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A Israele non piace la Svezia


Tao
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Alle autorità dello stato di Israele la Svezia proprio non piace, e neanche la Norvegia. Non solo perché rifiutando l'ostracismo preventivo dell'Unione europea e avendo concesso una chance a Hamas - che volenti o nolenti ha vinto democraticamente le elezioni di gennaio in Palestina - con il loro invito a Stoccolma e Oslo puzzano di voler «legittimare il terrorismo». Ma anche perché - più modestamente - la Svezia ha rifiutato di partecipare alle prossime operazioni militari multinazionali Spring Flag in programma a Decimomannu, Sardegna, in cui, dall'8 al 25 maggio, forze aeree di Italia, Germania, Belgio Francia Gran Bretagna, Norvegia, Olanda, Svezia e - ecco il punto - Israele simuleranno operazioni internazionali di peace-keeping. Israele e peace-keeping - purtroppo ma evidentemente - sono oggi una contraddizione in termini. Oltretutto lo stato ebraico, come ha detto il ministero degli esteri di Stoccolma motivando il ritiro dei 9 aerei svedesi dalle manovre Bandiera di primavera, «non partecipa attualmente a nessuna operazione di mantenimento della pace» e sembra «poco probabile» che intenda parteciparvi nel prossimo futuro. Né a livello di mondo né a livello di Palestina. Al contrario è stato fin dall'inizio fra i più tenaci propugnatori della «guerra al terrorismo» di Bush in Iraq e spinge indefessamente - facilitato dall'indecente verbosità del presidente Ahmadinejad - ad andare a castigare l'Iran per le sue velleità nucleari (anche senza voler considerare i quotidiani omicidi mirati contro esponenti radicali palestinesi: uno anche ieri a Gaza, per non perdere l'abitudine).

A Israele l'atteggiamento non succube della moderatissima Svezia proprio non va giù. Così ieri il direttore del ministero degli esteri israeliano Ron Prossor ha convocato l'ambasciatore svedese a Tel Aviv Robert Ryddberg per presentargli due proteste precise: primo, la decisione di Stoccolma di concedere visti a esponenti di Hamas - «si legittima il terrorismo» - e, secondo, per il rifiuto di partecipare alle prossime manovre in Sardegna, di cui «sfortunatamente» gli israeliani dicono di non «essere rimasti sorpresi». In quanto «recentemente» hanno rilevato negli svedesi «un atteggiamento molto problematico», «dichiarazioni assurde» e «atteggiamenti illogici».

Ci è rimasto molto male anche il generale Leonardo Tricarico, capo di stato maggiore dell'aeronatica italiana, che forse era lo stratega (per conto terzi) della bella operazione Bandiera di primavera. E che, dopo aver ricevuto dall'attaché militare dell'ambasciata di Svezia a Roma la notizia «dell'inaspettata defezione», si è precipitato a telefonare al suo omologo israeliano Eliezer Skhedy - a cui vuol far sapere di essere legato «da solida amicizia» - per esprimergli «comprensione e solidarietà», per garantirgli che il rifiuto svedese «non getta alcuna ombra né pone riserve sui legami professionali e sull'amicizia fra le due aeronautiche» e per tranquillizzarlo che «anzi, l'aeronautica israeliana sarà, se possibile, ancor di più la benvenuta a prender parte all'esercitazione.

Ma, nonostante i salamelecchi del generale Tricarico, il (sacrosanto) no di Stoccolma qualche «ombra» la getta. Più di un'ombra. Un'ombra atlantica, per il progressivo inserimento di Israele nella Nato senza che i parlamenti dei 25 ne abbiano mai discusso; un'ombra europea per la crescente percezione di Israele come parte integrante dell'Ue (senza rendersi conto che così si dà corda agli Ahmadinejad); un'ombra italiana per aver regalato a Israele un trattato di cooperazione militare che coinvolge l'Italia nelle spregiudicate avventure militari di Tel Aviv. Ma questa è roba che riguarda non un qualsiasi generale Tricarico bensì il nuovo governo Prodi. O, come auspica Rutelli, rispetto all'allineamento di Berlusconi alla politica bellicista di Israele continuerà tutto come prima?

