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Dopo la Brexit, gli inglesi sono pronti a un "exit" della Scozia (e non solo)?


Maia
 Maia
Prominent Member
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Dopo la Brexit, gli inglesi sono pronti a un "exit" della Scozia (e non solo)?

"Brexit means Brexit" aveva dichiarato nel luglio scorso Teresa May durante la campagna per la leadership del partito conservatore. Da allora, cosa significa in concreto Brexit è una domanda che non ha ancora trovato un responso chiaro. O meglio, ho trovato talmente tante diverse e contraddittorie risposte, peraltro nessuna ufficiale (sic), che ormai da vuota retorica è diventata un'espressione idiomatica per indicare il "nulla".

Da qualche giorno però, Brexit inizia a indicare un po' di cose e sciaguratamente non sono proprio vantaggiose. Che significasse "caos e anarchia", questo già lo si sapeva. Il partito laburista lo aveva sperimentato da subito. Ora che la soap sulle elezioni del leader si è conclusa con un Jeremy Corbyn rafforzatosi e che ha già provveduto a fare l'ennesimo rimpasto della sua squadra (il terzo? ho perso il conto onestamente), si spera che si inizi a vedere una effettiva opposizione sui temi dell'uscita dall'Europa. E non solo francamente.

Ma ahimè non è parso così mercoledì a Westminster durante il question-time in cui Corbyn, sì incalzava il primo ministro su una serie di punti fra i quali anche la tutela dei lavoratori europei (cittadini no?), ma si dimenticava però di citare il white-paper che i suoi due ministri ombra (Emily Thornberry agli Esteri e Keir Starmer all'uscita dall'Europa) sempre ieri mattina avevano presentato alla stampa. Insomma, a rimarcare - come se ce ne fosse bisogno - che la sua è una leadership "solitaria" (e direttamente in sintonia col suo 'popolo' direbbero nelle sezioni della Sinistra italiana). Del resto quale è la posizione del Labour sui temi dell'immigrazione e dell'Europa non è stata per nulla chiarita al Congresso che si è chiuso lo scorso 29 settembre, con tanto di dichiarazioni contraddittorie fra il leader e i diversi suoi ministri. Tant'è.

Brexit purtroppo ha significato fin dal giorno dopo il voto anche razzismo e intolleranza. E senza andare a scomodare la nostalgia per l'Impero o le camicie nere di Oswald Mosley, basti ricordare che il voto del 23 giugno ha dato una sorta di legittimo mandato "democratico" a una parte della popolazione inglese (per fortuna molto minore ma non per questo meno pericolosa) a dare libero sfogo alla propria più acritica esterofobia, per dirla con un eufemismo. I dati pubblicati a inizio ottobre dal home office non lasciano infatti spazio a interpretazioni.

In un contesto ipersensibile come il Regno Unito di oggi, il confine fra patriottismo e nazionalismo è ancora più labile. Le prime pagine dell'Express negli ultimi giorni lo hanno superato ampiamente. L'irresolutezza e l'incoerenza del governo, poi, non aiuta. Può apparire una forzatura tacciare di razzismo e antisemitismo l'infelice uscita di Teresa May al congresso del suo partito in cui di fatto ha stigmatizzato "i cittadini del mondo" (queste le parole esatte: 'If you believe you're a citizen of the world, you're a citizen of nowhere. You don't understand what the very word citizenship means'), una frase tuttavia che se analizzata al di fuori della stretta polemica politica non si può negare che sul piano intellettuale riproponga i topoi più inquietanti del secolo scorso (e ringrazio chi me lo ha fatto notare).

Non ci sarà invece bisogno di raffinate analisi per capire la ratio che stava dietro alla richiesta di escludere i ricercatori di nazionalità "europea" della London School of Economics dal team di consulenti che preparano i dossier per il governo o dalla proposta avanzata dal ministro degli interni di richiedere alle aziende l'elenco dei lavoratori non-britannici. Di certo l'impressione che stanno dando non è delle più razionali, anzi sembra proprio che non abbiano la più pallida idea di cosa si debba fare e soprattutto di come gestire anche le più semplici questioni. E mi limito al momento a inserire nell'ampia categoria dell'impreparazione l'idea di escludere il percorso della Brexit dal voto parlamentare, perché in quel caso si tratterebbe di imporre una enorme ipoteca alla democrazia parlamentare e alla costituzione.

Lo "spettacolo" vero inizierà soltanto l'anno prossimo, a marzo, termine ultimo indicato da May per attivare l'ormai fantomatico articolo 50 e che darà inizio al vero percorso di "uscita" dall'Ue. Prepariamoci ai fuochi d'artificio dunque.

Cosa succederà alla sterlina e all'economia britannica nel frattempo? Le stime più ottimistiche indicano la parità della moneta di Sua Maestà all'euro, di per sé una sorta di nemesi storica, mentre il costo totale del divorzio in termini micro- e macro-economici sale di vari punti ogni giorno nelle analisi del Financial Times. Farà un po' sorridere che la catena di supermercati Tesco a causa dell'aumento dei costi di importazione dovuti alla caduta della sterlina abbia eliminato dagli scaffali del proprio negozio online, oltre a una serie di prodotti di largo consumo, anche la Marmite (una crema a base di estratto di lievito di birra), ma è certamente indicativo di quale sarà il tasso di inflazione dopo Natale. Nel frattempo però i turisti cinesi e russi che affollano Sloane street si potranno comprare l'intera ultima collezione di Louis Vuitton, che per lo stesso motivo ora par essere molto più conveniente in sterline che in dollari. Sarà un dato accolto con favore da Downing street e dai Brexiteers?

