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L'ultima onda per fermare il liberismo


Tao
 Tao
Illustrious Member
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Il dragone cinese avanza verso una economia capitalista basata sulla conoscenza, senza però rinunciare a essere la «fabbrica del mondo»
In un libro la nuova realtà viene guardata a partire dal conflitto operaio. E se la Cina vuole ora importare il modello sociale europeo, nel vecchio continente il rapporto tra precarietà e welfare state ritorna al centro della scena

Paragonando l'incidenza del lavoro autonomo sul totale del numero degli occupati in vari paesi europei, emerge il quesito se vi sia un nesso tra la percentuale dei lavoratori non subordinati ed il livello di sicurezza sociale. Se volessimo dare una risposta secca, potremmo pronunciare un sì deciso e riferirci, ad esempio, alla Danimarca, paese in cui il numero dei lavoratori autonomi è tra i più bassi di tutta l'Unione e che ha il welfare state, tra i più avanzati del continente (se non del globo). Sembra che quanto più evoluto risulti essere il sistema sociale, tanto meno si avverta il bisogno di mettersi in proprio.
Inoltre, è interessante cercare di capire se esiste un nesso tra diffusione del lavoro autonomo e deregolamentazione del mercato del lavoro e, di conseguenza, come sintomo di una sempre maggiore insicurezza in termini di reddito e di diritti. L'Austria e la Germania, ad esempio, sono paesi con un numero contenuto di lavoratori autonomi rispetto all'Italia, e ciononostante è tangibile quanto, da due decenni a questa parte, l'incidenza di questa forma di lavoro sia in continuo aumento mentre il numero degli occupati dipendenti mostri da molto tempo una crescita molto lenta e il numero dei disoccupati sia aumentato in modo vertiginoso dall'inizio della crisi economica.

Alla ricerca del welfare state

Una parte di questa crescita è sicuramente dovuta all'esternalizzazione di vari servizi da parte delle imprese, la quale crea una maggiore insicurezza personale; d'altro canto, però, vi è anche una numero significativo di specialisti, esperti e lavoratori qualificati che mette su un'attività per conto proprio, a causa dell'insoddisfazione verso un lavoro strutturato in maniera gerarchica. In questo caso, più che un sintomo di crescente insicurezza, di maggiore sfruttamento e di mancanza di diritto, il fenomeno dell'incremento del lavoro autonomo è da leggere, e per questo può servire il paragone in prospettiva europea, come segno di un profondo cambiamento del significato del lavoro in generale.
Tale cambiamento andrebbe certamente organizzato a livello politico, economico, culturale, amministrativo. Ritengo però che né in Italia, né in Germania e nemmeno in Austria, i governi recenti ed attuali siano stati in grado di farlo. Ho citato il caso della Danimarca perché sembra che in quel paese - come in altri stati nordeuropei - si siano fatti dei progressi notevoli per quanto riguarda la riorganizzazione del sistema del welfare nel contesto della cosiddetta globalizzazione. Si è riusciti a mantenere competitivo il costo del lavoro e a migliorare, allo stesso tempo, il sistema della sicurezza sociale. Da alcuni anni ormai, tale sistema viene finanziato non più in base ai contributi dei datori di lavoro e dei lavoratori, bensì in base alle tasse, soprattutto all'Iva. I lavoratori ne traggono così il beneficio di ricevere stipendi netti più alti.
È stata inoltre operata una riforma del sistema assicurativo che garantisce il sussidio di disoccupazione: non è obbligatorio aderirvi, come lo è in Austria e in Germania, ma quasi tutti i lavoratori ne entrano a far parte spontaneamente, anche perché la sua gestione non compete allo stato, bensì ai sindacati, i quali, oltre ad offrire un sussidio relativamente alto, garantiscono anche programmi individuali, abbastanza estesi, di formazione e di sviluppo della forza lavoro.

Una formazione permanente

Quali conclusioni possiamo trarre da questa situazione? Innanzitutto che è possibile ridurre il numero dei lavoratori precari e quindi anche dei lavoratori autonomi in situazioni economiche piuttosto difficili, non sostenibili, in base ad un welfare strutturato in maniera differente da quello tedesco o austriaco.
Inoltre le nuove forme di lavoro, spesso di alto contenuto simbolico, cognitivo, culturale e relazionale, costituiscono quei tipi di lavoro che trasformano costantemente non solo il volto, ma anche il tessuto dell'economia di un paese, attraverso lo sviluppo di nuove idee, la scoperta di nuovi bisogni, nuovi modi di vedere la società, l'individuo, l'ambiente, la città, la convivenza, la cultura. Non raramente sono anche lavoratori migranti che arricchiscono il contesto socioeconomico con le loro iniziative, creando legami tra mondi che, fino a pochi anni fa, non avevano nulla da condividere.
Affinché tutta questa creatività ed originalità non si disperdano, è indispensabile che lo stato garantisca e incentivi continuamente la possibilità di formarsi, di aggiornare le proprie competenze e di esplorare nuovi campi della conoscenza. La sicurezza sociale, quindi, non va vista, come ancora si tende a fare, come un sistema abbastanza rigido che entra in funzione soltanto nel caso imbarazzante dell'incapacità di procurarsi un proprio reddito, ovvero in caso di perdita del lavoro o di malattia, bensì come un sistema che - come quello danese - considera i periodi di disoccupazione come normali ed anche auspicabili in un contesto che richiede un continuo adattamento delle proprie competenze.

Più che una «cassa integrazione», dovrà esservi una «cassa formazione» o una «cassa sviluppo idee», accessibile a tutti coloro che hanno intenzione di realizzare un progetto di formazione individuale o di gruppo. Solo in tal modo si potrebbe invertire anche la drammatica tendenza della svalutazione delle conoscenze rappresentata dalla marea di corsi di formazione, di specializzazione, di master e di certificati che forniscono l'illusione, agli iscritti, di poter finalmente entrare in modo sostenibile nel mercato di lavoro, per poi essere rimandati ad un'altra offerta formativa.
Una forza lavoro veramente indipendente, autonoma, dovrebbe invece possedere gli strumenti - anche conflittuali - per procurarsi la propria formazione, senza dimenticare che in ciò consiste anche la sua grande responsabilità.

Klaus Neundlinger
Fonte: www.ilmanifesto.it
30.04.2010


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