140 articoli di odio (in un mese)

Topic starter 8 Gennaio 2017 12:22

140 articoli in un mese: un concentrato di odio contro Fidel Castro che riflette la sconfitta di El País

José Manzaneda, coordinatore di Cubainformación

Ci assicurano che a Cuba non c'è libertà di stampa (1). Lì i media non danno spazio ad opinioni diverse, ci dice, per esempio, la stampa spagnola.

Ora vediamo che spazio alle opinioni diverse offre questa stampa spagnola. Rivedendo, per esempio, la sua copertura sulla morte di Fidel Castro (2).

Prendiamo come esempio il giornale di maggior tiratura, El País: un giornale che si presenta come "progressista" e vicino alla socialdemocrazia.

Nel giro di circa un mese, dalla morte di Fidel Castro fino al 1 gennaio 2017, questo giornale ha pubblicato la bellezza di 140 materiali (3), tra articoli (4), notizie (5), cronache (6) o fotoreportage (7).

Fatta eccezione per due o tre testi aneddotici e senza posizionamento (8), il resto, in misura maggiore o minore, denigravano la figura politica di Fidel Castro e condannavano, senza riserve, la Rivoluzione cubana.

Come dimostra, l'uso in 106 volte del termine "regime", sinonimo giornalistico di "dittatura" (9); 44 volte la parola "dittatore", diretta a Fidel Castro (10); e 9 quella di "tiranno" (11).

La belligeranza di El Pais contro il leader cubano si evidenziava in due generi giornalistici: in 42 articoli d'opinione ed in 4 interviste.

Salvo uno neutrale (12), i restanti 41 articoli di opinione attaccavano, denigravano, insultavano e demonizzavano, senza palliativi, Fidel Castro (13). Tutto un concentrato di odio politico nei confronti di un leader a cui l'intellettualità del sistema – spagnolo e latinoamericano - mai perdonò che non cambiasse di fazione politica. Non potevano mancare, quindi, dalle pagine di El País, i testi viscerali di noti camaleonti ideologici, come Mario Vargas Llosa (14), Antonio Elorza (15), Joaquin Villalobos (16), Vicente Botín (17) o Jorge Edwards (18).

Le interviste erano anche prova di ciò che El Pais intende per "pluralità" di visioni. Una era -di nuovo- a Mario Vargas Llosa (19); un'altra di Antonio Rodiles, "dissidente" cubano che difende il blocco USA e sostenitore di Donald Trump (20); la terza era un' intervista corale a 7 scrittori durante la Fiera del Libro di Guadalajara (Messico) che, come una sola voce, condannavano, senza titubanze, Fidel includendo -ancora una volta- Mario Vargas Llosa (21); ed, infine, un'intervista a due narratori cubani dell'isola che, senza criticare Fidel, trasmettevano lo stesso messaggio senza speranza sul futuro della Rivoluzione (22).

Conclusione: il quotidiano spagnolo di maggior tiratura, che si dice progressista, pubblicava in un mese 140 testi attaccando Cuba e Fidel Castro, di cui 42 articoli d'opinione. Neppure uno solo era a favore. Nessuna intervista era ad intellettuali o artisti dell'isola che difendono l'eredità di Fidel, per esempio nel campo della cultura.

Non sembra che questo assomigli molto alla "pluralità di opinioni", che la stampa spagnola esige, con arrogante superiorità, a Cuba, visto che il resto dei giornali (23), radio (24) e televisioni (25) riproducevano la stessa pratica informativa che El País.

Non sarà che soffriamo, senza saperlo, di una brutale dittatura mediatica che da anni perverte, sino a renderla irriconoscibile, la libertà di stampa?