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Big Data dallo spazio: un miliardo di stelle spiate da GAIA


Eshin
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Big Data dallo spazio: un miliardo di stelle spiate da GAIA

PIERO BIANUCCI

Il 14 settembre conosceremo meglio un miliardo di stelle della Via Lattea, la nostra galassia. Un miliardo è una cifra che fa impressione, eppure è meno di un centesimo delle stelle che formano quella striscia lattiginosa che attraversa il cielo estivo (ammesso che l’inquinamento luminoso ce la lasci intravvedere).

C’è una grande attesa per il 14 settembre. In quel giorno saranno annunciati i risultati dei primi due anni di lavoro nello spazio dell’osservatorio astrometrico GAIA, una delle missioni-cardine dell’Agenzia spaziale europea. Compito di GAIA è misurare con estrema precisione posizioni, distanze, moti, luminosità e tipo spettrale di almeno un miliardo di stelle che popolano i dintorni del Sole. Nei primi due anni dei cinque previsti per la missione, GAIA ha rilevato più di 50 miliardi di transiti stellari sul piano focale e ha eseguito 110 miliardi di osservazioni fotometriche e 9 miliardi di osservazioni spettroscopiche.

Probabilmente nessuna missione spaziale ha mai riversato una tale quantità di dati. Fin dalla progettazione si sapeva che il segmento di terra di GAIA sarebbe stato impegnativo più del segmento spaziale. La responsabilità della riduzione dell’enorme mole di dati prodotti dal satellite astrometrico lanciato alla fine del 2013 in uno dei Punti di Lagrange a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra è affidata al Data Processing and Analysis Consortium (DPAC)), una collaborazione tra istituti di ricerca europei strutturata in 8 Unità di Coordinamento, ognuna incaricata di un particolare aspetto del trattamento dei dati. Il centro di elaborazione italiano è affidato all’Osservatorio Astronomico di Torino (Principal Investigator Mario Lattanzi) in collaborazione con ALTEC, ed è finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana.

Viviamo nel tempo di Big Data, e GAIA dimostra che le missioni spaziali fanno la loro parte. Già da anni la produzione di dati astronomici e astrofisici è tale che i ricercatori faticano a trattarli in modo approfondito. Capita che dati più accurati e freschi arrivino mentre non sono ancora del tutto sfruttati i dati di una ricerca precedente. Ma capita anche che anni o decenni dopo si torni a scavare in dati di archivio e, alla luce di nuove conoscenze, si facciano nuove scoperte.

Alec Ross, esperto di nuove tecnologie. già consigliere del Dipartimento di Stato americano e ora professore alla Columbia University, è autore di un libro che tutti dovremmo leggere perché ci riguarda direttamente: “Il nostro futuro. Come affrontare il mondo dei prossimi vent’anni” (Feltrinelli, 340 pagine, 19,50 euro). Il saggio di Alec Ross non parla di astronomia ma in uno dei suoi capitoli affronta la questione Big Data. Il presente, e più ancora il futuro sono racchiusi in queste due brevi parole. La terra – dice Ross – era la materia prima dell’era dell’agricoltura, il ferro dell’era industriale, i dati sono la materia prima dell’era dell’informazione. L’era che stiamo vivendo.

I dati che GAIA trasmette sono poca cosa rispetto a quelli che si accumulano su ciascuno di noi dal momento in cui incominciamo a usare uno smartphone. Ogni social in cui entriamo (Facebook, Twitter, Instagram, Linked-in, Whats-app, Pokémon e centinaia di altri videogiochi) traccia un nostro profilo. Per non parlare di Google e degli altri motori di ricerca. O delle e-mail. O di YouTube. Le banche non sono nient’altro che memorie elettroniche di dati e software per trattarli. Telefonate e sms sono dati. Il tutto nell’alfabeto digitale a due sole lettere: 0 e 1.

Ancora nel 2000 solo il 25 per cento dei dati era memorizzato in forma digitale, nel 2007 eravamo già al 97 per cento. Il 90 per cento dei dati digitali mondiali è stato generato negli ultimi due anni. Ogni minuto vengono inviati 204 milioni di e-mail e 2,4 milioni di messaggi finiscono in Facebook, 72 ore di video sono caricate su YouTube, 216 mila nuove foto viaggiano con Instagram. Nel 2015 i byte prodotti sono stati 5,6 zettabyte, e uno zettabyte corrisponde a un milione di miliardi di miliardi di byte (10 elevato alla 21).

Queste quantità non sono gestibili dalla mente umana. Infatti sempre più spesso i dati, frutto di algoritmi, vengono gestiti da altri algoritmi. Dei sette miliardi di azioni che sui mercati borsistici degli Stati Uniti passano di mano ogni giorno, due terzi vengo scambiati da algoritmi. Quale mago della finanza può dire di avere il controllo di una macchina simile?

Ecco perché troppi dati rischiano di equivalere a nessun dato. Ed ecco perché più importante della quantità è la qualità dei dati e la capacità di interpretarli. Davanti a un immenso tabulato siamo impotenti, serve una sintesi. La migliore sintesi è la visualizzazione grafica: in fondo siamo animali visivi. Per capire i flussi della comunicazione planetaria non mi serve la lista dei miliardi di persone che stanno parlandosi al cellulare ma una mappa mondiale dove i flussi – per esempio tra Stati Uniti ed Europa – siano rappresentati in tempo reale da semplici linee di spessore proporzionale al flusso stesso. Ma scegliere i dati utili e rappresentarli non è una operazione neutrale.

Già oggi e sempre più in futuro il vero potere, ci fa capire Alec Ross, non sarà tanto in mano ai politici quanto ai tecnici (tecnici?) che visualizzeranno i dati per loro. Questo fa Palantir, azienda di Palo Alto, il cui lavoro è in gran parte classificato perché ha trasformato enormi masse di dati raccolti dai servizi segreti, dai satelliti e dallo scandaglio profondo di Internet in mappe che hanno guidato gli interventi militari in Iraq e in Afghanistan.

E nella scienza? Anche qui decisive saranno le capacità di visualizzazione di grandi masse di dati. Le scoperte che contano si faranno a occhiate panoramiche. Non verranno dai dati ma dai meta-dati. Non dalla forza bruta della quantità ma da quella cosa lieve e impalpabile che è l’intelligenza. Vale anche per GAIA.

http://www.lastampa.it/2016/08/29/scienza/il-cielo/big-data-dallo-spazio-un-miliardo-di-stelle-spiate-da-gaia-pTYdQV2RaLBtPAiNQ5cDSO/pagina.html


Citazione
cedric
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 1697
 

Anticipo la domanda che molti si stanno ponendo:ma a che serve?

Una possibile risposta è che alla massaia ed al pensionato non serve avere una precisa mappa tridimensionale della nostra galassia ma fra 100-200 anni quando sarà pronto il primo quadrivector passagge i nostri tris nipoti ci ringrazieranno.

Sempre che dall'altra parte non ci sia un'altra "specie vivente" che apprezza la carne umana cotta al sangue.


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spadaccinonero
Illustrious Member Guest
Registrato: 2 anni fa
Post: 10314
 

cito da ced

"Sempre che dall'altra parte non ci sia un'altra "specie vivente" che apprezza la carne umana cotta al sangue."

secondo me è molto più probabile di quanto si possa immaginare...

una civiltà et, soprattutto se più evoluta di noi, ci guarderebbe come noi guardiamo il bestiame...


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