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Controllare la delusione


GioCo
Noble Member
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PREMESSA

Questo contributo somma diversi argomenti per cui mettevi comodi e scegliete eventualmente quelli che preferite, dato che li divido con una sottotitolatura.

Non intendo comunque "caricare" gli stessi, ma mantenerli leggeri in termini di parole spese, anche se come sempre cercherò di mantenere linearità e immediatezza.

Ovviamente li metto insieme perché hanno un filo conduttore comune che nel titolo dovrebbe essere chiaro, comunque lo ribadisco per semplicità: si tratta di ridefinire significati in modo che il nostro "intendere il mondo" sia più attrezzato e in equilibrio con ciò che avviene, indipendentemente da ciò che avviene.

1. LA TECNOLOGIA NON E' MAI EVOLUZIONE

Una delle infinite significazioni che sono state pesantemente rielaborate e che ci costringono a rimanere entro stretti recinti di pensiero che si auto-annichilisce e ci rende incerti, insicuri nel leggere la realtà che ci circonda, spesso e volentieri rimanendo superficiali per non vedere morire le nostre "ragioni ragionevoli" faticosamente concquistate magari con anni di pazienza e studio, è l'idea di scienza che è stata sostituita dalla tecnologia. La scienza è semplicemente una pratica per fare ricerca, un metodo come amano ripetere i pignoli. La tecnica è invece una pratica che serve a ottenere un qualche risultato. Ad esempio ho bisogno di scavare fondali marini e quindi ingegneristicamente affronto questa sfida inventandomi una nuova tecnica che mi permette di arrivare a profondità mai raggiunte prima. Mentre è chiaro che se osservo non cerco risultati, cerco di capire cosa sto osservando e per farlo ho a disposizione una serie di strumenti concettuali che possono condurmi indifferentemente a conclusioni errate o corrette e quindi devo accettare che le mie conclusioni possono tranquillamente essere errate, la tecnica non tollera fallimenti e se fallisci paghi. Certamente la misura è uno di questi strumenti condivisi da entrambi gli approcci, tecnico e scientifico, ma per la maggioranza dei non addetti ai lavori questa della misura è una sorta di "validazione", di "prova" sperimentale che rapidamente trasforma l'osservazione scientifica in certezza fideistica. Da qui alla famigerata frase "lo dice la scienza" come se la scienza fosse un macchina per produrre dogmi, quando nasce esattamente per sconfessarla.

Tuttavia se noi facessimo di questo un argomento per tentare di sbugiardare chi usa la scienza come grimaldello per validare le prorpie fragili tesi, finiremmo per commettere una serie imperdonabile di gravi errori. Come ripeto (generalmente inascoltato) l'emozione comanda sempre. Che non vuol dire che comanda in ogni caso, ma che se pretendo di usare la forza della ragione per combattere un emozione (in via diretta e intuitiva) dovrò prepararmi a infinite sfrustrazioni. Perché l'emozione è "la ragione più forte" in quanto è quella atavica di tutto il nostro corpo e noi ragioniamo con il corpo non con il cervello. Per capire come la ragione possa comandare l'emozione è necessario vedere l'emozione come un continuum di un unico ente che ha la sua massima espressione nell'emozione e la sua minima nella ragione. Per ciò la ragione è sempre succube dell'emozione. Ma questo non vuol dire che l'emozione non abbia la sua specifica ragione d'essere. In altre parole non c'è irrazionalità nell'emozione. Quando contrapponiamo la ragione all'emozione "si chiude un circuito ad anello" che si autoalimenta. Questo può essere capace di restituirci energia ed essere così un circuito virtuoso o di sottrarla e diventatre così un vizio, un abitudine, una dipendenza o legame materiale che alimenta l'identificazione nel corpo e nella sua attività elaboratrice. L'uno e l'altro anello sono piacevoli ma agiscono questo piacere in modi differenti. 

Un conto è il piacere del vizio, ad esempio fumare o fare le cose di fretta. Sono piaceri corporei che ci convincono della loro stessa necessità mentre ne proviamo desiderio ancora prima di metterli in pratica, ma se potessimo farne a meno siamo i primi ad ammettere che sarebbe meglio. Il piacere della virtù invece è auto-conclusiva e sempre desiderabile, quando messa in pratica ci fa sentire bene persino nel ricordo anche se lavora per la sua stessa eliminazione e per ciò paradossalmente ci pare "breve", tant'è che numerosi detti popolari lo sottolineano, ad esempio "le cose belle non durano mai" oppure "i buoni sono i primi ad andarsene". Non è difficile per ciò che una virtù conduca a un vizio e viceversa che un vizio sia foriero di una virtù. Tuttavia mentre è relativamente facile cadere in un vizio a partire da una virtù (vera o millantata) semplicemente esagerando oltre il tempo proprio in cui ha senso spendere la virtù, non è altrettanto facile trovare la strada per abbandonare un vizio che per sua natura vorrebbe "essere per sempre".

