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Accordo Damasco-Ankara?Aleppo in cambio dei curdi


marcopa
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La tesi di un consenso di Damasco all' operazione turca e' sostenuta anche da www.tempi.it vicino a Comunione e Liberazione, inviero' il suo articolo di seguito

da www.contropiano.org giornale comunista

Siria, accordo Damasco-Ankara? Aleppo in cambio dei curdi
di Stefano Mauro

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mappaturchiasiria
Il governo di Bashar Al Assad ed il governo turco del sultano Erdogan sarebbero sul punto di concludere un accordo che potrebbe ulteriormente far cambiare le sorti della guerra in favore delle forze lealiste siriane.

Secondo il giornale libanese As Safir i dettagli dell’accordo sarebbero questi: Ankara rinuncerebbe ad Aleppo, lasciando campo libero al governo siriano, ed il regime di Damasco concederebbe alle truppe turche di combattere indisturbate le milizie curde per opporsi al progetto autonomista del Rojava (territorio e regione curda all’interno dei confini siriani). Questa intesa di reciproca non belligeranza, suggerita dai russi e dagli iraniani, sarebbe stata sancita in un incontro giovedì scorso a Baghdad. Al summit, organizzato tra i ministri della difesa iracheno e quello siriano, avrebbe partecipato, per la prima volta, il capo dell’intelligence turca, Haqane Fidane.

Proprio in quell’occasione il governo turco avrebbe avuto l’avallo da parte del governo siriano per l’avvio dell’operazione “scudo dell’Eufrate”: in questi giorni il governo di Al Assad si è limitato a rimostranze poco più che formali di fronte all’invasione del proprio territorio nazionale da parte delle forze turche.

Durante il summit sono stati calendarizzati, a Damasco, Mosca e Istanbul, ulteriori incontri bilaterali per discutere dei diversi argomenti di frizione tra i due governi, fino a pochi mesi fa acerrimi nemici.

Da parte turca c’è la richiesta di informazioni relativa a 7 suoi ufficiali che avevano preso parte al conflitto, probabilmente come consiglieri militari, al fianco dei ribelli siriani nelle zone di Aleppo, Latakia e Idlib. La notizia era sempre stata negata dallo stato maggiore turco che adesso, invece, richiede notizie sulla sorte dei suoi militari dispersi dal febbraio 2015. Secondo il quotidiano libanese le autorità turche avrebbero anche ammesso un loro coinvolgimento attivo nella recente battaglia di Aleppo per rompere l’assedio governativo ai ribelli asserragliati nei quartieri orientali della città. Altri militari turchi avrebbero combattuto a fianco dei miliziani del Partito Islamico del Turkestan, addestrati da Ankara. In cambio di un disimpegno da parte turca da Aleppo, il governo di Damasco avrebbe fornito informazioni utili relative alla prigionia di 4 militari turchi, sui 7 dispersi.

Nei dettagli l’accordo tra siriani e turchi includerebbe un impegno di Damasco per cessare qualsiasi attività di supporto e di collaborazione con le milizie curde. In cambio i turchi avrebbero promesso di sospendere il loro sostegno logistico e militare nei confronti di quei gruppi della galassia jihadista, foraggiata da tempo da Ankara, che combatte nella provincia di Aleppo.

In effetti il governo turco ha intrapreso due azioni congiunte. La prima è l’invasione denominata “scudo sull’Eufrate” avviata con la scusa di contrastare e combattere Daesh -minimamente colpito dalle truppe turche- che ha, invece, come obiettivo principale quello di far arretrare i curdi ad est del fiume Eufrate.

La seconda, meno nota ai media occidentali, è la smobilitazione di migliaia di combattenti jihadisti e fondamentalisti (appartenenti principalmente ad Ahrar Al Sham o ai gruppi salafiti turcomanni) dalla zone di Aleppo e Idlib, ed il loro rientro all’interno del confine turco al fine di lasciare agire indisturbate le truppe lealiste siriane disimpegnandole anche da città come Latakia.

Appare molto provocatorio l’atteggiamento di Erdogan nei confronti dei suoi alleati/nemici statunitensi. Da una parte ha avviato un’operazione militare contro i curdi e le milizie delle FDS (Forze Democratiche Siriane) sostenute militarmente dagli Stati Uniti, alimentando ulteriore confusione in una guerra che sempre più sembra essere un “tutti contro tutti”. Da questo punto di vista, il governo di Washington ha chiesto ad Ankara di sospendere qualsiasi azione militare, ha recentemente negato il proprio sostegno aereo all’operazione ed ha, infine, cominciato a non collaborare più con i turchi in materia di prevenzione e sostegno militare in Siria.

Appare abbastanza difficile che gli statunitensi lascino che il governo turco consolidi la propria inedita alleanza con l’asse formato da russi, iraniani e siriani. In quest’ottica, il segretario di stato Kerry, ha eventualmente previsto di occupare una parte del territorio siriano, sotto il controllo turco, in maniera da istituire una sorta di base operativa nel nord e di prevedere, inoltre, l’istituzione di una no fly-zone, senza un preciso mandato ONU, cosa che ha fatto innervosire il Cremlino allontanando sempre di più un accordo congiunto tra Mosca e Washington.

Stefano Mauro


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marcopa
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www.tempi.it

La Turchia invade la Siria, Assad e Russia non protestano. La spartizione del paese è cominciata

Agosto 31, 2016
Rodolfo Casadei

Erdogan invece dell’Isis combatte contro i curdi, senza che la Siria protesti. Il riavvicinamento fra Turchia e Russia, insieme agli incontri bilaterali fra Usa e Russia, stanno cambiando la guerra

Se lo aspettavano tutti, non poteva non aspettarselo il ministro della Difesa degli Stati Uniti. Eppure Ashley Carter ha espresso rammarico per gli scontri armati fra le forze armate turche, che una settimana fa sono entrate in territorio siriano, e i ribelli del Libero esercito siriano (Les) sostenuti dalla Turchia, da una parte, e i combattenti delle Forze democratiche siriane (Fds) dall’altra.

ADDIO NO-FLY ZONE.

Le Fds sono la coalizione di milizie arabe e delle Ypg curde che da due anni sostengono il massimo sforzo nella lotta contro l’Isis in Siria. Da anni la Turchia proponeva agli Stati Uniti la creazione di una zona cuscinetto all’interno della Siria sotto la protezione di una no-fly zone Nato, dove concentrare, armare e addestrare gli oppositori al regime di Damasco, e per anni tutti i livelli delle amministrazioni Usa hanno risposto picche, nel timore di vedere la Nato trascinata in un conflitto senza chiare vie d’uscita. Recentemente Usa e Turchia si sono ritrovati d’accordo che la seconda sarebbe intervenuta militarmente sul suolo siriano, senza la copertura ufficiale di una no-fly zone Nato ma con quella ufficiosa dell’aviazione della coalizione da tempo impegnata contro l’Isis, per implicarsi direttamente nella guerra contro il Califfato e per dedicarsi alla formazione e al coordinamento dei molteplici gruppi ribelli che si riconoscono in un’appartenenza nominale al Les.

ERDOGAN CAMBIA OBIETTIVI.

Il fatto è che nel frattempo gli imperativi strategici di Ankara sono cambiati: mentre fino a un paio di anni fa l’ossessione di Erdogan era rappresentata dalla caduta di Bashar al-Assad e dalla vittoria dei ribelli di ogni tendenza politica e politico-religiosa, purché sunniti, e fino a un anno fa la sua ossessione continuava ad essere la conquista di Aleppo da parte di un’eteroclita coalizione operativa di milizie ribelli che vanno dal Les a Jabhat al-Fatah al-Sham (il nuovo nome dei qaedisti di Jabhat al-Nusra), attualmente la priorità numero uno è rappresentata dall’esigenza di fermare l’avanzata delle Fds, in procinto di dare l’assalto all’ultimo tratto di frontiera turco-siriana controllata dall’Isis.

CACCIA AI CURDI.

Così con la scusa di unirsi finalmente alla campagna contro l’Isis e di occuparsi sul campo dell’armata Brancaleone anti-Assad, i turchi sono entrati in territorio siriano e, dopo aver conquistato per conto del Les quasi senza colpo ferire la cittadina di Jarabulus fino a quel momento controllata dall’Isis, si sono dedicati alla loro occupazione preferita: dare la caccia ai curdi in armi. Col pretesto del mancato ritiro di tutte le forze curde da Manbij, conquistata dalle Fds il 27 agosto scorso dopo un’offensiva durata tre mesi e costata quasi 2 mila morti, le forze del Les supportate dal corpo di spedizione turco hanno dato l’assalto alle aree rurali controllate dalle Ypg e dai loro alleati arabi, conquistando 21 villaggi secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, che ha sede in Inghilterra. Secondo lo stesso ente, l’offensiva avrebbe causato 35 morti fra i civili della regione a causa dei bombardamenti turchi. A quel punto i curdi, anziché completare il ritiro da Manbij come avevano promesso agli Usa in cambio della copertura aerea garantita durante l’offensiva, hanno inviato truppe fresche, ed è probabile che nei prossimi giorni lo scontro fra Les e forze armate turche da una parte, Fds dall’altra si allargherà.

ACCORDO TURCHIA-RUSSIA.

Dunque il paradosso che già da tempo si verificava sul terreno, cioè ribelli anti-Assad armati e addestrati dalla Cia che combattono miliziani curdi armati e assistiti dal Pentagono, non fa che allargarsi: Turchia e Pyd curdo siriano sono alleati dell’America nella guerra contro l’Isis e condividono con Washington l’obiettivo politico dell’uscita di scena del presidente Bashar al-Assad a Damasco, ma anziché sfidare l’esercito siriano dedicano grandi sforzi ad ammazzarsi fra di loro. Allora si può scrivere, come fa oggi il Wall Street Journal, che gli Usa sono stati «presi alla sprovvista dai loro alleati». Oppure più ragionevolmente si può pensare che lo sconcerto mostrato dal Pentagono per gli scontri armati fra alleati sia pura ipocrisia, pura cortina fumogena per nascondere importanti aggiustamenti strategici. Si può pensare che il riavvicinamento fra Turchia e Russia prima e dopo il tentato colpo di Stato di luglio e gli incontri bilaterali fra Usa e Russia sulla crisi siriana stiano producendo nuove situazioni sul teatro di guerra.

NESSUNA PROTESTA.

Per prima cosa va notato che l’invasione della Siria da parte della Turchia – la Turchia è il primo paese che viola in modo sostanzioso la sovranità della Siria, inviando formalmente le sue forze armate sul terreno contro la volontà del governo siriano – ha prodotto solo una lettera di protesta di Damasco alle Nazioni Unite. Nessuna manifestazione anti-turca è stata organizzata in nessuna località siriana sotto il controllo governativo. Russia e Iran, alleati di ferro di Damasco, non hanno detto nulla. Entrati in territorio siriano, i militari turchi si sono dedicati in piccola parte alla guerra contro l’Isis e in gran parte alla guerra contro le Ypg curde. Nel contempo ad Hasakeh, nel nord-est del paese, per la prima volta dall’inizio della guerra civile le truppe e l’aviazione governativa si scontravano su larga scala con i curdi. La non belligeranza di fatto che dall’inizio della guerra civile è regnata fra le forze filo-Damasco e le Fds/Ypg è stata rotta. Mentre sembra essersi materializzata una nuova non belligeranza: le forze armate di Damasco e quelle turche non si combattono fra loro, né ad Aleppo né altrove, ma combattono l’Isis e i curdi.

SPARTIZIONE COMINCIATA.

E mentre Ankara sembra decisa a prendere il controllo dell’area di confine attualmente occupata dall’Isis, Bashar al-Assad fa progressi nella pacificazione della capitale: Daraya, storica roccaforte dell’opposizione alla periferia ovest di Damasco, si è arresa e 700 ribelli che hanno deposto le armi pesanti hanno avuto un salvacondotto per trasferirsi nella regione settentrionale di Idlib. Una spartizione della Siria in aree di influenza concordate in segreto da Damasco, Russia, Turchia e Usa sembra profilarsi all’orizzonte, con l’Isis e i curdi siriani nel ruolo dei grandi perdenti. L’autunno e l’esito della battaglia di Aleppo diranno se questa previsione è azzeccata.

@RodolfoCasadei


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cdcuser
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i soliti depistaggi (per non dire altro) .... l'obiettivo é e rimane l'IRAN (dopo aver asfaltato la Siria) e per Israele, Usa, Arabia Saudita e Turchia la via per arrivare a Teheran passa per Damasco.

La situazione si sta facendo molto pericolosa e rischiosa con l'invasione della Turchia nel nord della Siria (con l'appoggio aereo e truppe speciali Nato), in evidente violazione del diritto internazionale (per quel che vale, purtroppo), ... c'é il rischio concreto del casus belli totale con l'azionamento dell'articolo 5.


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