Notifiche
Cancella tutti

Pradossi per GioCo


GioCo
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 2210
Topic starter  

Ultimamente mi sono chiesto se aveva senso parlare di questo argomento, in senso educativo (ovviamente) e in seno a una operazione che tecnicamente si chiama "sbilanciamento".
L'idea di fondo è portare il sistema nervoso di ogni individuo di un gruppo in una specie di situazione di stallo in cui coloro che ne vengono coinvolti possono rendersi conto che le risorse cognitive e sociali a disposizione non sono sufficienti ad affrontare un certo problema e risolverlo ma nello stesso tempo creando una situziazione che spinga questi stessi soggetti a cercare la soluzione con approccio intuitivo e creativo (normalmente non stimoliamo questi centri cognitivi in quanto obbligano il sistema nervoso a cambiamenti drammatici).
Il classico incontro di "brainstorming" è un esempio di sbilanciamento in campo aziendale. Ma anche un più triviale "cena con delitto" o "escape room" e perchè no, il classico labirito di specchi di un lunapark, sono esempi ludici altrettanto buoni per chiarire quello di cui sto parlando, cioè una particolare modalità di stressare positivamente i sensi, le emozioni e la capacità elaborativa umana affinché sia indotta alla collaborazione (sia interna neurale che specularmente esterna con altri soggetti coinvolti) invece che alla competizione.

In quest'ambito i paradossi, così come le figure retoriche (come la metafora e la similitudine) tipiche dei racconti mitici e di fantasia autoreferenziali o certi complessi teorici (es. eugenetica), ideologici (es. ordoliberismo) chiusi entro riferimenti che rimandano sempre alle stesse affermazioni rette dal solo richiamarsi vicendevolmente (il "simul stabunt vel simul cadent" di memoria latina) occupano un angolo particolare del vasto mondo meta cognitivo umano, soprattutto perché (nel solo caso dei paradossi) hanno un richiamo matematico preciso.

Vorrei quindi introdurre due esempi di paradossi che ci aiutano in questa operazione di sbilanciamento. Uno è preso dalla teoria dei giochi e in particolare al famoso "dilemma del prigioniero". In questo caso vorrei solo fare notare un particolare: perché il paradosso da per sconato che i soggetti coinvolti siano criminali? Semplice, perché solo in quel caso, dando per implicito che domini la convenienza privata (gioco non-collaborativo o di competizione) daremo per scontato che ci sia qualcosa da confessare. Se infatti pur di ottenere un vantaggio personale entrambi si invetassero confessioni (o anche solo uno) perchè spichiatricamente instabili, accadrebbe che usciamo dalle statistiche, no? Oppure, se si fossero messi d'accordo prima sapendo di correre il rischio, ad esempio con un addestramento, in quanto agenti segreti, ne inficerebbero le conclusioni matematiche, no? Lo stesso se fossero (anche solo) conviniti di avere tra loro un contatto telepatico-empatico, oppure se fossero due fondamentalisti religiosi convinti di servire Dio se si sacrificano. Vediamo come in tutti questi esempi forse il confortante e pulito quadretto matematico di Nesh di una società criminale e competitiva è autoreferenziale persino come gioco teorico e come nella realtà le cose non coincidono molto bene con la teoria.

Il prossimo sbilanciamento è qualcosa di mia invenzione e ragiona ancora su questo rapporto competitivo ma partendo da un altra prospettiva. L'ho titolato "paradosso dello schiavo" e recita così: c'è un padrone e uno schiavo, ed il primo (padrone) ha intenzione di imporre la sua volontà sul secondo (schiavo). Per ottenere lo scopo lo schiavo deve essere convinto di essere uno schiavo e che il suo compito in quanto tale sia di servire la volontà del suo padrone secondo le intenzioni del padrone, in altre parole la sua volontà deve coincidere con quella del padrone. Tuttavia nel momento in cui la volontà viene messa in pratica, sarà lo schiavo ad agire per conto del padrone e quindi lo schiavo dovrà mettere in pratica non la volontà del padrone, ma le sue intenzioni, giacché il padrone per essere tale deve delegare l'azione della sua volontà allo schiavo. Sfortunatamente le intenzioni declinate in azione sono interpretazioni linguistiche per ciò accade un paradosso: per il padrone la volontà converge e l'intenzione diverge, per ciò vivrà sempre con sospetto il rapporto con lo schiavo, per lo schiavo la volontà diverge e l'intenzione converge, per ciò vivrà sempre come limitante la relazione con il padrone. Il rapporto quindi ha il paradosso di apparire efficace e coveniente ma di risultare talmente inefficiente da perdere di ogni efficacia e covenienza sia complessiva che individuale nel tempo (=proggressione depressiva) in quanto produce sistemi complessi autoreferenziali di regole che hanno come unica caratteristica dominante l'incremento (in accelerazione costante) dello spreco "sine die" fino al collasso del sistema. Da notare che questi rapporti di relazione dominano e si rinforzano ad ogni volontà messa in pratica unicamente perché verticali e si ripresentano per ciò solo in questo tipo di relazione tra enti anche nel caso digitale, basta che vi sia "comunicazione linguistica" (o più propriamente semiotica dotata di grammatica) di qualche tipo e che il rapporto verticale sia retto (cioè reso significativo) da tale "scambio linguistico".

Il motivo per cui pare efficace è che la disamina astratta del rapporto non è significativa per misurare lo spreco. In altre parole è nel momento in cui si agisce mettendo in pratica la volontà trasmessa nella relazione verticale che inizia l'incremento dello spreco e per l'azione intrapresa e dato che dipende dall'agito è impossibile rendersene conto analizzando solo il rapporto linguistico tra gli enti. Un esempio classico è il database relazionale (mai terminologia tecnica fu più felice di questa!).
Quando si studia organizzazione dei dati, vediamo che l'organizzazione migliore appare quella detta B-tree o "albero binario". La relazione tra i nodi di un albero binario è generalmente detta "figlio di ..." nel caso gerarchico del capostipite verso i nodi discendenti. Nel caso dell'albero binario viene postulato che ogni nodo si riferisce al padre (tranne il primo detto "root") e può avere un certo numero di figli verso cui rimanda che possono essere a loro volta padri di altri nodi sottostanti. In questo modo posso percorrere l'albero in senso verticale (dal figlio al padre e viceversa) e orizzontale (tra nodi-fratelli con uno stesso padre). Wikicoipiedi poi ci ricorda che: "I B-Alberi portano forti vantaggi in termini di velocità ed efficienza rispetto ad implementazioni alternative quando la maggior parte dei nodi si trovano in una memoria secondaria ..." [fonte wikipedia, 15-10-17]. Tanto per fare un esempio grossolano, i nostri computer hanno una memoria fissa depositata su hard disk che è grossomodo organizzata in questo modo, i record con i dati sta da una parte e le informazioni nei nodi dove ripescare quei dati da un altra e questo permette di trovare velocemente i dati di un programma precedentemente installato.

Ma guarda che caso, non è proprio per l'apparente "efficacia" di un tale medoto di archiviazione che siamo portati ad archiviare masse incredibili di dati perfettamente inutili? Da questo esempio deduciamo che l'analisi matematica ci racconta dei vantaggi della relazione verticale, dove nella applicazione pratica misuriamo invece unicamente un crescendo esponenziale dello spreco di informazione.

Come sempre per quanto riguarda i miei articoli, attendo commenti.


Citazione
Condividi: