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Una Francia Arancia Meccanica


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Una Francia Arancia Meccanica

nel mese di gennaio è uscito, in Francia, un libro intitolato La Francia Arancia Meccanica, il suo autore è Laurent Obertöne un giovane scrittore francese della nuova generazione, 28 anni occhi blu, con un umorismo sempre straccia, barba curata su un corpo grassottello. È figlio di contadini che amava i libri ma non la scuola: «Dove si mentiva come in televisione», che ha conseguito una maturità in meccanica annoiandosi a morte, che poi ha incominciato a studiare la storia e poi ha letto e letto ancora creandosi una solida cultura. Cita Maurras, Barrès, Hugo, Jaurés che ritiene il XIX secolo un secolo radioso: «Il tempo in cui la società esisteva ed in cui la Francia era una società.»

Copertina arancio vivo che sicuramente non solo balza agli occhi, ma è un vero e proprio pugno in un occhio e che di certo non passa s silenzio, oppure ha una collocazione defilata e discreta tra gli scaffali in libreria.

Marine Le Pen l’ha notata in aeroporto ed incuriosita ha comprato il libro: ha subito notato l’autore della prefazione che conosce bene e, sic et simpliciter, ne è diventata lo sponsor ufficiale. Infatti Obertöne scrive e dichiara quello che affascina Marine Le Pen, la quale è diventata l’addetto stampa e la PR del libro sia sul sito del Front National, sia su un canale di France Télévisions. «Qui c’è tutto quello che noi pensiamo» dichiara il presidente del Front National alla sua amica Marie-Christine Arnautu stringendo sorniona, in mano il testo.

Quasi subito questo irriverente autore è stato adottato anche da Atlantico il sito internet dei giovani della destra francese
Già dalla prefazione comprendiamo che si tratta di un libro scomodo ed anche politicamente scorrettissimo, infatti chi la scrive è Xavier Raufer. Raufer è allo stesso tempo è un professore universitario, criminologo di fama ma anche editore ed “intellettuale fascista” duro e puro, vecchio militante dell’estrema destra senza rimpianti o pudicizie; non si nasconde di certo dietro un dito e parla con chiarezza delle sue idee. Scorrette, senza pietà, con analisi sociologiche profonde e veramente mai banali o non approfondite si definisce tranquillamente : “un facho culturel, drôle et sans fard”. Cena spesso con la nuova presidente del Front National, Marine Le Pen.

Il libro è una ventata di aria fresca, scrive Raufer, Obertöne è un poeta che descrive l’imbarbarimento ed i grandi lampi accecanti prodotti dalla realtà criminale.

La casa editrice non è da meno: intanto è guidata da Raufer e tanto già basterebbe, si chiama Editions Ring e prima di diventare una casa editrice furiosamente contemporanea (copertine choc, social network, efficacia del momento, trasgressioni culturali) era un giornale on line, sureling.com il suo nome, a cui Obertöne collaborava già dal 2009.
In una lunga ed articolata intervista rilasciata al giornale Marianne l’autore rifiuta etichette politiche, dice addirittura che la Le Pen non ha letto il suo libro, ma spara a zero anche su Mediaprat canale del digitale terrestre che lo accusa di essere un blogger razzista che si nasconde dietro lo pseudonimo di Pellicano.

Poi quando passa alla diesamina della situazione è come una lama di rasoio e denuncia la gravità della situazione che si augura degeneri in una rivolta violenta che spazzi via tutto questo marciume.

