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Cameron vuole uscire dall'Europa


Tao
 Tao
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
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Mentre da noi chiunque si azzardi a muovere critiche all’Euro o all’Europa, o soltanto ad evidenziarne paradossi e incoerenze, viene linciato da media e istituzioni come un criminale di Stato, nella ridente Inghilterra sta montando un sentimento, sempre più diffuso e sempre più teso, di radicale antieuropeismo. Ad alimentarlo non sono le frange estremiste di un qualche movimento di esaltati, ma il premier David Cameron e i suoi ministri in persona. Come rivelato in questi giorni dal Financial Times ( http://www.ft.com/cms/s/a047e356-0ed7-11e2-ba6b-00144feabdc0,Authorised=false.html?_i_location=http%3A%2F%2Fwww.ft.com%2Fcms%2Fs%2F0%2Fa047e356-0ed7-11e2-ba6b-00144feabdc0.html&_i_referer=#axzz28b86flJS ) , infatti, si sta aprendo quella che a tutti gli effetti è una guerra economica tra Unione Europa e Regno Unito. Che si combatte soprattutto su fatti relativi ai bilanci e ai piani di spesa, ma che si sta già trasformando in una guerra diplomatica e politica.

 David Cameron, col sostegno dell’intero governo e anche di parte dell’opposizione, ha tutta l’intenzione di bloccare il piano di spesa a lunga scadenza (7 anni) che Bruxelles vorrebbe approvare a novembre. L’obiettivo del Premier britannico sarebbe, infatti, quello di ottenere l’istituzione di un “two-tier EU budget”, ovvero un doppio piano di spesa per l’Europa: uno per i Paesi più ricchi e l’altro per quelli in crisi economica o sull’orlo del baratro. Di fatto, sarebbe il primo passo verso la creazione di un’Europa a due velocità, che è stato l’incubo di Monti nell’estate appena passata.

 Nonostante su giornali e Tv nostrani queste notizie non vengano riferite, pare che i diplomatici dell’Unione Europea e dei vari Stati membri – lo rivela il FT – siano sempre più preoccupati in vista degli incontri dei ministri delle finanze in programma il mese prossimo. Cameron, stando alle indiscrezioni, sarebbe “felicissimo di porre il suo veto” dal momento che, se vi riuscisse, “sarebbe accolto in patria come un eroe”. Tra l’altro, proprio in questi giorni si sta tenendo l’annuale congresso del Partito Conservatore, quello di Cameron, il quale è spronato dai suoi colleghi ad annunciare, magari proprio durante il suo discorso conclusivo, la decisione di riproporre il veto che aveva già posto a Bruxelles lo scorso dicembre, guadagnandosi non pochi applausi in Inghilterra per essersi opposto al Fiscal Compact.

 È evidente che una decisione così importante avrebbe delle pesanti ripercussioni sugli equilibri politici in Europa. Che è proprio quello che vorrebbero Cameron e i conservatori, per affermare a gran voce che Londra non è affatto intenzionata a supportare le decisioni dell’eurozona, di cui in Inghilterra si parla proprio come di una terra straniera a tutti gli effetti, in barba ai sentimenti di fratellanza e solidarietà spesso sbandierati negli incontri bilaterali con i primi ministri dell’Europa continentale. Non è un caso se nelle interviste rilasciate dai politici inglesi il summit di novembre venga descritto come “il solito scontro tra Londra e la maggior parte del resto d’Europa”.

 Qualcuno dirà che le posizioni del Regno Unito sono ben note, e che tutto sommato sono anche giustificate. Forse è vero, ma è innegabile che in queste settimane si sta assistendo ad un inasprimento del dibattito: probabilmente, di fronte alla nave europea che rischia di colare a picco, gli Inglesi vogliono allontanarsi il più possibile per evitare di essere trascinati a fondo, tanto più che anche per loro è cominciata la stagione dei tagli e dei risparmi. Non è un caso che Cameron stia pensando ad un referendum per ricevere il consenso dei sudditi della Regina nei confronti di questa politica di defilamento rispetto all’Europa. Anche il ministro degli esteri britannico ha annunciato sabato scorso che il consenso dei cittadini su una decisione così importante deve esprimersi attraverso una generale chiamata alle urne, magari proprio con un referendum.

