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Il G8 delle tre «T» del neoliberismo rilancia il commercio


Tao
 Tao
Illustrious Member
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È su qualche carrozza lignea intarsiata che sfila un giorno sì e l’altro pure Elisabetta II, dopotutto è il suo duro lavoro. Ma non sono solo lei e la sua inesauribile sfilza di anniversari, rievocazioni, compleanni e sfilate in pompa magna (ha compiuto 87 anni lo scorso aprile, sabato la celebrazione ufficiale senza il novantaduenne consorte Filippo, ospedalizzato) a tenere la gran Bretagna ben visibile sullo scenario internazionale. Il Paese ospita un altro vertice di politica ed economia internazionali in un altro segregato resort per amanti del golf. Dopo quell’autentico sogno erotico per complottisti che è stato il Bilderberg, nel sobborgo londinese di Watford, ecco il G8 in un esclusivo hotel a Lough Erne, villaggio della contea di Enniskillen.

È un tentato rebranding dell’Irlanda del Nord: non più teatro di odi settari e terrorismo nazional-monoteista, ma improbabile destinazione ludica per facoltosi vacanzieri. Scelta che è stata naturalmente criticata per via della coincidenza con la stagione delle marce lealiste e i rischi di attacchi di repubblicani dissidenti. Entrambi i vertici vedono naturalmente la partecipazione di David Cameron.

Che se al Bilderberg è arrivato in sordina e in mezzo alle polemiche (un primo ministro democraticamente eletto in mezzo a una losca congerie di burattinai del turbocapitale), è qui nella veste di leader del paese attualmente alla presidenza del G8 in qualità di maestro delle cerimonie. Il summit, il 17 e 18 giugno e dal costo di 60 milioni di sterline (circa 70,5 milioni di euro) serve a Cameron per allentare la pressione sulla sua performance in casa, dove i sondaggi lo danno in caduta libera complice un’economia poco meno che immobile, anche e soprattutto grazie ai tagli sul welfare per i quali la crisi stessa aveva già funzionato da provvidenziale pretesto. Le proteste ci sono, ma per ora nessuno scontro serio. Un corteo di un migliaio a Belfast ha sfilato sabato senza incidenti. Fitta è l’agenda di temi sui quali far convergere le otto nazioni partecipanti (Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Russia, Regno Unito, Stati Uniti) che incarnano il buon vecchio ordine mondiale prima della crescita delle cinque massime economie globali in espansione (Cina, India e Brasile, Sudafrica e Messico), la cui presenza sarebbe qui indispensabile per arrivare a dei risultati vagamente fattivi. Ma quello è il G20, alla fine del quale puntualmente non si ottiene granché, tanto divergenti sono gli interessi dei partecipanti.

Questo lo chiamano il vertice delle tre T: trade, taxation and trasparency (commercio, tassazione e trasparenza), che sono anche tra le preoccupazioni principali di Cameron.
Che da neoliberista doc vede il commercio come massimo volano per uscire dalla crisi; subisce il richiamo alla tassazione come argine ai profitti galattici pressoché esentasse delle mega-corporations globali che di questi tempi – naturalmente – provocano lo sdegno del blocco middle class di cui il governo di coalizione è espressione; e infine la trasparenza che, soprattutto nelle transazioni internazionali dell’industria estrattiva di minerali, combustibili fossili e della produzione di cibo, è stata finora perlopiù assente, favorendo la corruzione e la speculazione. Cameron ha già incontrato i leader dei paradisi fiscali di Bermuda, Virgin e Cayman Islands, Gibraltar, ecc. mete preferite dei maxievasori e dei loro intrallazzi. C’è poi da dar seguito agli impegni di riduzione della fame nei paesi poveri, presi già nel 2005 a Gleneagles, dopo che lo sforzo congiunto di varie Ong aveva obbligato il governo britannico in questo senso. Ma è probabile che l’emergenza della guerra civile in Siria finirà per rubare la scena.

Leonardo Clausi
Fonte: www.ilmanifesto.it
16.06.2013


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