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In Afghanistan troppi casi di diserzione


Tao
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«In Afghanistan troppi casi di diserzione dalle forze di sicurezza locali»

«Un anno fa i casi in certe unità superavano il 90 per cento. Oggi siamo scesi al 50%»

Il bilancio di Carmelo Burgio, responsabile dell'addestramento delle forze locali

HERAT - Impossibile creare una credibile polizia dove gli stipendi medi non superano i 100 dollari mensili e la stragrande maggioranza degli agenti è analfabeta. È sulla base di questa considerazione che un anno fa Carmelo Burgio assunse il comando delle unità Nato incaricate di addestrare le nuove forze di sicurezza afghane. «Un agente troppo povero è inevitabilmente vittima della corruzione. Se poi non è neppure in grado di individuare le targhe delle auto o leggere i rapporti interni la sua inefficienza è praticamente assicurata», ci racconta sul volo da Kabul a Herat, dove è stato invitato alla cerimonia dell’avvicendamento del contingente italiano. Un nome che è una leggenda.

Il generale Carmelo Burgio (LaPresse/Laruffa) EXIT STRATEGY - Tra pochi giorni tornerà in Italia a comandare le unità mobili: per lui è tempo di bilanci. Burgio è stato nominato generale del Carabinieri (appartiene anima e corpo al «Tuscania») dopo aver guidato la missione a Nassiriya traumatizzata dall’attentato del 12 novembre 2003 e quindi aver trascorso oltre 5 lunghi anni sul fronte contro la Camorra dal comando di Caserta. Dal 6 ottobre 2009 si è dedicato anima e corpo all’Afghanistan. Un ruolo centrale quello delle sue unità nel Paese sconvolto dalla guerra contro i Talebani. «La nostra exit strategy si basa sulla capacità delle nuove forze di sicurezza afghane di stare sulle loro gambe», sostengono all’unisono i vertici della missione Onu-Isaf, a partire dallo stesso presidente Obama. Burgio ne è stato ben consapevole sin dall’inizio. «Già nel novembre scorso mi sono impegnato perché gli stipendi venissero elevati a 167 dollari. Ancora poco, ma meglio di prima. Subito dopo abbiamo avviato corsi intensivi di alfabetizzazione», ricorda. Tra gli obbiettivi centrali c’è stato quello di ridurre le spese limitando il ruolo dei contractors privati (primi tra tutti i dipendenti di Blackwaters, che tante controversie hanno scatenato in Iraq). Lo stipendio di ognuno di loro può arrivare ai 190.000 dollari annuali.

Soldati italiani in Afghanistan (Ansa) GLI ISTRUTTORI - Un anno fa costituivano il 75 per cento degli istruttori, ora sono scesi al 17. Burgio comanda oggi una forza internazionale composta da circa 1.200 istruttori di 9 nazionalità. Gli americani sono il 23 per cento degli effettivi. Con loro gli italiani sono almeno 120, per lo più carabinieri. La grande maggioranza in tre basi situate nelle regioni occidentali che fanno capo al quartier generale del comando di Herat. E gli allievi? Ce li fa incontrare nel centro addestramento posto a poche centinaia di metri dalla base di Herat. Per lo più giovanissimi. Una trentina sta seguendo lezioni pratiche per il controllo delle rivolte di piazza. Un altro gruppo si addestra a fare irruzioni in zone abitate dove potrebbero nascondersi guerriglieri armati. «I corsi base sono di 14 settimane. Li hanno frequentati alcune migliaia di uomini, destinati a diventare i loro istruttori di domani», ricorda. Ma come mai a nove anni dalla guerra la polizia locale è ancora tanto arretrata? «E’ stato perso tempo. Troppo tempo. Il conflitto in Iraq per lungi anni ha distolto mezzi ed energie che erano necessari in Afghanistan», ammette senza troppi giri di parole. «Ci vuole tempo, ancora tanto tempo», aggiunge ripetitivo. Eppure, a suo dire, ora siamo sul binario giusto. «Il livello dei circa 120.000 poliziotti afghani è in netto miglioramento. Se ne rendono conto loro stessi. Un anno fa i casi di diserzione erano tantissimi. In certe unità superavano il 90 per cento. Oggi siamo scesi al 50».

Lorenzo Cremonesi
Fonte: www.corriere.it/
Link: http://www.corriere.it/esteri/10_ottobre_18/afghanistan-polizia-cremonesi_8d69ce86-dae8-11df-9e55-00144f02aabc.shtml
19.10.2010


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