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Fogazzaro, scrittore fra due mondi.


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http://www.gdp.ch/cultura/letteratura/alla-riscoperta-di-antonio-fogazzaro-id73898.html

Letteratura - Biblioteca Cantonale
Alla riscoperta di Antonio Fogazzaro
Presentata a Lugano una nuova edizione critica di Piccolo mondo antico, romanzo borghese di confine tra due secoli.


Villa Fogazzaro, una delle rarissime ville a lago ottocentesche rimaste sul Ceresio

di Rodolfo Foglieni - 8 maggio 2015

Riletto e rivisitato alla Biblioteca Cantonale di Lugano, giovedi' 7 maggio, Piccolo mondo antico, il romanzo piu' famoso di Antonio Fogazzaro, scrittore italiano della fine dell'Ottocento, passato come tanti nel dimenticatoio di una societa' che anche dal punto di vista letterario va cercando nuovi approcci e lidi diversi. Una tendenza che puo' anche essere favorevolmente considerata, sino a che non perde per strada le pietre miliari della cultura.

Ci impiego' dodici anni, a scriverlo, per vederlo pubblicato nel 1895, mondato di superfetazioni, di camei, di digressioni filosofiche, per ragioni di carattere editoriale e stilistico, troppo lungo da stampare, nella sua struttura originaria, troppo sostanzioso da metabolizzare nella sua impostazione troppo didascalica. Il che non toglie che abbia conservato quell'impronta intellettuale che attraverso il racconto, intende soffermarsi sui temi fondamentali della giustizia e della religione.

Lui, liberale cattolico, contrario all'insegnamento del catechismo nella scuola, interessato dalle teorie darwinistiche, fautore della separazione tra Stato e Chiesa. Ma, al tempo stesso, scrittore che cerca la conciliazione tra le due entita', nella concezione di una vita in cui si incontrano le aspirazioni terrene e le pulsioni morali.

E' stata presentata, nell'occasione, una nuova edizione critica e commentata del romanzo, voluta dalle autorita' culturali italiane, in segno di riconoscimento del valore dell'artista e di attestazione della qualita' dell'opera.

Era presente Pietro Gibellini, docente universitario a Venezia, che nella presentazione ha sottolineato la necessita' di edizioni critiche e commentate, che intreccino le tre dimensioni in cui il letterato deve congiuntamente lavorare, quella filologica, quella ermeneutica e quella storica, e che se separatamente gestite, portano ad un intellettualismo astratto e sradicato dalle potenzialita' complesse del testo.

Si tratta di un libro, ha soggiunto, che porta con se' il profumo della vita, che utilizza il lago Ceresio non come sfondo, ma come protagonista. Laddove la circolarita' del contesto geografico diventa il simbolo di un universo che, nella sua duplice versione di individualita' e di collettivita', assume esso pure un andamento circolare, rendendo visibili, da una riva all'altra, tutti i punti di passaggio di un destino esplorato nella religiosita' dell'afflato umano.

E' un libro di passaggio, dal vecchio al nuovo, la ripetizione di un'esperienza che tutti hanno compiuto, accompagnandosi il rimpianto per quel che si lascia, all'interesse per quel che si trova. Un passaggio che s'appoggia su di un appassionato dibattito morale, tra fede e ragione. Il che lo rende un libro moderno, che ancora oggi trasmette messaggi vitali e stimola pulsioni attuali.

Era pure presente la curatrice dell'opera, Tiziana Piras, docente universitaria a Trieste, che con amore e con puntiglio, avvalendosi di copiosa corrispondenza e dei sunti che l'autore andava stendendo mano a mano che la scrittura procedeva, ha ricostruito un impalcato dall'ampia visibilita' critica. Brani tolti, dall'edizione finale, pagine aggiunte, situazioni riplasmate, in un continuo ripensamento, che cercava di conciliare la scorrevolezza del racconto, l'attrattiva della storia, con le motivazioni filosofiche e le considerazioni umanistiche.

Una continua mutazione che risente degli anni che la stesura ha richiesto, dell'evoluzione della mentalita' stessa dell'autore, dell'affinarsi delle concettualita' trattate. Il contrasto tra un uomo, Franco, ed una donna, Luisa che pur nell'amore non riescono a fondere le loro due anime, attestate rispettivamente sul caposaldo della giustizia divina e di quella terrena. Una coppia che si arrovella, che vive intensamente, a dimostrazione di come il matrimonio sia un fatto sociale rilevante, uno strumento morale insostituibile, un progresso verso un'esistenzialita' limpida e completa.

Un romanzo dal tasso di emotivita' forte, che Gibellini ha definito lombardo, nell'impostazione, nel linguaggio, nella definizione dei caratteri, ed anche un po' ticinese, per la localizzazione ed i riscontri storicistici.

-- NB --
Questa la voce di wikipedia sul film in b/n Piccolo mondo antico, realizzato da Mario Soldati nel 1941:
http://it.wikipedia.org/wiki/Piccolo_mondo_antico_(film_1941)
Dovrebbe essere su YouTube

Questa la voce relativa allo sceneggiato televisivo tratto dallo stesso romanzo e realizzato dalla giovanissima RAI, nel 1957:
http://it.wikipedia.org/wiki/Piccolo_mondo_antico_(sceneggiato_televisivo)

La compagnia di navigazione del lago di Lugano effettua una corsa giornaliera d'andata e ritorno Lugano-Porlezza. E' forse il modo piu' interessante per osservare quel ramo del lago tanto caro a Fogazzaro da una prospettiva ancora un po' ottocentesca. Siccome e' una corsa a scopi turistici, il battello va a zig zag fra le due rive, attraccando praticamente ovunque vi sia un paesello lacustre.

