Il dibattito tra favorevoli e contrari all’euro è approdato nei principali programmi televisivi e sulle pagine dei giornali. Più che un dibattito, solitamente si tratta però di una spaccatura tra due posizioni opposte e inconciliabili. Da un lato chi accusa la moneta unica di essere la causa stessa della crisi che stiamo vivendo e sostiene che il ritorno a una valuta nazionale sarebbe come minimo il primo inevitabile passo da compiere per provare a cambiare rotta. Dal lato opposto chi afferma che l’euro ha portato stabilità e che comunque uscirne sarebbe una catastrofe assoluta, o addirittura impossibile.
Tra due posizioni tanto distanti, in cui spesso più che nel merito della questione si finisce ad accusare chi la pensa diversamente di essere o un incompetente o in malafede (o entrambe, per non sbagliarsi), è difficile capire quali siano i pro e i contro delle diverse opzioni. È forse questo il merito principale di Marco Bertorello e del suo Non c’è euro che tenga, pubblicato dalle edizioni Alegre (pp. 128, euro 12). L’autore sin dalle prime pagine esplicita la propria posizione, ma altrettanto chiaramente compie uno sforzo per cercare di riportare il più fedelmente possibile le differenti argomentazioni, distinguendole dai propri commenti e interpretazioni. Nel breve saggio vengono vagliate le diverse opzioni, accompagnando il lettore in un percorso che va oltre la dicotomia euro si / euro no che troppo spesso ci viene proposta, come se la soluzione fosse semplice quanto premere un interruttore.
Ancora a monte, il dibattito sull’euro viene finalmente inquadrato e messo nel giusto contesto e prospettiva. Troppo spesso la discussione sulla moneta unica viene trattata quasi come un aspetto a sé stante e staccato dal quadro economico e politico – «l’euro ci ha salvato» o «l’euro è la causa della crisi». L’autore inserisce la questione nell’ambito dell’architettura dell’Unione Europea, con un approccio storico, politico ed economico, ripercorrendo brevemente i principali passi che hanno portato alla situazione attuale e i pesanti limiti della costruzione europea nel suo complesso e della competitività assunta a dogma e faro delle politiche economiche.
Prima ancora, la questione monetaria viene contestualizzata all’interno del sistema economico e finanziario globale, per mostrare come l’attuale crisi non risalga all’introduzione dell’euro quanto a un processo che va ben oltre ed è decisamente più ampio dal punto di vista temporale, economico e geografico. La crescita ipertrofica – in termini sia di dimensione sia di potere – del sistema finanziario, la trasformazione del sistema produttivo, la visione neoliberista e mercantilista, un’economia fondata sul debito per «drogare» la crescita del Pil in presenza di una sempre peggiore distribuzione del reddito e delle ricchezze. In questo senso, l’autore ricorda come l’euro sia uno degli elementi che hanno composto il puzzle, e come rappresenti oggi un fattore che da un lato aggrava e dall’altro rende più complesso pensare a un’uscita da una crisi che discende dalla struttura assunta dal capitalismo mondiale.
Come segnalato, al di là dell’analisi non vengono assunte posizioni preconcette, ma Bertorello cerca di esporre i pro e i contro dei diversi schieramenti, illustrando sia i problemi della moneta unica sia dall’altro lato le difficoltà e i rischi di un’uscita. Anche in questo caso vengono smontati i luoghi comuni di chi segnala l’impossibilità (giuridica o economica) di un’uscita, ma anche valutati attentamente i limiti di chi sostiene al contrario che la fine della moneta unica sarebbe praticamente priva di rischi o conseguenze negative e rappresenterebbe una sorta di panacea agli attuali problemi.
Solo nelle ultime pagine l’autore espone la propria posizione. L’uscita dall’euro non viene esclusa, «ma non rappresenta l’obiettivo primario, piuttosto una subordinata» di una trasformazione ben più ampia. Un percorso che viene riconosciuto essere molto complesso e difficile, un «meta-obiettivo», che prevede tra le altre cose di ribaltare la lotta di classe che viene oggi condotta dall’alto verso la maggioranza della popolazione, richiamando il famoso slogan di Occupy Wall Street «siamo il 99%».
