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Il grande business della corsa alle terre


Tao
 Tao
Illustrious Member
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La Banca mondiale mette in guardia contro l'accaparramento di aree agricole nel sud del mondo da parte di gruppi esteri. «Mette a rischio la vita di contadini poveri». L'istituzione, che aveva inizialmente appoggiato questo tipo di pratica, ora stabilisce un codice di condotta per gli investitori ed esorta i governi a rendere pubblici i termini degli accordi

Una stoccata contro l'accaparramento delle terre. Con un rapporto reso noto ieri, la Banca mondiale sottolinea i rischi insiti nel cosiddetto fenomeno del «land grabbing», ovvero l'acquisizione all'estero di terre agricole realizzato negli ultimi due anni in tutto il Sud del mondo da governi, fondi sovrani di stati ricchi di liquidità, fondi di investimento e altri variegati strumenti finanziari.
La pratica ha avuto uno spettacolare sviluppo a partire dal 2008, in concomitanza con la crisi alimentare mondiale, quando i valori del grano, del riso, del mais e di altre beni di prima necessità sono schizzati alle stelle. All'epoca fu dato grande risalto mediatico ai tumulti che infiammarono le piazze di mezzo mondo, dall'Indonesia alla Costa d'Avorio, dal Messico al Camerun. Allo stesso tempo, tuttavia, lontani dai riflettori altri sommovimenti scuotevano paesi normalmente più tranquilli, preoccupati non solo dall'aumento dei prezzi ma anche e soprattutto dalle politiche protezioniste attuate da alcuni stati produttori, che avevano bloccato le esportazioni. Così in posti molto dipendenti dalle importazioni di alimenti - come l'Arabia Saudita o la Corea del Sud - i governanti hanno cominciato a interrogarsi sul futuro e su come assicurare la sovranità alimentare ai propri cittadini nonostante le proibitive condizioni del territorio. La soluzione è stata quella di rovesciare il problema: invece di cercare di far crescere il riso nel deserto, si è scelto di favorire l'acquisizione di terre più fertili altrove. Esternalizzare cioè la produzione di alimenti in altri paesi, mantenendo tuttavia il controllo di tutta la catena produttiva, dalla semina al raccolto. I paesi presi di mira erano soprattutto africani, con governi contenti di offrire in leasing terre a stati ricchi e desiderosi di investire.

Da allora, sono stati stretti accordi in mezzo mondo, in cui porzioni più o meno vaste di terre venivano cedute a gruppi stranieri in cambio di canoni di affitto normalmente molto contenuti. In Etiopia, paese leader della cessione delle terre, il prezzo varia dai 100 e i 400 birr all'ettaro (dai 6 ai 25 euro), a seconda della qualità del terreno e della posizione. In Madagascar, il governo del presidente Marc Ravalomanana aveva dato in affitto la metà della terra coltivabile del paese alla ditta coreana Daewoo in cambio di non meglio specificati investimenti. Le rivolte causate da questo accordo hanno portato alla deposizione del presidente, oggi in esilio in Sudafrica, e alla successiva cancellazione dell'accordo.
In generale, questi contratti sono stretti direttamente dal governo e dalle ditte interessate, senza alcuna discussione pubblica e spesso in segreto, tanto che è difficile fare una stima esatta delle dimensioni reali del fenomeno. Secondo varie testimonianze riportate da organi di stampa e da studi sul terreno - di cui si trova un'ottima rassegna stampa sul sito farmlandgrab.org a cura dell'ong spagnola Grain - diverse migliaia di contadini sarebbero stati allontanati dalle terre che i governi hanno dato in affitto a gruppi stranieri.
A questo proposito, il rapporto della Banca mondiale ha un tono piuttosto allarmato. «Prima della fine del 2009 sono stati annunciati accordi di affitto di terre per 45 milioni di ettari». Un numero enorme, soprattutto se paragonato - continua il testo - a una crescita globale di terra agricola nel mondo prima del 2008 pari a 4 milioni di ettari l'anno. «Più del 70 per cento di queste richieste sono state fatte in Africa, in paesi come l'Etiopia, il Mozambico e il Sudan che negli ultimi anni hanno trasferito milioni di ettari a investitori stranieri», sottolineano gli estensori del rapporto, che analizzano nello specifico la situazione in 14 paesi.

Il corollario di questa enorme ondata di accordi agricoli è che hanno cominciato a interessare anche il settore finanziario, scottato dalla crisi economica mondiale. Molti fondi di investimento - anche quelli ad alto rischio come gli hedge fund - si sono gettati sulla terra come bene rifugio, alimentando quindi la speculazione e provocando un nuovo aumento dei valori dei beni alimentari. Un aumento che, per quanto non paragonabile a quello del 2008, sta già cominciando ad avere le prime ripercussioni, come dimostrano i moti per il pane che hanno incendiato la settimana scorsa il Mozambico e si sono saldati con 13 morti

Con questo rapporto molto duro, la Banca mondiale sembra prendere una posizione molto netta, che la distanzia dal ruolo ambiguo avuto in passato. Secondo uno studio condotto dall'Oakland Institute, un think tank statunitense, l'International Financial Corporation (il settore della World Bank che finanzia investimenti privati nel mondo in via di sviluppo e incoraggia riforme politiche in favore degli investimenti stranieri) avrebbe «apertamente facilitato questi accordi» facendo lobbying sui governi e ponendosi come intermediario. Oggi, pur senza condannare in modo definitivo la prassi, l'istituzione esorta a togliere «il velo di segretezza che spesso circonda questi accordi, se non si vuole che a pagarne il prezzo siano i contadini poveri, che si troveranno privati dell propria terra».

La Banca mondiale propone un codice di condotta in sette punti per gli investitori e per i paesi ospiti, fra cui il rispetto dei diritti fondiari delle comunità locali, la garanzia della sicurezza alimentare, la trasparenza e la consultazione permanente con tutti gli attori coinvolti, la sostenibilità sociale e ambientale.

Stefano Liberti
Fonte: www.ilmanifesto.it
9.09.2010


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Maria Stella
Noble Member
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Post: 1429
 

Non è che chiude la stalla quando i buoi più belli sono usciti? E chi fin ora ha perso le terree che fa, si attacca? Cos'è i mejo affari se li so fatti tutti e ora è il momento di non fare svalutare la merce rubata? ma quanto è buona la banca Mondiale e noi che pensavamo che avesse una qualche responsabilità nel mare della povertà che stanno creando...

Il sistema sempre quello ben rodato anche in Italy, si tira il sasso e si nasconde la mano, come a schiaffo del soldato, ricevi la caracca esagerata e poi non sai a chi tirare un bel pugno sul grugno, ti si para dinnanzi un bel gruppazzo di innocenti che si spalleggiano fra loro.. che bel giochino marcondirondirondà


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