Maurizio Matteuzzi
Fonte: www.ilmanifesto.it
28.04.06


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Politica svedese contro la pace
Da un editoriale del Jerusalem Post

Adesso la Svezia sostiene che la decisione di ritirarsi da un’esercitazione di forze aeree NATO [in programma in Sardegna per il mese di maggio, a cui parteciperanno Italia, Israele, Germania, Gran Bretagna, Francia, Belgio, Olanda e Norvegia] non ha nulla a che vedere con la presenza delle forze aeree israeliane. Ora, sia la decisione della Svezia sia la bizzarra smentita dell’evidenza sono – come ha detto un portavoce del ministero degli esteri israeliano – “oltraggiose e intollerabili”.
È vero che gli svedesi non hanno citato per nome Israele, nell’annunciare il loro ritiro dalle esercitazioni. Ma il ministro della difesa svedese Leni Bjorklund ha detto che il suo paese si ritirava perché “le forze armate svedesi sono state informate tardi della partecipazione di uno stato che non appartiene alla Partnership for Peace, e con il quale la Svezia non ha avuto in precedenza rapporti bilaterali di cooperazione militare”. Quello stato ha un nome: è Israele.
Ad ogni buon conto, onde dissipare ogni possibile equivoco su quale fosse il paese che la Svezia intende disdegnare, il primo ministro svedese Goran Persson ha detto giovedì ai giornalisti a Stoccolma che la Svezia si ritira dalle esercitazioni perché “noi stiamo attenti a non partecipare a esercitazioni con paesi coi quali non cooperiamo nelle missioni internazionali Onu o Ue. È un principio che fa parte della nostra storia. Gli israeliani hanno una storia diversa, più guerresca, che per inciso noi consideriamo deplorevole”.
A pensarci bene, la nostra storia è effettivamente più “guerresca” e anche noi la consideriamo “deplorevole”. Deploriamo il fatto che nel 1948, nel 1956, nel 1967 e nel 1973 Israele è stato costretto a combattere contro gli eserciti arabi decisi a cancellarlo dalla carta geografica. Deploriamo il fatto che i capi dell’Iran e del movimento Hamas finanziato dall’Iran continuino a dichiararsi apertamente votati a quello stesso obiettivo, la distruzione di Israele. E deploriamo anche il fatto che, subito dopo che Israele si era offerto, nel 2000, di creare uno stato palestinese su più del 95% dei territori di Cisgiordania e Gaza, la dirigenza palestinese abbia scatenato un’ondata di attentati suicidi che ha mietuto più di mille vite di israeliani innocenti, e che oggi non è ancora finita. E che adesso, sulla scia della vittoria elettorale di Hamas, gli attentati siano ripresi di nuovo, ufficialmente legittimati come “naturali e comprensibili” dal governo dell’Autorità Palestinese.
Questa sequenza di eventi, ne conveniamo volentieri coi nostri amici svedesi, è sicuramente “guerresca” e “deplorevole”. Quello che non si capisce è secondo quale logica essa dovrebbe portare a boicottare Israele e ad accogliere rappresentanti di Hamas, come fa la Svezia.
Israele è una democrazia che desidera la pace e che è sotto attacco. Non apprezziamo molto che dei paesi ci boicottino e allo stesso tempo accolgano col sorriso coloro che ci aggrediscono, come ha fatto la Svezia concedendo i visti d’ingresso – al contrario del resto d’Europa – a rappresentanti di Hamas. Come ha detto Mark Regev, portavoce del ministero degli esteri israeliano, “se un paese ritiene che Israele non sia abbastanza titolato per partecipare a manovre di peacekeeping, Israele ha il diritto di pensare che quel paese non sia abbastanza titolato per giocare un qualunque ruolo nel processo di pace in Medio Oriente”.
E’ un peccato che la Svezia abbia dato dimostrazione di una tale grossolana incapacità di capire il punto di vista di Israele – oltretutto in nome della pace – al punto da escludere se stessa da qualunque ruolo costruttivo negli sforzi per arrivare alla pace. Lungi dal promuovere la pace, le posizioni estremiste della Svezia non fanno che incoraggiare, involontariamente finché si vuole, il terrorismo scatenato contro Israele, traducendosi nella morte di altri israeliani e palestinesi.

(Da: Jerusalem Post, 30.04.06)
Fonte in italiano: http://www.israele.net/articles.php?id=1193


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