Ecco come vede la realtà:
1) L’insicurezza e la violenza hanno raggiunto in Francia dei livelli mai visti, in termini di aggressioni, di crudeltà, di stupri e di brutalità gratuite.
2) Una ideologia dominante, nata dalla sinistra degli psicologi, dei giudici, degli antirazzisti di professione e dei media, nasconde il fenomeno in nome di una morale dominante antinaturale.
3) Il popolo francese è disarmato mentalmente da questa ideologia, addomesticato e trasformato in una massa smessa di vittime.
4) Gli immigrati e i loro discendenti, ed oltre a loro anche gli abitanti “ruvidi” dei quartieri popolari, si sottraggono a questa morale evirata: questa sspecie di socialisti, che si riproducono come dei “parassiti ” conservano tuttavia intatta la loro aggressività naturale e divorano tutto ciò che li circonda, quindi i francesi. “Loro sono i leoni e le iene noi siamo gli gnù, le loro prede”.
5) Tutto quello che subiscono i cittadini di origine francese e le persone oneste, passa s silenzio mentre, al contrario, i fatti di cui sono vittima gli immigrati, gli ebrei e gli omosessuali beneficiano di un’attenzione sproporzionata.
6) Geneticamente, culturalmente, storicamente le popolazioni primitive non sono assolutamente fatte per vivere insieme e tendono a detestarsi.
Per esempio: le orde di Gengis Khan violentavano le donne dei popoli conquistati. Nella vita reale di tutti i giorni, gli immigrati tendono a violentare le donne francesi.

7) Qualsiasi tipo di convivenza civile è del tutto illusoria, a causa degli errori di lassismo dei giudici, del disarmo di una polizia colpevolizzata dalla competizione naturale tra le varie culture. 8) Il fine specifico del libro è: “ Il coperchio posto sopra l’insicurezza, è stato finalmente rimosso. Esso è compresso sulle folle per contenerne la collera. Sono queste che rischiano di esplodere. Quando si verificheranno delle reazioni limite? Nessuno lo può supporre. Tutto questo accadrà un giorno? Ma nessuno lo può sapere.” 

Al di fuori di qualsiasi venatura razzistica abbastanza permeante il libro, non bisogna dimenticare che innanzi tutto si tratta di una realtà romanzata nella quale lo scrittore può tranquillamente deformare la realtà come vuole e come meglio gli conviene o gradisce.
Tra le righe di questo romanzo choccante si può intravvedere, come in filigrana, il vasto scenario dello scontro di civiltà che si sta addensando come un uragano all’orizzonte.

La cosa non sarebbe sospetta, se qualche anno fa non fosse stato pubblicato il libro di Samuel Huntington intitolato appunto Lo scontro di civiltà.

Ovviamente questa circostanza ci rende dubbiosi sulla natura del fenomeno che lo scrittore americano membro del CFR, oltre che eminente professore ad Harvard, teorizza come possibile scenario futuro dopo la fine della guerra fredda ed anche quasi come naturale conseguenza delle teorie di Francis Fukuyama sulla fine della storia. Se queste idee nascono e vengono teorizzate in questi ristretti ed esclusivi circoli culturali, sicuramente sono solo la manifetsazione di états d’esprit a cui l’area del potere lavorerà per rendere fatti operativi e realtà inevitabile.

Se poi inquadriamo queste inquietanti teorie nella cornice della più vasta riduzione del numero della popolazione del pianeta e del consolidamneto di una ristrettissima élite dominante sulla terra a scapito di tutte le popolazioni e di tutte le culture, allora lo scontro di civiltà assume una colorazione davvero allarmante.

Ciò non toglie che le scelte di  “società colorata ”, multietnica, di salade cup, come dicono gli americani, che lungi da creare un clima di armonioso sviluppo tra culture e razze differenti, va ad acuire problemi preesistenti, disagi sociali, disadattamento ed, in ultima analisi, scatena istinti razzistici ed odi che diventano feroci.

Gli stessi Stati Uniti hanno avuto, nel corso della loro bicentenaria storia nazionale, forti tensioni sociali e gravi problemi di coesistenza di culture e nazionalità diversissime tra loro. Basta citare i grossi problemi con i pellirosse, con gli ex schiavi negri portati per essere sfruttati nelle immense piantagioni di cotone degli stati del sud, o le frizioni con Irlandesi, Italiani, Tedeschi che arrivavano in massa spinti dalla disperazione in America abbandonando le loro terre di origine . come reietti per poter avere un minimo di aspettativa di vita migliore e sognando un futuro diverso e più umano.

