Prevalenza d¡ peccati mortali come l'avidità o la rabbia; rinvio di valori positivi come l'onestà o la tolleranza; aumento delle dipendenze (come la droga); aumento di politici corrotti che sono un pericolo per il mondo; sottomissione dei poveri ai potenti; diffusione di epidemie; diffusione di ideologie dannose; degrado del clima; atteggiamento irrispettoso degli studenti verso i loro insegnanti e dei giovani verso i genitori; aumento dei terremoti e dei disastri naturali ...
Non è un'enumerazione dei mali del nostro tempo. O si, ma dal punto di vista induista, come descritto nel Mahabharata; è una conseguenza del fatto che siamo già entrati nel Kali Yuga, la quarta e peggiore fase del ciclo degli Yuga.
Il Mahabharata e uno dei due grandi poemi epico-religiosi dell'India (l'altro e il Ramayana). Scritto in lingua sanscrita, la sua paternità è attribuita a Krishna-Dwaipayana, meglio conosciuto come Vyasa, un guru vissuto in data incerta che ne sarebbe stato il compilatore. Il titolo dell'opera si traduce come Grande India, poiché maha significa "grande" e bharata è un riferimento al mitico re fondatore di Bhárata-Varsha, come viene chiamato quel Paese in hindi. È composto da diciotto parvas (libri) e nei suoi quasi duecentomila versi racconta molte cose, ma quella che ci interessa qui e il Maha Yuga.
Yuga è il nome dato a ciascuna delle quattro ere che formano i cicli della cosmologia indu. In tutto, ci sono 71 cicli nei manvantara, che sono i periodi di 306.720.000 anni in cui sono divisi i kalpa (ogni eone di 4.320.000 anni dalla creazione alla ri-creazione). Cosi, ogni kalpa è composto da mille cicli di quattro yuga, ognuno dei quali dura 432.000 anni. Gli yuga hanno nomi propri: Satya (o Krita) è il primo, Treta il secondo, Dvapara il terzo e Kali il quarto, rispettivamente le età dell'oro, dell'argento, del bronzo e del ferro (senza alcuna correlazione con l'omonima cronologia preistorica).
Il ciclo è caratterizzato dal fatto che ognuna di queste quattro fasi successive è peggiore della precedente, nel senso che c’è un rilassamento morale e fisico dell'essere umano che lo porta alla distruzione. Il ciclo si concluderà con un cataclisma che ristabilisce il dharma (il principio organizzativo indu dell'equilibrio nel cosmo), dando inizio a un nuovo ciclo; in altre parole, alla fine di Kali inizierà un altro Satya. Questo nome, nonostante sia lo stesso, non ha nulla a che vedere con la famosa dea, consorte di Shiva, a cui fornisce energia.
Kali significa "dado" o, più precisamente, la faccia del dado contrassegnata da un uno, una forma un po' retorica per riferirsi alla parte perdente e legata all'albero baheda. Ma in questo caso serve anche a nominare un demone, quindi la traduzione non letterale di Kali Yaga sarebbe qualcosa come Età delle Tenebre.
Nella mitologia indu, Kali è un essere maligno e maleodorante, con la pelle scura, la lingua lunga, le zanne sporgenti, le orecchie appuntite e il muso di un cane, è anche amante di tutti i vizi legati al materialismo: sesso, gioco d'azzardo, alcool.
Tutto ciò si legge nel Kalki Purana, un'opera scritta tra il XVI e il XVIII secolo, che fa parte degli Upapuranas (antologia di testi religiosi) vaishnavisti. Tuttavia, le peregrinazioni di Kali sono narrate anche in altri libri, come il Bhagavata Purana o il Markandeya Purana, tra gli altri, con leggere variazioni e nella Bhagavad-gita, una parte del già citato Mahabharata: il Kali Yuga iniziò durante la mezzanotte del dodicesimo giorno della guerra di Kurukshetra, nota anche come guerra del Mahabharata, che contrappose il clan dei Kaurava a quello dei Pandava per la successione dinastica al trono di Hastinapura (una città nell'attuale stato indiano di Utar Pradesh).
Sebbene entrambe le parti facessero parte della stessa famiglia, si trovarono coinvolte nella battaglia, che attirò altri regni come alleati. Ci sono dubbi sulla base storica della battaglia. Alcuni studiosi la ritengono vera e la mettono in relazione con la Battaglia dei Dieci Re narrata nel Rig-veda (il testo più antico della tradizione vedica).