Non c’è euro che tenga riconosce che non esiste una bacchetta magica per risolvere gli attuali problemi. Le differenti opzioni vengono presentate in modo semplice, permettendo al lettore di comprendere la posta in gioco e di formarsi una propria opinione. Il che, in un dibattito troppo spesso polarizzato in fazioni che pretendono di possedere la verità assoluta, è un merito che già da solo potrebbe ampiamente giustificarne la lettura.
Andrea Baranes
Fonte: www.ilmanifesto.it
2.12.2014
Saggi. Marco Bertorello e il suo libro «Non c'è euro che tenga», per le edizioni Alegre
Ma che la caduta dell'euro sia il paradiso in terra chi lo dice in modo semplicistico?
Da anni al dibattito sull'euro si sottolinea sta cosa, che non sia la panacea di tutti i mali, ma solo i difensori del sistema e i ragazzini parlano cosi.
Criticando in questo modo, ogni cosa, ogni fase possibile, diventa inutile perche "non e' la panacea di tutti i mali".
E allora non si fa niente.
Ogni proposizione di miglioramento di questo articolo ed altri "non e' la panacea di tutti i mali".
E che ci aspettiamo da Ilmanifesto. La solita posizione : l'Euro è solo una moneta , i problemi sono altri, uscire non serve
E che ci aspettiamo da Ilmanifesto. La solita posizione : l'Euro è solo una moneta , i problemi sono altri, uscire non serve
Il buon Andrea Baranes non è "Il Manifesto". Solitamente scrive per "Sbilanciamoci" e ricopre anche un ruolo istituzionale in Banca Etica.
Non sempre condivido le sue opinioni, ma riconosco che è una delle poche persone "serie" che si occupano di queste faccende.
In ogni caso questa è solo la recensione di un libro altrui.
Quanto ai contenuti, sostengo io pure che l'euro non è il solo problema, semmai è l'aggravante mortale (per noi) del problema della finanza casinò e del suo ruolo sociale in tutto il mondo e geostrategico per chi l'ha inventata e imposta a tutto il mondo, cioè lo STATO CANAGLIA per eccellenza, che tutti ben conosciamo (Piazza Fontana? Voi siete dei dilettanti delle stragi di stato!)
Tuttavia, visto che porre il problema qui ed ora significa il referendum sull'euro, sono straconvinto che qualunque uscita dalla MONETA UNICA ha una forte valenza di uscita dal PENSIERO UNICO in economia, quello che coincide con la rivoluzione vittoriosa dell'1% contro il 99%.
Il punto vero su cui discutere è piuttosto il perchè e il percome uscirne, per semplificare uscirne "da destra", o da "sinistra" (quella vera ovviamente, non il PD), o "dal centro", ovvero per non cambiare nulla, come il buon Brancaccio dice "gattopardesca".
Ah Sbilanciamoci . Peggio mi sento 😀
Mi spiace, ma l'Euro non è una aggravante. E' la causa prima, lo strumento ( il Reagan europeo) con il quale hanno fatto passare, ovviamente insieme ai trattati che lo sostengono ( o almeno ci provano ), le peggiori politiche anti-operaie e di distruzione di welfare e diritti in nome dell'Europa.
Dall'Euro bisogna uscirne, e non mi interessa da che parte, e so benissimo che non è la panacea di tutti i mali. Ma dire che i veri problemi sono altri e quindi restiamoci in attesa che si rilanci la lotta di classe per uscirne da sinistra ( alla Brancaccio ) è sviare dal discorso.
Se non c'è lavoro, e l'euro lo distrugge pezzo dopo pezzo , dopo un po' non c'è più nemmeno la classe . E rimangono le rivolte che spesso, come vediamo in questi giorni, mirano contro il bersaglio sbagliato