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Grecia: governo in panne, manifestanti in piazza


dana74
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Grecia: governo in panne, manifestanti in piazza

Migliaia di lavoratori sono scesi nelle strade di Atene per opporsi alla politica lacrime e sangue imposta dall’esecutivo Papandreou

Andrea Perrone

La Grecia incrocia le braccia contro le misure lacrime e sangue e le privatizzazioni decise dal governo socialista per ottenere un nuovo prestito internazionale ed evitare una ristrutturazione del debito.
Migliaia di lavoratori ellenici hanno scioperato per protestare contro gli impegni dall’esecutivo socialista sul piano di salvataggio Ue-Fmi da 110 miliardi di euro, in vista di un altro prestito da 60 miliardi di euro, annunciato martedì da alcuni quotidiani della stampa internazionale in cambio di nuovi e pesanti sacrifici per il popolo ellenico. In particolare le proteste si sono concentrate contro un inasprimento delle misure di austerità, abbinate a un’intensificazione delle privatizzazioni, pari a 50 miliardi di euro entro il 2015. I manifestanti sono scesi in piazza ad Atene contro i sacrifici imposti alla nazione su appello delle più importanti sigle sindacali: Gsee per il privato, Adedy per i funzionari e il fronte sindacale comunista Pame. Alcuni incidenti sono stati registrati in occasione del corteo, con roghi e sassaiole seguiti da lanci di granate stordenti e gas lacrimogeni da parte della polizia su gruppi di giovani manifestanti.
Per 24 ore sono rimasti chiusi gli uffici pubblici e braccia conserte per lavoratori del settore privato. In programma anche lo stop dei piloti con voli cancellati in tutto il Paese. Lo sciopero coincide non ha caso con l’avvio del lavoro di verifica sui conti pubblici della troika Ue-Fmi-Bce. Molti greci sono infuriati per le perdite di posti di lavoro, aumenti fiscali e tagli alle pensioni e ai salari, previste anche numerose privatizzazioni per soddisfare i voleri dei grandi organismi internazionali (Ue, Bce, Fmi) e ottenere un prestito molto oneroso. Oltretutto si teme che i sacrifici sostenuti finora per pagare il debito contratto con la Troika Ue-Bce-Fmi non riescano a sortire l’effetto desiderato, anzi da quanto si evince dati alla mano è che la cura sia peggiore del male e provochi un vortice di indebitamento da cui la Grecia non riuscirà ad uscirne facilmente.
“Protestiamo fortemente contro le politiche ingiuste e dure che hanno spinto verso l’alto il tasso di disoccupazione, falsato l’aumento dell’occupazione e calpestato i diritti dei lavoratori”, hanno dichiarato fonti vicine al sindacato Gsee. Nonostante i suoi tagli di spesa, il governo non riesce ad uscire dal suo deficit di bilancio tanto rapidamente quanto sperava - anche perché il programma di ristrutturazione fiscale ha aggravato la recessione, mentre la disoccupazione sale ancora fino a raggiungere il 15% dei senza lavoro. Intanto nella capitale greca sono giunti i rappresentanti della troika Ue-Bce-Fmi per una serie di colloqui con i funzionari del governo in vista della concessione della quinta tranche degli “aiuti” da 110 miliardi di euro. La situazione del Paese è allarmante: nei primi quattro mesi del 2011, le entrate nelle casse dello Stato sono diminuite del 9,2% rispetto al corrispondente periodo del 2010, è assolutamente convinta che non sarà possibile ridurre il deficit al 7,4% del Prodotto interno lordo, nonostante tutte le misure aggiuntive del governo e i nuovi sacrifici imposti al popolo ellenico. Ad aggravare la situazione sono le incertezze e le difficoltà del governo Papandreou di fronte alle critiche e alle divergenze di alcuni ministri alla politica decisa dal ministero delle Finanze. Lo stesso primo ministro ha chiesto recentemente una maggiore unità e collaborazione durante la riunione del Consiglio dei ministri, in vista della presentazione in parlamento del Programma economico varato dal governo. Una crisi inestricabile, un vortice debitorio che rischia di inghiottire la Grecia e il suo popolo nella disoccupazione e nella miseria più nera per gli anni a venire.

12 Maggio 2011 1200 - http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=8206

La Bce ammonisce la Grecia a varare le riforme liberiste

No di Bini Smaghi alla ristrutturazione del debito e all’uscita dall’euro. In arrivo un nuovo prestito per 60 miliardi

