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Bolivia: il tiro si ritorse contro i destabilizzatori


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Pedro Rioseco

Il tentativo dei manipolatori intellettuali della destra di convertire una protesta di cooperativisti minatori in un'escalation destabilizzatrice contro il governo boliviano, s'invertì oggi contro di loro dopo il vile assassinio del vice ministro Rodolfo Illanes.

La denuncia del presidente Evo Morales che ha qualificato questi fatti come parte di una cospirazione politica permanente contro il suo governo, ha mobilitato un paese commosso dalla barbarie criminale contro il funzionario che era andato a cercare un pacifico dialogo con i dirigenti della protesta.

Il metodo utilizzato dagli strateghi di Washington, le cui istituzioni, è stato denunciato, finanziano le proteste con partiti politici nazionali e media come esecutori, è la sovrapposizione dei conflitti per tenere in scacco permanente il governo.

In primo luogo, ha avvertito Morales in una conferenza stampa nel Palazzo del Governo, furono le mobilitazioni di un gruppo di persone con disabilità, poi i proprietari e trasportatori di merci ed ora un settore del cooperativismo minerario.

In questi casi è importante sottolineare la manipolazione informativa per distorcere, davanti all'opinione pubblica, che questo governo è quello che ha dato maggiore sostegno alle persone disabili in tutta la sua storia e difeso anche, con fermezza, i diritti dei trasportatori.

L'attuale protesta dei cooperativisti minatori nasconde il vero interesse dei datori di lavoro che contrattano manodopera a basso costo e domandano si elimini da una recente legge boliviana, sulle cooperative, il diritto dei propri dipendenti a sindacalizzarsi per la difesa dei loro interessi.

Ma ancora di più, sfruttando l'esenzione fiscale per le cooperative, questi "cooperativisti-imprenditori" pretendevano legalizzare i loro accordi con imprese transnazionali straniere per burlare la nazionalizzazione stabilita dalla Costituzione.

Morales ha denunciato che gli elementi oppositori della destra sostennero le richieste di carattere privatrizzatrice di questi minatori mobilitati da diversi giorni; in ciò che chiamarono la capitalizzazione di queste risorse naturali.

Noi lottiamo per le risorse naturali e queste appartengono ai boliviani, è una provocazione ed il popolo non cederà, non consegneremo le nostre ricchezze alle società straniere, ha detto Morales e la mobilitazione nazionale non si è fatta aspettare.

Il più contraddittorio è che il vice ministro Illanes, oggi proclamato eroe, era un difensore della soluzione dei conflitti attraverso il dialogo, ciò che è andò a cercare con gli stessi dirigenti che l'hanno rapito, torturato, picchiato a morte e gettato, il suo corpo, su una strada.

I movimenti sociali, contadini, operai, donne, studenti, ora chiedono l'intervento statale sulle miniere che pretendono privatizzare e domandano sottoporre alla giustizia i minatori che cercarono seminare il caos con una escalation di violenza.

Sospettosamente si segnalarono mobilitati morti, ed è qualcosa di cui investigare profondamente, perché la polizia era nei punti di blocco stradale senza portare armi letali, ha avvertito il primo presidente indigeno della Bolivia.

Senza dubbio, come dice il detto popolare popolare, "il tiro gli si ritorse contro" a coloro che progettavano destabilizzare il paese con la morte, non chiarita, di due minatori, decine di poliziotti feriti dalla dinamite che lanciavano a destra e a sinistra, giornalisti picchiati e diverse strade bloccate.

Il rifiuto nazionale di queste azioni criminali, e l'uso turbe alcolizzate per i loro scopi, ha rotto i blocchi stradali e costringerà i dirigenti dei minatori a sedersi a dialogare, ma i colpevole dell'omicidio di Illanes dovranno rispondere alla giustizia.

(Prensa Latina corrispondente in Bolivia)


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