Il conto più salato, tuttavia, non verrà dagli ex-partner europei i quali di fatto sono i veri attori nel decidere se sarà hard- o soft- Brexit. Il premier scozzese Nicola Sturgeon aprendo il congresso dello Scottish National Party ha dichiarato che presenterà a breve una nuova proposta di legge per indire un secondo referendum sull'indipendenza scozzese. Brexit forse significa anche "exit" in tutti i sensi.

http://www.huffingtonpost.it/marzia-maccaferri/brexit-inglesi-scozia-_b_12476142.html


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novaragiacomo
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Post: 346
 

Scozzesi venduti alla massoneria anticristiana.

https://conoscererendeliberi.wordpress.com/2016/09/16/il-concetto-di-verita-secondo-papa-francesco/


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Primadellesabbie
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Non so se ricordi il giorno in cui il rettore ed il senato accademico dell'Università di Bologna, in grande spolvero, ermellini e tutto il resto, si apprestava a riconoscere una laurea Honoris Causa al liquidatore dell'URSS Gorbachev? L'umiliante e lunga attesa fu vana perché invece quest'ultimo, in compagnia della azimatissima Raisa, preferì recarsi ad inaugurare un centro commerciale nei dintorni della città, ottenendo in cambio dei sonanti denari al posto della pergamena con nastrini.

Un affronto che l'antichissimo ateneo nella sua lunghissima parabola, ed il mondo accademico tutto, non avevano mai subito. Il povero rettore, che aveva avuto l'idea, ne fu segnato.

Questo episodio mi é tornato in mente leggendo il "profilo" (qui sotto) dell'autrice, profilo che ho sentito il bisogno di sbirciare trovando piena conferma ai miei sospetti, dopo aver letto l'articolo che proponi qui.

Temo che Gorbachev (e Raisa) abbiano dato prova di perspicacia e lungimiranza (al tempo avevo pensato all'avidità) quel giorno in Emilia: le università (pare che alla nostra non gliene sia sfuggita una) vanno urgentemente smantellate, se questi sono i risultati.

Marzia Maccaferri is Associate Lecturer at the Department of Politics, Goldsmiths, University of London; she also teaches at LUISS-G.Carli Rome. She worked at the University of Bologna, the University of Modena and Reggio Emilia, and held visiting research positions at the Department of Italian, University of Cambridge and at the Institute of Historical Research, London.
She received her PhD in History from the University of Bologna. Her recent publications include Between Empire and Europe. Intellectuals and the Nation in Britain and France During the Cold War, co-written with Lucia Bonfreschi (Routledge, 2015), The Re-Emergence of Territorial Cleavage in West European Politics. Regionalism in Historical Perspective 1960s-1990s (American Historical Association, 2015), and ‘I partiti politici a Bologna durante la Prima repubblica’, in Storia di Bologna (BUP, 2013).
Her interests range across interdisciplinary and comparative European history, in particular the theory and history of the intellectual and political narratives during the post-WW2 period. Marzia is currently working on a project on the English political and cultural model in the Italian intellectual discourse from the end of fascism to 1979, and on a research about the intellectual discourse developed in the English journal Marxism Today in the 1980s.

@ novara

Gli scozzesi sono, per le loro vicende storiche, cattolici romani (non é un segreto).
Sulle banconote scozzesi compaiono personaggi legati alla loro propria storia.
La loro obbedienza massonica si distingue orgogliosamente, antica e unica, da quella degli inglesi riformata agli inizi del '700.

Anche le palestre di luoghi comuni a buon mercato, pro o anti vulgata prevalente, vanno smantellate.


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novaragiacomo
Reputable Member
Registrato: 3 anni fa
Post: 346
 

@Primadellesabbie
@ novara

Gli scozzesi sono, per le loro vicende storiche, cattolici romani (non é un segreto).
Sulle banconote scozzesi compaiono personaggi legati alla loro propria storia.
La loro obbedienza massonica si distingue orgogliosamente, antica e unica, da quella degli inglesi riformata agli inizi del '700.

Anche le palestre di luoghi comuni a buon mercato, pro o anti vulgata prevalente, vanno smantellate.

Gli scozzesi saranno cattolici romani ma farebbero' il volere dell'anticristiano ed anticattolico Bergoglio:

https://conoscererendeliberi.wordpress.com/2016/09/16/il-concetto-di-verita-secondo-papa-francesco/


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Primadellesabbie
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Post: 5039
 

"Gli scozzesi saranno cattolici romani ma farebbero' il volere dell'anticristiano ed anticattolico Bergoglio"

Eeeeehllamadonna!


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novaragiacomo
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null

Se leggi l'articolo ed il mio blog e capirai...


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