscevo il club, avendoci già giocato in passato (tra il 1997 ed il 2001, ndr), e ho accettato di buon grado questo ruolo quando Fischer me l’ha proposto. Fare l’assistente mi piace e, visto che arrivo dal campionato svedese, mi permette di inserirmi meglio nella realtà svizzera. Senza dimenticare che posso benissimo portare i miei punti di vista a “Fischi”: difatti noi due parliamo molto…

Andersson e Fischer: due personalità forti. Non litigate mai?

Siamo onesti l’uno con l’altro e capita che discutiamo anche a lungo finché troviamo la soluzione che reputiamo migliore per la squadra. Trovo che questa sia una cosa molto bella e importante. Se io fossi l’allenatore vorrei avere attorno a me delle persone che non sono sempre d’accordo con tutto quello che dico. Poi naturalmente l’head coach è Fischer, ma a lui non interessa il prestigio. Come allenatore lui è intelligente. Sa leggere molto bene le situazioni di gioco, cura i dettagli e si preoccupa che i suoi giocatori lavorino sem
pre con intensità. Penso che lo aspetta un grande futuro, come allenatore.

E cosa ci dici di... Peter Andersson?

Ah, ecco una cosa di cui non mi piace parlare (ride, ndr): devono essere gli altri ad esprimersi!

Il tuo futuro prossimo, intanto, dice che stasera sarai ospite di un Ambrì che, per la prima volta da tempo immemore, parte con i favori del pronostico in un derby…

Sì, credo che sia così. L’Ambrì sta giocando veramente bene, ognuno sta interpretando al meglio il proprio ruolo e la squadra ha molta fiducia in sé stessa. D’altra parte Serge Pelletier è uno che sa fare bene il suo lavoro. Io l’ho avuto a Lugano quale assistant coach: era giovane ma potevi già dire che sarebbe diventato un buon allenatore. Ha bazzicato per tanto tempo nelle piste svizzere e conosce bene questa realtà. Se il suo Ambrì mi ricorda quello del 1999? Sì, è possibile.

Per quanto riguarda il Lugano, invece, la squadra dovrà ripartire dall’ultimo paio di partite, in cui il collettivo ha mostrato dei miglioramenti, tatticamente. In un derby però conta anche essere forte mentalmente… E noi lo saremo!

Il derby è sempre lo stesso o rispetto ai tuoi tempi è cambiato qualcosa?

Difficile da dire. Ma quel che è sicuro è che il derby rimane una partita che vuoi vincere a tutti i costi!

Raccontaci un tuo ricordo speciale legato ai derby…

Ovviamente quella volta in cui abbiamo vinto il titolo ad Ambrì! Ricordi negativi? Una volta mi sono ferito all’occhio, con una bastonata. Era il 1997.

--
(*) allenatore canadese quebecquois dell'Ambri'
(**) Patrick Fischer e' alla sua prima esperienza da allenatore di club, ai recenti mondiali ha fatto da allenatore in seconda della nazionale

Condividi: