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Tao
 Tao
Illustrious Member
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Crisi greca ingestibile. Una soluzione tipo Mirafiori non potrebbe funzionare

L'adesione all'euro impedisce qualsiasi flessibilità nelle risposte da dare alla crisi. La Grecia, ma anche Portogallo, Spagna e Italia soffrono di seri problemi di competitività ed è intervenendo su questi che si può tentare di rilanciare l'economia. Dal momento dell'entrata in vigore della moneta unica sono state proprio le economie dei «Pigs» e dell'Italia a perdere competitività, con un costo del lavoro unitario salito in media tra il 12 e il 22% nell'ultimo decennio, a fronte di una riduzione dello stesso in Germania. Il problema è che in un sistema di cambi fissi, come è l'euro, queste economie non possono giocare la carta della svalutazione, mentre, ad esempio, la Gran Bretagna, che ancora mantiene una sua valuta e una sua politica monetaria ha lasciato che la sterlina si svalutasse di circa il 25% contro l'euro dall'inizio della crisi, rilanciando in questa maniera la competitività dell'industria inglese. Di conseguenza Grecia e Portogallo (e Spagna, in parte) sono condannate a «rilanciare» le proprie economie mediante l'auto-induzione di politiche recessive che, aumentando la disoccupazione, riducano il livello dei salari, la soluzione classica del Gold Standard di due secoli orsono.

Quello che però Ue, Fmi (e governo tedesco) non sembrano tenere in conto è che il XXI secolo non è il XIX e che in Grecia, Portogallo e Spagna gli elettori godono ancora, per fortuna, del diritto di voto. E in democrazia non è possibile richiedere ai cittadini di firmare per il loro licenziamento o per la riduzione dei loro salari, come invece ha appena fatto il governo di Lisbona, siglando un accordo con l'Fmi che prevede altri due anni di recessione. Si tratta di un piano politicamente insostenibile ma anche economicamente suicida, cui infatti i mercati internazionali non sembrano prestare fede, scommettendo su un default greco, che avrebbe conseguenze disastrose su tutta l'Europa, scatenando il panico tra gli investitori privati e trasmettendo il contagio ai paesi detentori di buona parte dei titoli greci - Germania in primis - e alle altre economie con i problemi macroeconomici più evidenti, a cominciare dai Pigs che rischierebbero di fare la stessa fine di Atene. (...)

Il problema greco va però oltre le contigenze del momento e segnala in maniera chiara i problemi stutturali dell'archittetura europea, che esistevano già dall'inizio dell'avventura della moneta unica ed erano stati ampiamente preannunciati da diversi economisti ma che sono venuti alla luce in tutta la loro interezza solo con l'inizio della crisi. Le economie europee sono troppo diverse tra loro e nonostante una forte interdipendenza commerciale non possono permettersi una politica monetaria unica, a maggior ragione quando l'egoismo di breve respiro ha il sopravvento su una visione più lungimirante. Prova ne sia che all'Euro Tower di Francoforte si continua a discutere dei problemi dell'inflazione nell'area euro mentre le economie periferiche sono in recessione e avrebbero bisogno di consistenti stimoli monetari - nuovamente il paragone con la Gran Bretagna è istruttivo, i quantitative easing hanno portato l'inflazione al 4,5% ad aprile ma hanno anche evitato i problemi di liquidità che invece Grecia e Portogallo si trovano ad affrontare. Soluzioni semplici non se ne vedono. Un'entità politica che sia qualcosa di più di una unione monetaria in questo momento starebbe trasferendo in maniera massiccia risorse da una parte all'altra del Paese per poter fronteggiare il periodo di crisi, ma questo è escluso dal governo tedesco e dalle istituzioni europee che anzi fanno pagare alla Grecia più del dovuto per i prestiti. In termini di economia politica classica, sembra che il capitalismo europeo si stia avviando verso un equilibrio semi-autoritario, in cui cittadini sono costretti a subire tagli di salari e diritti senza poter decidere in maniera democratica del proprio futuro. In tale contesto, Mirafiori e Atene non sembrano poi realtà così distanti: in entrambi i casi ai lavoratori è semplicemente imposto di obbedire a piani decisi da altri e che peggioreranno le loro condizioni di vita. (...)

Nicola Melloni
Fonte: www.ilmanifesto.it
22.05.2011

Il testo integrale su sbilanciamoci.info


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