L’accoglienza che in Francia è riservata ai diseredati che arrivano, spesso con passaporto francese, dalle loro ex colonie è delle peggiori : quando va bene sono confinati in periferie ghetto dove vivono ammassati in promisquità orribili e di certo non degne di esseri umani. E proprio in questi ambienti, in questo humus fertile che soprattutto i giovani, devono sviluppare il loro mondo, la loro propspettiva di vita e fare i conti con una realtà cruda e feroce. Questa risulta ben lontana da quella che vedevano rappresentata nei programmi televisivi trasmessi ormai, grazie ai media del villaggio globale, anche nei loro paesi d’origine e che presentano i paesi occidentali come un eldorado, un eden in cui tutto è possibile e tutto arriva subito, purchè lo si voglia.

In questo contesto chi proviene, per esempio dal mondo arabo, vede come prima prospettiva la possibilità, assolutamente a portata di mano, di soddisfazione di qualsiasi desiderio o voglia sessuale che alle loro latitudini è assolutamente inibita e repressa. Siccome tutto è lecito, se si può arrivare allo scopo con approcci rapidi e consenzienti bene, atrimenti si ricorre alla violenza ed alla sopraffazione se non addirittura al sadismo. In fondo la vita è tutta una competizione e a questo tavolo da gioco non contano i mezzi adoperati, ma i fini e gli scopi da raggiungere.

Altra grossa piaga endemica, che questi derelitti e vittime del mondialismo devono affrontare, è la ormai cronica mancanza di lavoro : anche per loro si aprono le porte del precariato, dell’insicurezza costante, di orizzonti lavorativi che al massimo danno possibilità di lavori degradanti, pericolosi, soggetti a sfruttamento e relegati nel mondo ctonico dell’economia sommersa.

Solo quelli che sono disposti a sacrifici immani, ad umiliazioni a soprusi da parte di datori di lavoro senza scrupoli possono pensare di poter svolgere uno di questi lavori con la speranza di potersi migliorare ed un giorno integrarsi in qualche modo nella nuova società in cui vivono ai margini. Insomma gli onesti esistono indipendentemente dal colore della pelle o dal paese di origine.
Ma la maggior parte vuole tutto e subito e lo vuole imponendo il loro modus operandi le loro pseudo tradizioni e credenze dei paese di origine : allora prevale l’istinto del branco, l’emulazione collettiva, l’omertà mafiosa, l’aggregarsi ad ambienti malavitosi che offrono spaccio di droghe, favoreggiamento della prostituzione, riduzione in stato di semi schiavitù finalizzata allo sfruttamento della prostituzione medesima.

Quando la rabbia esplode assistiamo ad una vera e propria guerriglia che investe tutte le banlieux e che porta le forze dell’ordine quasi ad essere impotenti nel domare l’esplosione di violenza selvaggia e brutale. Qualche anno fa ne abbiamo avuto un tragico prologo, sul quale Sarkozy costruì la sua ascesa all’Eliseo.

In questo Obertöne ha ragione: giudici troppo permissivi, un sistema di media informativi sempre benevoli se non proprio accondiscendenti nei confronti degli immigrati e per di più sempre pronti a dare spazio vastissimo ad episodi di violenza che li vedono vittime. A tutto ciò va aggiunto che le forze dell’ordine sono quasi nell’impossibilità di svolgere i loro compiti con un certo grado di libertà.

E’ vero che non bisogna esagerare, ma spesso le situazioni in cui si vengono a trovare sono talmente al limite da giustificare anche atti estremi per la propria difesa personale. In questi casi in Francia, come sempre anche in Italia, i giudici sono pronti ad accusare gli agenti di reati che vanno dall’eccesso colposo di difesa all’omicidio colposo. Quindi le vittime diventano i rei e viceversa: tutto ciò è assurdo ed irrazionale. Si spiega soltanto con una infiltrazione dell’ideologia nel settore della magistratura, o da ordini precisi di comportamento dati ai magistrati ed in linea perfetta con la strategia della globalizzazione e della creazione della società multietnica.

Evidentemente con l’intento di cancellazione di civiltà autoctone che da millenni informano il territorio e ne fanno un unicum in vista della creazione di una nuova frontiera culturale che preveda non la cancellazione di quella preesistente, ma addirittura un vero e proprio genocidio culturale.