Bene, detto questo c'è però un errore nell'errore di significazione. Dal momento che (senza che ce ne rendiamo conto) usiamo la tecnologia come termine discriminatorio per validare le nostre osservazioni, invece che una sana ricerca "vuota del sapere di sapere" il senso che ha ciò che osserviamo, otteniamo una confusa conoscienza che si sovrappone inevitabilmente alla crescita evolutiva (umana) come se fossero la stessa cosa. Come se l'uso di un bastone per un primate rendesse più evoluto lo stesso rispetto a un delfino o a un polipo, che magari non usano attrezzi ma agiscono in modo infinitamente più saggio senza. In effetti questa idea di evoluzione è propria di una catena che è stata cavalcata politicamente nei secoli, ma che adesso inizia a diventare estremamente perniciosa. La conoscienza tecnica non è segno evolutivo (ne per noi ne per eventali "alieni" con più conoscienze delle nostre) così come non è un segno evolutivo che un bambino di 3 anni maneggi un arma da fuoco carica... o un militare un sistema d'arma nucleare (che è la stessa cosa, per entrambi sono dipendenze emotive, tant'è che il miliare come il bambino se privati dei loro giocattoli vengono gettati nell'angoscia e nella disperazione).

L'evoluzione da quando il Tempo è iniziato è sempre stata segnata da un certo livello di saggezza e gestione emotiva che da sempre è espressione corporea: è il buon uso del corpo, qualsiasi corpo. Per questo nel tempo i modelli animali hanno sempre significato per l'Uomo una guida al suo proprio comportamento. Il trasumanesimo non solo disconosce questa evidenza evidente ma la trasfigura nel suo esatto contrario: la tecnologia ci consente di modificare un corpo considerato aprioristicamene difettoso e limitante al punto che non ci permette di fare cose che invece per altri esseri viventi sono naturali. Ad esempio ci dona la vista del falco o la velocità del ghepardo. Non solo, si spinge molto oltre e ci permette di fare anche di più e di meglio. Ma come ribadisco spesso non si preoccupa mai di informarci a quale prezzo concede queste "meraviglie". Questo ci porta al secondo argomento.

2. IL TRANSUMANESIMO E' LA SOGLIA DELL'ARRESTO EVOLUTIVO

Il corpo è sicuramente un limite e quello umano è un corpo particolarmente ricco di limiti, anche ingiustificabili, rispetto uno animale e selvatico. Ad esempio è pieno di difetti genetici che ci restituicono stati patologici anche molto gravi. Ma ogni limite è un incentivo ad affrontare la vita nei suoi aspetti relazionali con il Mondo. Gli esempi si sprecano. Cito a caso: Milton Erickson ha fatto della paraplegia il fondamento stesso della sua carriera di psicoterapeuta "alternativo", dimostrando come di fatto ben pochi limiti umani sono da considerare insuperabili o bloccanti e quindi necessitanti di intervento tecnologico che ne faciliti la soluzione. Questo esempio lo cito anche per il modo con cui è stato superato il limite con l'osservazione e l'immaginazione, due strumenti straordinariamente potenti e infinitamente superiori rispetto a qualsiasi tecnologia oggi in nostro possesso.

Guardacaso però essi sono esattamente "l'avversario" del transumanesimo per eccellenza. Pensiamo ad Hawking e come sia portato ad esempio della compensazione tecnologica (=protesi) necessaria a sopperire la perdita della parola (anche Erickson aveva il suo destino segnato allo stesso modo ma ne uscì senza protesi). Infatti, la prima cosa che dovremmo chiederci è "in cambio di cosa ci viene data tutta questa fantastica tecnologia futura?" a parte la facilitazione nell'affrontare il limite, ovviamente. Molto semplice, in cambio della rinuncia a osservare e immaginare. Lo faranno le macchine per noi e questo dovrà bastare. Il fatto che si debba poi arrivare all'obbligo rende solo evidente quanto sia fragile l'ideologia transumanista nelle sue fondamenta concettuali.

Ovvio che non basterà a evitare il peggio ed è ovvio che questo prefigura solo un incubo obbligato da un sonno comatoso in cui l'umanità è condannata a sprofondare. Ma questo ci porta al terzo argomento.

3. IL VAMPIRISMO E' L'INATTENDIBILE NON L'IMMORTALE

L'unico modo che ha di sopravvivere il transumanesimo futuro è quello di fagogitare ogni vita finché ne resta, bere ogni goccia del sangue che scorre insieme alla speranza di un futuro, cioé insieme all'immaginazione e all'osservazione che nel vampiro sono consumate dall'eterna fame che catalizza tutte le sue energie, dato che il sangue non può produrselo da solo, non ha quella capacità.

Quindi l'Uomo è preda del vampiro, ma è più potente perché non ha bisogno di sangue per vivere, quindi non sente la sete e il desiderio (perverso) che prova il vampiro del prossimo "vivo". Considera la vita un fatto scontato e non ha il punto di vista di un esoparassita. Come una macchina che invece condivide certamente di più (concettualmente) con il vampiro rispetto alla materia organica vivente.