 E il risentimento contro l’eurozona sta sfociando, come era prevedibile, anche in uno scetticismo nei confronti dell’Europa in generale. È stato il ministro del bilancio, Michael Fallon, a denunciare che “non c’è stato un referendum sulla permanenza della Gran Bretagna nell’UE dal 1975”. Come dire: sarebbe ora di farne un altro. E infatti lo stesso ministro ha definito una “ventata di freschezza” il veto posto alle politiche fiscali europee da David Cameron lo scorso dicembre. A rincarare la dose, per chi a Bruxelles volesse far finta di non capire, è arrivata la dichiarazione del Ministro per l’Europa, David Lidington, che ha confermato che la proposta di Cameron di bloccare il piano di spesa europeo per i prossimi sette anni non sta facendo pretattica, ma sta definendo un’invalicabile “linea rossa” volta a definire “una posizione non negoziabile”.

 E tanto per esacerbare le tensioni, già vibranti, tra i vari Stati Europei, Cameron sta pensando di non rinunciare al cosiddetto “British rebate”. Si tratta di un risarcimento pari a circa 5 milioni di sterline (più di 6 milioni di euro) che ogni anno l’Unione Europea devolve alle casse di Londra, e per il quale l’Italia contribuisce per il 24% (seconda solo alla Francia: 31%). Fu istituito nel 1984, a seguito di un negoziato condotto da Margaret Thatcher. In sostanza, l’Inghilterra pretese una ricompensa in quanto una grande parte del bilancio europeo veniva spesa per finanziare le politiche agricole stabilite da Bruxelles, che di fatto non erano sostenibili nel Regno Unito. Tra l’altro, si ritenne necessario farlo anche per seguire un politica di riequilibrio all’interno dell’UE: allora l’Inghilterra era il terzo Paese più povero tra i dieci di quella che era la Comunità Economica Europea. Tuttavia, oggi sono evidentemente venute meno le esigenze di un tale risarcimento: la quantità del bilancio dell’UE destinato all’agricoltura si è dimezzato, passando dall’80% al 41%; ed è chiaro a tutti che l’Inghilterra non figura più tra i fanalini di coda dell’economia europea. E infatti negli ultimi anni ci sono state varie trattative tra Londra e Bruxelles per rinegoziare questo finanziamento: nel 2005, ad esempio, Tony Blair accettò una decurtazione del 20% nel periodo 2007-2013. Giunta tale ennesima scadenza, si pensava di poter abolire definitivamente questo “rebate” non più giustificato. E invece no: Cameron pare seriamente intenzionato a non mollare l’osso, apparentemente più per mostrare i muscoli al resto d’Europa (e magari rinforzare la sua leadership in patria) piuttosto che per non rinunciare ad una cifra piuttosto esigua.

Sono queste, insomma, le tensioni che percorrono la Manica. E ci si chiede, in un simile scenario, quale sia il ruolo della politica italiana. Possibile che da noi l’Euro e l’Europa debbano essere accettati come due totem, e che il solo pretenderne degli aggiustamenti risulti blasfemo, o addirittura fascista? Rischiamo di svegliarci in un’Europa profondamente diversa da quella che abbiamo imparato a lodare e sperticare sui libri di scuola scritti trent’anni fa, e restare sbalorditi di fronte al cambiamento.

Valerio Valentini
Fonte: www.byoblu.com
Link: http://www.byoblu.com/post/2012/10/07/Cameron-vuole-uscire-dallEuropa.aspx
7.10.2012


Citazione
antiUsrael
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 1519
 

Cameron voglio vederti penzolare dalla forca insieme hai tuoi compari per quello che avete fatto alla Libia luridi criminali sionisti.
Fuck you Rothschild England!


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Ezechiele
Trusted Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 73
 

Ma che se ne vadano, anzi non sarebbero nemmeno dovuti entrare. Perchè non si possono avere solo gli onori (contributi EU) e non i connessi oneri (Euro).
Facile fare il frocio col culo degli altri.


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