Filippo Ghira

La Banca centrale europea non intende avallare le voci su una ristrutturazione del debito pubblico greco, ossia di un riorganizzazione totale delle scadenze, sia per il pagamento del capitale che dei relativi interessi, in maniera tale da offrire un po’ di respiro al governo socialista di Gheorgos Papandreou (nella foto) che ha dovuto toccare con mano gli scarsi risultati ottenuti da tutto il pacchetto di misure ultraliberiste alla “lacrime e sangue”. Un intervento imposto dalla stessa Bce, dall’Unione europea e dal Fondo monetario internazionale a fronte del prestito triennale di 110 miliardi al tasso del 6,2%. Un tasso usuraio che è ben maggiore di quello originario al 5% che rappresenta quello standard praticato dal Fmi. E un pacchetto di misure che ha comportato il congelamento delle pensioni e degli stipendi pubblici per tre anni e la privatizzazione delle aziende operanti nel campo dell’energia e in quello delle telecomunicazioni.
A ribadire la linea dura della Bce, senza se e senza ma, è stato Lorenzo Bini Smaghi, membro italiano del direttivo dell’istituto di Francoforte. La ristrutturazione, che è stata chiesta dalla Germania (e data per scontata dalle agenzie di rating Usa) viene vista come il fumo negli occhi da Bini Smaghi e dal presidente della Bce, il francese Jean Claude Trichet che, a fine ottobre verrà sostituito dal nostro (o meglio dal loro) Mario Draghi.
Secondo il banchiere italiano la ristrutturazione resta una favola alla quale “purtroppo” anche in Grecia qualcuno ha creduto. E resta una favola anche nel caso in cui essa fosse “ordinata”, ossia nel caso in cui ci fosse un accordo tra tutti i soggetti interessati. La Grecia, ha replicato Bini Smaghi, deve invece tenere fede agli impegni presi, proseguire nella sua politica delle riforme, come quella fiscale che invece di accelerare ha rallentato. Ora e sempre Libero Mercato, tuonano Bini Smaghi e Trichet. E’ l’unica strada di cui Atene dispone per offrire agli investitori la garanzia di essersi messa sulla strada del risanamento e che non sono carta straccia quei titoli di Stato per i quali hanno sborsato non pochi soldi. La Grecia, ha continuato, emette titoli di Stato a breve termine (6 mesi e un anno) e continuerà a farlo. Bisognerà quindi verificare l’anno prossimo, alla scadenza, quanto sarà capace di emettere e collocare. Questo dipenderà dalle misure di risanamento dei conti pubblici portate avanti e se esse basteranno a rassicurare i potenziali nuovi investitori. Anche perché, a suo giudizio, tali misure sono state forse troppo ritardate.
Sbaglia quindi, anzi è autolesionista, la Germania del cancelliere Angela Merkel, quando chiede la ristrutturazione, visto che i principali creditori di Atene sono proprio i tedeschi, in particolare le banche. Una richiesta del genere, se fosse ufficializzata, diffonderebbe l’idea che il debito greco viene considerato insolvibile dalla prima potenza economica europea e una tale posizione provocherebbe vendite massicce dei titoli greci, buttando fuori Atene dai mercati finanziari mondiali ed avviando un devastante effetto domino che colpirebbe anche la credibilità dell’euro come moneta unica.
Esistono gli speculatori
A guadagnarci, ha osservato il banchiere scoprendo d’improvviso che esistono gli speculatori, sono di sicuro quelli che mettono in giro queste voci e creano fibrillazione sui mercati finanziari. A suo avviso, la nuova autorità europea per il mercato, che è stata appena creata , dovrebbe indagare per verificare se siamo di fronte a un tentativo di manipolazione del mercato. Recita un vecchio adagio: se c’ero dormivo, se ero sveglio non mi sono accorto di niente, e se
anche avessi visto non ho capito cosa è successo. Ma allora, diciamo noi, all’Eurotower di Francoforte che cosa fanno? Si grattano? Il fatto è che i banchieri centrali prendono atto di ciò che è successo e poco si preoccupano delle cause né si attivano per impedire agli speculatori di agire indisturbati. L’unica preoccupazione della Bce resta quindi la tenuta dell’euro, come se la sua sopravvivenza non fosse anche l’effetto delle manovre degli speculatori. A giudizio di Bini Smaghi, in ogni caso, non è nell'interesse di alcun Paese uscire dall'euro. Creerebbe una situazione drammatica e sarebbe un suicidio politico. Nessun capo di Stato o di Governo riuscirebbe a sopravvivere davanti ai propri concittadini con una decisione di questo tipo, considerate quali sono oggi le forze economiche in campo e i Paesi emergenti che si muovono sullo scenario internazionale, le risorse finanziarie che vengono spostate. Tutti fattori che schiaccerebbero un Paese che decidesse di andare da solo. Fosse anche la Grecia, vuole dire Bini Smaghi, ma anche un colosso come la Germania.
Nessuna luce da Aten
Ieri, nonostante il declassamento del suo debito pubblico da parte di Standard&Poor's, Atene è riuscita a vendere titoli semestrali per1,62 miliardi di titoli semestrali con un rendimento al 4,88%, in rialzo di 8 punti rispetto all'ultima asta del 12 aprile. Un parziale successo bilanciato dal rialzo dei tassi di interessi che certifica che la speculazione è sempre all’opera. I dati dell’economia reale greca non inducono comunque all’ottimismo, In marzo la produzione industriale ha registrato un calo dell’8% rispetto a marzo 2010 e del 4,8% su febbraio scorso. Il dato è ancora più grave se si considera il calo della produzione manifatturiera (-10,3%). L’economia greca è quindi in recessione anche a causa delle misure di austerità imposte dagli usurai internazionali. Meno produzione implica infatti meno stipendi, meno liquidità in circolazione, meno domanda di beni e servizi e via così in un meccanismo senza fine, con minori entrate fiscali e contributive che renderanno il risanamento dei conti un obiettivo irraggiungibile.
Se la ristrutturazione del debito non viene considerata e se l’uscita dall’euro viene esclusa, l’altra strada che si prospetta per Atene è quella di un ulteriore prestito di 60 miliardi che verrà discussa alla riunione dell’Eurogruppo e dell'Ecofin del 16-17 maggio e che verrà ufficializzato a giugno. Risorse che verranno sempre dalla Ue, dalla Bce e dal Fmi. Il Wall Street Journal, quotidiano ufficiale degli ambienti finanziari Usa lo dà per scontato. La sua valutazione è che una strada del genere è l’unica in grado di permettere alla Grecia di finanziarsi sui mercati dei titoli fino al 2013. Il nuovo prestito verrebbe distribuito in tranche più o meno uguali sul biennio 2012-2013. Una svolta che rimanda ad oltre il 2016 l’impegno di ridurre il disavanzo al 3%. Oggi si trova al 7,6%. Ieri ad Atene è arrivata una nuova missione della Ue, della Commissione e del Fmi per valutare lo stato delle finanze pubbliche greche, così catastrofico da spingere il governo a chiedere un dimezzamento degli interessi del prestito dal 6,2% al 3%. Bisognerà vedere se la richiesta verrà accettata e cosa vorranno gli usurocrati in cambio. Atene infatti ha ormai raschiato tutto il fondo del barile.