L'idea d'incoraggiare i numerosissimi frontalieri a fare la stessa tratta via lago anziche' sull'intasata e vecchiotta strada Regina, tramite corse dirette in battello, o perche' no in traghetto, non ha mai visto la luce. Lugano e' la locomotiva economica del cantone, ma pure della Valsolda. E non da oggi.

Ah, Fogazzaro, sapessi come son cambiati i tempi!
Quella tua malinconica rimembranza della vita ottocentesca aleggia sempre su questo ramo del lago. Dove perfino i pescatori si sono semi-volatilizzati, le barche ad arcioni, quelle rare rimaste, stanno solo a riva. Ed i velisti/surfisti, be' diciamolo tranquillamente, considerata la bellezza e la mitezza climatica del lago, sono pochini.

Ah, sciocchi abitanti lacustri, che non sapete godere di quel che vi trovate davanti al naso.


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Tutto fa brodo.
A quando la "rivitalizzazione" di Pinocchio.
Di fronte alle dure lacerazioni sociali del tempo, di allora e di oggi, bisogna riconoscere che il Pinocchio potrebbe tornare "rassicurante" alle masse sbandate dalla crisi. 😯


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vic
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C'ha provato Benigni nel 2002 dopo il successo strepitoso della "Vita e' bella".
Ma ha avuto poco successo.

Era molto bella la rivisitazione del 1972 di Pinocchio da parte di Comencini.

Tu ridi pure. Io sono dell'avviso che la vita ottocentesca qualcosa da insegnarci ce l'avrebbe, malgrado tutto. La famiglia era una famiglia. Il villaggio un villaggio. Ed un artigiano un artigiano. Inoltre piu' o meno tutti erano contadini, magari a tempo parziale.

Anche la struttura pubblica del patriziato, non ancora morto del tutto, avrebbe qualche spunto da offrire al mondo d'oggi, impelagato in una globalizzazione senza limiti. Di fatto imposta dall'alto, anche dalle sinistre, ma accettata dal basso, in primis dal cosiddetto consumatore. Sostantivo che nell'ottocento manco esisteva. Certo non esisteva nemmeno la pubblicita' onnipresente che imperversa oggi.

Inoltre la sussistenza era di tipo contadino o artigianale, ognuno piu' o meno coltivava od allevava qualcosa. Al contrario dei sindacalisti di oggi, che sono di fatto degli impiegati d'ufficio. C'era un know how sul fare le piccole cose, riparare una calza, confezionare un maglione, un berretto di lana, che oggi e' andato perso. Sai che furbata far fare questo in Bangladesh perche' costa meno. Intanto loro lo sanno fare e noi no, non piu'.

Perche' nessuno rilancia l'industria della seta con metodi moderni? E' certo che una filanda oggi sarebbe molto diversa di una filanda ottocentesca. Eppure genererebbe lavoro, farebbe girare la microeconomia locale. Niente, non se ne fa niente. La seta ormai e' solo cinese. Nell'Ottocento la seta era della regione dei laghi lombardi. L'allevamento dei bachi costituiva un'entrata supplementare di tante famiglie. Non va di moda parlare di argomenti ottocenteschi, vero? Forse anche perche' non si capisce piu' un tubo di tutto cio'. Infarinati da ideologie e teoremi veri a prescindere. Ben raramente agganciati alla realta' terra terra. Perche' la realta' terra terra, da queste parti, e' che la vera rivoluzione fu quella francese e non quella bolscevica. Come mai i contadini di montagna, e pure di collina, mai si sono sognati di diventare comunisti? Semplice: perche' loro un certo tipo di comunismo lo praticavano gia' da secoli, senza bisogno di grandi filosofeggiate ex catedra. Ma prima avevano pensato bene di organizzarsi in uno stato senza re ne' imperatori, senza soviet, senza duci e senza Fuehrer. Erano comunisti ante litteram, percio' non sono mai diventati comunisti post litteram, ed han fatto benone.

Oggi che tutto fa brodo, non si sa come andra' a finire. Una cosa e' certa, certe acute menti ottocentesche non girano piu'.Stefano Franscini e Giovan Battista Pioda per citarne due. Che in Italia siano per lo piu' sconosciuti non meraviglia, cosa pretendere da un paese dove l'ignoranza ormai e' regina?
Yeah, da' fastidio che vissero prima di Marx. Ma che scalogna!

Oggi si viene invasi da una masnada di gente dal sud, ma a nessuno viene in mente di escogitare un nuovo modello per l'agricoltura di montagna, che notoriamente soffre da tempo di invecchiamento e quindi di mancanza di braccia. Quando gli immigrati erano berganaschi le cose s'adeguavano velocemente. Convincere un eritreo a fare il contadino di montagna e' molto piu' arduo. Non parliamo degli africani in generale. Si' certo tutti proletari, pero' voeia da fan nisba! Spacciare invece si'! Com'e' avanguardista il proletariato globale!

W Collodi e W Pinocchio, burattino di legno e non di plastica.
W anche Geppetto che l'ha scolpito e riscolpito lui con le sue mani.
W la scuola che ha fatto conoscere Pinocchio a mezzo mondo.
Ops, forse oggi si scrive squola.


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