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Casanova e il potere del potere


Black_Jack
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 1577
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Il potere corrisponde nella società a quello che è l'io nella persona.
Ogni rituale del suo esercizio, ogni gesto sia ordinario che imprevisto o non strettamente codificato viene amplificato, sottoposto a infinite diverse interpretazioni diventando immediatamente un paradigma generale di "oggettività" molto più cogente di qualsiasi altro tipo di "verità".
Lo racconta Casanova in un passo molto bello delle sue sterminate memorie relativo al periodo in cui abitava nel paesino di Fontainebleau dove aveva occasione di frequentare la corte dei re di Francia spesso di passaggio in uno dei suoi castelli situato accanto a quella località.

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Quando i monarchi si trovano corteggiati in pubblico dalla numerosa assemblea de' loro ministri, degli ambasciatori e de' forestieri, hanno estrema attenzione ad indirizzare una qualche domanda a tutti quelli che vogliono che sieno sicuri che la loro Maestà si accorge e si compiace della loro presenza; quindi pensano a quale specie di domanda possan fare a questo o a quello cui vogliono fare l'onore del colloquio, la quale sia non suscettibile di seria riflessione, non equivoca, non tale che l'interrogato possa rispondere che non sa; e sopratutto parlano schietto e preciso, poiché non dee mai avvenire che la persona, chiamata dalla voce regia a parlare, abbia a rispondere: "Sire, non ho inteso ciò che V. M. mi ha detto"; questa risposta farebbe ridere l'assemblea, poiché assurda è l'idea che offre o un re che non fu inteso per non aver saputo spiegarsi, o un cortigiano che non intende un re che gli parla. Il cortigiano, nel caso che non abbia inteso, o abbassa con un gesto di riconoscenza il capo, o risponde con la prima cosa che gli viene alla mente, e, a proposito o no, va sempre bene.

Le parole poi che il sovrano dice in pubblico a qualcuno debbono essere neutre, quasi insignificanti; ma qualche cosa dee dire; se no l'affare è notato, e tutta la città sa, la mattina seguente, che un tale è mal veduto in corte, poiché il re a cena non gli rivolse mai la parola. Queste bazzecole sono notissime a tutti i sovrani, compongono anzi uno de' più importanti articoli del loro catechismo, poiché con i cento occhi d'Argo fino al più piccolo de' loro gesti è attentamente dagli astanti esaminato; le loro parole poi, per poco che ne siano suscettibili, sono soggette a mille differenti interpretazioni.

Mi trovai, nell'anno 1750, a Fontanablò nel circolo di quelli che assistevano al pranzo, o (per meglio dire) guardavano la regina di Francia a mangiare. Il silenzio era profondo. La regina, sola alla sua tavola, non guardava che le vivande, che le veniano poste innanzi dalle sue donne, quando, gustando essa di un piatto a segno di volerne la replica, alzò maestosamente lo sguardo, ed accompagnando gli occhi col girar lento del capo, a differenza di certe signore poco accorte del nostro paese, che non girando che i soli occhi sembrano spiritate, scorse in un istante tutto il circolo; poi fermatasi sopra un signore, il più grande di tutti, e quello forse al quale solo era a lei conveniente di fare tanto onore, dissegli in chiara voce: "Je crois, monsieur de Lowendal, que rien n'est meilleur d'une fricassée de poulets. - Io credo, signor Lowendal, che il pollo in fricassea sia il migliore di tutti i cibi".

Egli (avanzatosi già di tre passi tosto che udì la regina a pronunziar il suo nome), rispose con voce sommessa, serio, e guardandola fisso, ma col capo chino: "Je suis de cet avis-là, Madame. - Tale, o Madama, è il mio parere". Detto questo, ei ritornò, tenendosi curvo, in punta di piedi e camminando all'indietro, al luogo dov'era, e 'l pranzo si terminò senza che si pronunziasse più parola.

Io ero fuori di me. Tenevo gli occhi fissi su quel grand'uomo, che pria non conoscevo se non per nome e pel famoso espugnatore di Berg-op-Zoom, e non potevo concepire come avesse egli potuto tenersi dal ridere, egli, maresciallo di Francia, a quella frase da cuoco, che la regina si era degnata d'indrizzargli, ed alla quale egli avea risposto con lo stesso serioso tono e con quella gravità con la quale in un consiglio di guerra avrebbe opinato per la morte di un uffiziale colpevole. Più vi pensavo, e più sentivo venirmi meno la forza, che impiegavo per trattenere lo sbruffo del riso che mi strangolava. Guai a me, se non avessi avuto il vigore di trattenerlo! mi avrebbero preso per un solenne pazzo, e Dio sa cosa mi sarebbe avvenuto.

Ma da quel giorno in poi, cioè per un intero mese che passai nel paese di Fontanablò, trovai ogni giorno in tutte le case dove andai a pranzo, il pollo in fricassea che cuochi e cuoche componevano a gara, sostenendo che la regina avea detto il vero, ma che vero altresì era, che non v'era nella cucina francese piatto più difficile di quello.
Io poi non seppi mai intendere come quel piatto potesse in fatti esser tanto difficile, mentre il trovavo dapertutto, e dapertutto egualmente perfetto, ma mi guardavo di spiegarmi, poiché, dopo che la regina ne aveva fatto l'elogio, mi avrebbero fischiato. Fu ovunque deciso all'unanimità che non v'era che il cuoco della regina che potesse vantarsi di comporlo alla perfezione.


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Primadellesabbie
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 5039
 

Casanova.


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riefelis
Honorable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 679
 

Brano interessante.
Questo modo fi fare si perpetua anche ora e si moltiplica nei potentati locali.
Non faccio teorie o congetture ma ne sono un testimone diretto.


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The_Essay
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 1138
 

Il potere cut..
Lo racconta Casanova in un passo molto bello delle sue sterminate memorie

[/b]

Ciao!
Un pezzo che si legge con piacere e che fa riflettere sul potere,una materia che non si può insegnare a scuola per ovvi motivi!
Domanda:c'è stato un momento storico in Italia in cui dei rudimenti di potere si insegnavano a scuola e se sì, quando?

Nei licei prima del 1945, perchè all'epoca chi frequentava
quelle scuole era destinato a diventare un membro della classe dirigente.
Il resto delle lezioni sul potere e che si imparavano
"su libri,mai scritti,perchè inesistenti",si apprendevano
nelle "scuole di partito" e in pochissimi altri contesti.
I concetti illustrati in questo brano, li ritroviamo in tutte le epoche dell'umanità..
Ciao,The Essay


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