11 Maggio 2011 1200 - http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=8174

Eurocrack

Ugo Gaudenzi

“Un problema nato piccolo e trascurabile ha assunto dimensioni ben diverse a causa della divisione tra i partner Ue e del populismo: il mondo è cambiato, se non stiamo insieme scompariamo.”
Così Romano Prodi, il guru dell’euro e della distruzione della lira e delle imprese pubbliche italiane.
“Non basta l’economia, l’economia da sola non ci porta da nessuna parte. Come la politica senza la realtà è vuota, cosi l’economia senza la politica è cieca.”
Così Giulio Tremonti, attuale timoniere delle politiche economiche italiche.
In effetti la crisi greca ha portato l’Eurocrazia a guardarsi allo specchio, forse per la prima volta.
E’ più che palese: la gioiosa macchina del “progresso”, di Maastricht, dell’euro, dell’ Unione, sguazza ormai in un pantano.
Un bel problema per tali Vati del “mercato unico”, artefici della rapina delle sovranità nazionali: l’accelerata disintegrazione del loro sogno economicistico, liberista e pseudo-democratico, appare un processo ormai irreversibile.
La storia insegna che nei momenti di crisi, come ad esempio nel’29, con il crollo della borsa americana che generò effetti devastanti anche in Europa, l’intervento dei governi nazionali è decisivo.
Purtroppo gli attuali governi non hanno le carte in regola per rappresentare i loro popoli, sudditi come sono della grande finanza e delle politiche egemoniche dettate nel mondo unipolare dai centri di potere di Wall Street e della City.
E allora tocca a noi, alle nazioni d’Europa, imporre la fine di questa sudditanza.
La grande crisi economica innescata dalle pratiche liberal-liberiste, dalle rapine delle industrie strategiche e dalla speculazione selvaggia sulle economie nazionali è, oggi, un alleato di fatto, è “l’occasione” che i nostri popoli hanno per reclamare di scegliere il proprio futuro.
Si tratta di attivare un vasto fronte europeo di liberazione nazionale. Di mandare a casa chi ci conduce alla rovina.

10 Maggio 2011 1200 - http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=8200


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dana74
Illustrious Member
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"Alcuni incidenti sono stati registrati in occasione del corteo, con roghi e sassaiole seguiti da lanci di granate stordenti e gas lacrimogeni da parte della polizia su gruppi di giovani manifestanti."

già. In Europa i manifestanti devono essere repressi nel silenzio delle Ue che si prodigano tanto per i "manifestanti" in medio oriente


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ty
 ty
Eminent Member
Registrato: 2 anni fa
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Da una parte salassano la gente
e dall' altra privatizzano chi deve prendere gli incentivi
da dare con interessi a chi li presta
se li fanno fruttare creando occupazione
o se li mangiano alle caiman o da caiman

In italia leggevo che alcune leggi sulle privatizzazioni
le ha adirittura fatte bersani ( ber-sani 😳 😯 😳
e se non erro quella dell' acqua


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IlFilo
Eminent Member
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"Alcuni incidenti sono stati registrati in occasione del corteo, con roghi e sassaiole seguiti da lanci di granate stordenti e gas lacrimogeni da parte della polizia su gruppi di giovani manifestanti."

già. In Europa i manifestanti devono essere repressi nel silenzio delle Ue che si prodigano tanto per i "manifestanti" in medio oriente

eh già eh! siamo nella democraticissima europa, non può esistere il dissenso! solo un pazzo dissentirebbe in codesto paradiso!!!


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