Ora, la tradizione orale ci restituisce il vampiro come una figura immortale. Cioé una forma di immortalità propria di una dannazione. Una maledizione eterna insomma. Tralasciamo che questo fa molto cattolico, con l'eternità di una pena data dalla condanna divina, nel tempo abbiamo "riesumato vampiri" in ogni sorta di fantasia perversa, esaltando proprio l'aspetto potente e terrorizzante di questa icona per spaventare e spaventarci meglio. Perché fa figo. Però, però, l'inattendibile è ciò che non è degno di considerazione e il vampirismo era nato apposta per essere questo, qualcosa che non aveva la dignità per essere considerato in nessun caso, ma noi siamo "de' coccio" e non siamo stati contenti finché non abbiamo trasformato in "eroe" se non peggio "tenero amante" il vampiro nostro predatore. Questa tendenza è quella del prossimo argomento ed è la positivizzazione del Male. Un esempio su tutti che ci illumina sulla distorta evoluzione di questo significato allegorico è il capostipite letterario di Stocker che ci ricorda ad ogni riga come il ribrezzo e la repulsione siano le sole emozioni coerenti a sovrabbondare nel ricordare il vampiro, mentre il fascino che esercita è un segno proprio di disagio che è del vampiro stesso e nella sua soddisfazione quando poi muore "tradito" dall'amore (per Mina). Cioé quando la maledizione viene spezzata. La narrazione originale è quindi il palese confronto tra il vizio e la virtù e la difficoltà del transito dal vizio alla virtù (che comporta sempre delle rinunce "costose" in termini emotivi) in contrasto con la facilità del transito dalla virtù al vizio (che comporta sempre del "piacere") e in questo l'icona più rappresentativa è proprio l'amore terreno, operazione di mistificazione perché serviva a trasferire (com'è stato fatto) l'amore per l'infinito e l'allegorico verso quello umano e materiale.

Il processo che porta il vizio a diventare in modo distorto una virtù passa per la colonizzazione dell'immaginario collettivo e per la materializzazione dell'immateriale. Questo ci porta verso l'ultimo argomento.

4. IL VIZIO E' ACCETTABILE SE POSITIVIZZATO

Certo, è accettabile ma solo se NON ci sono icone positive a confronto. Se avete notato la narrativa occidentale ha fatto piano piano piazza pulita di icone positive, rendendo oscure (o "dimenticando") quelle che erano prima positive e positivizzando quelle negative. La positivizzazione non è necessariamente una trasfigurazione del maligno in modo che presenti aspetti anche buoni, ma passa per la giustificazione dei suoi atti riprovevoli e per la esaltazione della potenza che rappresentano. Un po' come dire che le bombe nucleari di Hiroshima e Nagasaki non condannano chi le ha inventate e sganciate, in quanto il massimo del minimo umano, ma sono giustificate come atto di guerra e sottolineano la potenza Americana. Noi è così che oggi le pensiamo "involontariamente" perché è così che ci è stato "ordinato di immaginarle" (*).

Le icone positive hanno subito un tale processo di epurazione che oggi sono di fatto sovrapposte alla debolezza e all'assurdo. Durante i miei anni accademici ho sentito con le mie orecchie ripetere in più sedi da più docenti di pedagogia che "non esistono più esempi positivi da seguire". Oggi una icona come Bart Simpson o un antagonista come il Jocker sono estremamente popolari e seguiti come "esempi" nell'immaginario metaforico dei nostri racconti dominanti.

Poi ci sorprendiamo se il mondo (occidentale) va a rotoli e se le proteste davanti a usurpazioni evidenti non riescano a trovare riscontro, ma anzi sono le usurpazioni a trovare sostegno. Mi pare che il passaggio da icone come Cristo, Gandhi o anche solo Arthur "Fonzie" Fonzarelli e la sua passione per le moto e le ragazze che erano di certo vizi che però non prevalevano mai sulle virtù e gli affetti, a cose riprovevoli che basano la loro "forza" sulla giustificazione del cinismo, la sciatteria, l'ignoranza e nemmeno poco spesso la crudeltà bruta che non prova neanche a considerare la mediazione (delle "pulsioni egoiche" direbbe quel gran pasticcione di Freud) se non come imperdonabile fragilità d'animo, come se dipendere dalle proprie emozioni più negative fosse liberatorio e non un sigillo messo alle nostre catene, sia solo da osservare in tutta la sua spettacolare onnipresenza.

Questa costante assenza da tutti i media di icone positive che possano ispirare almeno il tentativo di abbandono del vizio è l'evidentissima resa dell'Umanità alle sue stesse catene che ha così globalmente dichiarato essere simbolo della sua stessa liberazione. Il che ha senso ma non se vengono elevate a fede, solo se si prova a superale con il fine di spezzarle.


(*) faccio notare come in Cina ci sia lo stesso problema nei confronti dell'immaginario collettivo verso lo Stato Cinese, che non tollera la critica, almeno per ora solo in patria.


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