Indubbiamente questo tipo di consequenzialità dirette va a creare un fortissimo stato di disagio proprio in quello che è la popolazione autoctona la quale incassa e subisce questo stato di cose con un animo frustrato e sempre di più insofferente. Obertöne si pone la domanda di fino a quando questo stato di cose potrà essere sopportato e subito dalle popolazioni autoctone. Fino a quando la pazienza ed il condizionamento mediale potranno continuare a tenere a bada l’ira e fino a che punto questa non riuscirà a diventare un odio senza limiti ed irrazionalmente cieco?

Lo scrittore francese se lo domanda, ma ce lo presenta con quel tipo di provocazione e di sovrapposizione tra realtà ed immaginazione che tanto richiama lo stile di Céline, con quella venatura di nihilismo intimistico che si bea della provocazione portata fino al parossismo che disgusta e scandalizza i borghesi qualcosa di molto vicino a quel “Penso come voglio, come posso: ad alta voce” oppure a quando urla: “La miglior cosa che puoi fare, no?, quando sei a ‘sto mondo, è di uscirne” Matto o no, paura o no”. Quel modo ruvido ed impertinente di scrivere di Bagatelles pour un massacre e del Viaggio al termine della notte.

Quello che Laurent Obertöne sa fare meglio è colpire l’immaginifico ed arrivare, come una pugnalata, ai sentimenti delle persone. Claude Askolovitch, il giornalista di Marianne che parla con lui, gli rinfaccia di falsare e trafigurare la realtà quando racconta la storia di Pauline, una ragazza di 22 anni, di Besançon che viene stuprata e letteralmente poi spezzata in due da un ragazzo marocchino. Oltre al trauma della violenza carnale, si ritrova, paraplegica, inchiodata su una sedia rotelle.

Il giornalista di Marianne dice che Obertöne afferma e pretende di averla incontrata lesionata a vita, che guarda il mondo con uno sguardo vuoto sulla sua sedia a rotelle. Ma poi precisa che :
“Veramente Pauline è così solo nella visione fantastica e romanzata di un giovane scrittore, in realtà ha creato un’impresa con un’amica e con altre persone, nella quale lavora ; vive con il suo compagno di sempre ed è anche madre di due bambini. Senza dubbio traumatizzata, ma dotata di un coraggio stupefacente, di cui Obertöne o non sa o non vuol dire niente ; o di cui addirittura se ne infischia altamente. Lui non si interessa delle vittime se non nella sua visione apocalittica di corsa sfrenata verso l’autodistruzione ; la sua empatia è del tutto stonata, fino a sembrare un pretesto formale”.

Ma alla fin fine cosa ha detto di tanto fuori dalle righe Obertöne? La gente forse è più interessata a sapere del coraggio e della forza di volontà, della voglia di vivere e di normalità di Pauline, oppure alla sostanza che purtroppo non cambia della sua infermità ?

Forse che solo ai pittori è dato il ritrarre la persona per come la vedono attraverso i propri occhi ? Forse che lo scrittore non può percepire, tra le righe della realtà, un momento di afasia, di disperata e struggente drammaticità del proprio essere ”diversamente abili”? Ed i lettori forse devono sempre essere calati nella realtà oppure possono anche librarsi sulle ali della fantasia?

Eppure il richiamo alla cruda realtà non manca, c’è anche il momento di risveglio dall’irreale ed il ritorno al reale quando il giovane ed estroso scrittore francese afferma: Come mai le associazioni e gli assistenti sociali si preoccupano soltanto del reinserimento di Zakaria (l’aggressore n.d.s) abbandonando totalmente Pauline alla sua disgrazia ?”

Onirismo letterario, passione politica, preoccupazione per il futuro e rifiuto a
ssoluto e totale di un modo di pensare e di agire completamente estraneo alla nostra civiltà ed al nostro modo di essere francesi, italiani ed europei. Questo è il mix esplosivo che crea il personaggio Laurent Obertöne, scrittore in fieri che sbanca i botteghini e che vende tantissimo, che piace immensamente a Marine Le Pen per il suo modo spudorato e realistico di presentare, in modo onirico, la realtà e che seduce quella Francia che è combattuta tra perbenismo e voglia di barricate.

di: Luciano Garofoli
http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=20477


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