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Immigrazione ed ambiente


swordfish
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L’immigrazione è dannosa per l’ambiente
Ferdinand Linthoe Næshagen
[Sociologo, storico, giornalista]
2 Maggio 2020 | 19:04

Ho già scritto che bisogna costruire la politica sulla morale e la morale sulla conoscenza. Farsi guidare dai sentimenti anziché dalla conoscenza è puro e semplice egoismo e ricerca di autocompiacimento.
Ed infatti nella questione immigratoria viene trascurato qualsiasi approfondimento. Perciò dobbiamo innanzitutto notare che è la sovrappopolazione il fattore che maggiormente influisce sull’ambiente, forse il peggior problema ambientale, come affermato da Bjørn Vassnes in Klassekampen [Lotta di classe, quotidiano di sinistra di Oslo]. Nel 1700 la popolazione mondiale era composta da circa solo 600 milioni di individui, nel 1820 1 miliardo, oggi 7,5 miliardi, e la previsione per il 2100 è di 10 miliardi. L’incremento arriva in maniera prevalente dai paesi meno sviluppati: scrive Massimo Livi-Bacci [professore di demografia presso l’Università di Firenze e politico italiano PD] in Storia Minima della Popolazione Mondiale. Nel 1950 i paesi più sviluppati rappresentavano il 32% della popolazione mondiale, nel 2000 invece solo il 19%, mentre quelli scarsamente sviluppati sono passati dal 68 all'81%. La popolazione è quindi in aumento, in larga parte in paesi asiatici e sudamericani, ma più di tutti in Africa (si legga al riguardo Fuga in Europa. La giovane Africa verso il vecchio continente di Stephen Smith). Ciò significa che stiamo andando incontro ad un mondo nuovo e diverso, e dobbiamo fare in modo di garantire una buona qualità di vita, perchè il mondo può facilmente diventare un luogo pericoloso – al riguardo è utile la lettura del libro di Harald Welzers Climate Wars.
Nel caso dell'Africa salvezza e dannazione sono andate di pari passo, perchè è stata la diffusione di cure mediche a far sopravvivere un maggior numero di persone agli anni dell’infanzia, crescere ed avere figli a loro volta, facendo così aumentare la popolazione. In molte nazioni occidentali il trend si è ragionevolmente fermato ed ha anzi cambiato direzione – scendendo sotto al 2,1% di figli per ogni donna che garantisce un numero di abitanti costante. Sarebbe necessario che avvenisse altrettanto negli altri paesi, ma non abbiamo più molto tempo.
Se non avessero subito il fenomeno dell’immigrazione, le nazioni occidentali avrebbero visto un calo del numero di abitanti. A loro volta i paesi da cui arrivano gli immigrati sarebbero stati costretti a rallentare la crescita della popolazione.
Questo ora non sta accadendo – ci troviamo adesso davanti a quello che l’ecologo Garrett Hardin in un noto articolo ha chiamato “tragedia comunitaria” (da leggere anche il suo libro: Il Dilemma dell’Immigrazione: Evitare la Tragedia Comunitaria): Immaginiamo di essere una comunità, con un prato in comune, dove tutti siano liberi di far pascolare quanti animali vogliano. Inizierà a mancare l'erba, gli animali dimagriranno e daranno poco latte, ma quelli che manderanno al pascolo più animali se la caveranno meglio di chi cercherà di regolarsi mandandone meno.
La soluzione potrebbe essere stabilire il numero massimo di animali che il pascolo possa ospitare, quindi dividere il numero per i comproprietari. Altrimenti si potrebbe suddividere il terreno in aree private dove i rispettivi proprietari possano far pascolare quanti animali desiderino.
La prima ipotesi presuppone un’improbabile lungimiranza e grande capacità di punire o premiare. Impensabile che una qualsiasi organizzazione (ONU) possa decidere quanti abitanti possa avere il mondo, stabilire la popolazione massima di ogni singola nazione, e punire o premiare chi ne trasgredisce o segue queste indicazioni. Rimane quindi l’alternativa di suddividere la comunità in aree private, in cui ognuno, con maggiore o minore lungimiranza, possa far pascolare tutti gli animali desiderati, e contemporaneamente possa scacciare gli animali che gli altri provino far entrare.
Se i nostri politici vogliono affrontare il problema ecologico più grave, la sovrappopolazione umana, ed insieme garantire l’efficienza dello stato, l’unica soluzione è quindi chiudere la porta ad ogni genere di immigrazione. In questo modo i paesi sovrappopolati saranno costretti a prendere i provvedimenti necessari a riportare la popolazione ad un livello ragionevole. In caso contrario saranno loro a subirne le conseguenze e non noi. […]
Un’altra conclusione, che si può trarre dalla lettura del libro di Mathis Wackernagel e William Rees L’Impronta Ecologica- Come Ridurre l'Impatto Umano sulla Terra, è che gli immigrati che arrivano in paesi benestanti ed industrializzati, si trasformano in persone con maggior impatto ecologico, poichè consumano ed inquinano più di quanto avrebbero fatto in patria. Anche per questo motivo l’immigrazione danneggia l’ambiente.

https://resett.no/2020/05/02/innvandring-skader-miljoet/

 


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