Alcuni studiosi ritengono che la Bhagavad-gita sia un inserto tardivo del Mahabharata. In ogni caso, la cosa interessante è che lo scontro fu così sconvolgente (i testi dicono che durò diciotto giorni e che solo otto pandavas e quattro kauravas sopravvissero su un numero totale di combattenti che superava fantasticamente i quattro milioni), che divenne l'inizio del Kali Yuga.
Ma non per la battaglia in sé, ma perché quella notte i due eserciti contrapposti combatterono senza la sosta obbligatoria al crepuscolo per pregare e continuarono a uccidersi nell'oscurità, fino all'alba.
Kali, superando la ritenzione del saggio dio Narada, che era solito risolvere i problemi del mondo, si incarnò in Duryodhana, il primogenito dei Kaurava, un guerriero coraggioso e un buon sovrano ma, allo stesso tempo così avido e arrogante da scatenare la suddetta guerra e arrivare a incarnare l'a-dharma (cioè l'opposto del dharma, l'instabilità, l'immoralità, il male) e assumere le qualità di Arishadvarga (o Shadripu), l'effettiva incarnazione dei sei principi fondamentali del Kali Yuga: kama (lussuria), krodha (rabbia), lobha (aviditá), moha (illusione), mada (arroganza) e matsarya (gelosia, invidia).
Poiché, inoltre, Krishna, che fino ad allora lo aveva trattenuto, salì al cielo, Kali ebbe mano libera per irrompere nel nostro mondo sotto forma di crimine, per lo sgozzamento di una mucca. Culmino così il processo di degradazione iniziato nel Treta Yuga, aumentato nel Dvpara Yuga e culminato nell'apocalittico Kali Yuga. A questo proposito, vale la pena di notare che, così come in altri secoli ci furono cristiani che tentarono di calcolare la data della creazione, un matematico e astronomo indiano di nome Aryabhata compose nel XVI secolo un'opera intitolata Aryabhattiyam, in cui collocava con precisione l'inizio del Kali Yuga del nostro tempo tra il 17 e il 18 febbraio 3102 a.C., la data tradizionale - anche se improbabile, come abbiamo visto - della battaglia di Kurukshetra.
Ricordiamo che gli yuga durano 432.000 anni, il che significa che siamo al culmine di questo periodo sinistro. Di conseguenza, al toro metafora del dharma, che perde una zampa in ogni yuga, non resta che una zampa per sostenersi. Come se il vaso di Pandora fosse stato aperto, di conseguenza all'elenco dei mali enumerati all’inizio di questo articolo se ne aggiungeranno molti altri, come la sostituzione delle virtù con il vizio, i matrimoni per mera lussuria, l'orgoglio di coloro che si credono dei, la dissoluzione dell'istituzione della famiglia e persino l'accorciamento della vita umana, che non supererà i vent'anni (anche se si presume che nel Kali Yuga la vita media sarà di cento anni).
C’è qualcosa di cui preoccuparsi? Dipende. È vero che alcuni pensatori, mistici ed esoteristi della fine del XIX e dell'inizio del XX secolo hanno ripreso il concetto di Kali Yuga; tra questi Madame Blavatsky, il filosofo René Guénon, e lo studioso antroposofo Rudolf Steiner. E’ anche vero che vissero in tempi difficili di rivoluzioni e guerre mondiali, per cui la loro percezione del mondo fu fortemente influenzata dal momento storico.
Noi, oggi, dobbiamo solo alzare gli occhi al cielo in attesa della venuta di Kalki in sella al suo bianco cavallo alato e brandendo la spada con cui sterminare tutta l'umanità stolta e corrotta; solo i devoti di Vishnu saranno risparmiati.
Si aprirà così una nuova età dell'oro, un Satya Yuga in cui gli esseri umani vivranno centomila anni e saranno alti dieci metri, il crimine e le malattie scompariranno e la terra produrrà ricchezze per la sussistenza senza bisogno di agricoltura e miniere. Aspettiamo fiduciosi.
Fonte: Kali Yuga, el final de la Humanidad que ya está aquí según la mitología hindú (labrujulaverde.com)
traduzione a cura di Mystes
"in cui collocava con precisione l'inizio del Kali Yuga del nostro tempo tra il 17 e il 18 febbraio 3102 a.C., la data tradizionale -
Ricordiamo che gli yuga durano 432.000 anni, il che significa che siamo al culmine di questo periodo sinistro."
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