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Iraq: reportage, strappata Sinjar all'ISIS


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http://www.gdp.ch/mondo/cosi-sinjar-e-stata-strappata-allisis-id101228.html

Mondo - REPORTAGE DALL'IRAQ
Cosi' Sinjar e' stata strappata all'ISIS
Un'alleanza tra le milizie curde, yazide, cristiane e musulmane - aiutate dalla coalizione internazionale - ha riconquistato l'antichissimo distretto.

di Gugliemo Leone - 2 dicembre 2015

Le luci dell'alba iniziano ad illuminare timidamente la piana di Niniwa quando la bandiera nera con le scritte bianche viene ammainata. E' il primo vessillo dello Stato islamico a cadere dopo la controffensiva che ha portato alla liberazione della "citta' martire".

Siamo a Sinjar, nell'Iraq nord-occidentale, una manciata di chilometri dal confine siriano, il "ground zero" del genocidio perpetrato dai tagliagola al servizio di Abu Bakr al-Baghdadi nei confronti della popolazione yazida, nell'estate del 2014, dopo la caduta di Mosul. Una persecuzione etnica e religiosa le cui testimonianze sono conservate nelle fosse comuni rinvenute ai margini della citta' dove le forze Peshmerga, coadiuvate dai raid aerei della coalizione a guida americana, hanno sconfitto gli jihadisti asserragliati tra le rovine di un luogo senza piu' anima.

La citta' martire

Il rombo dei caccia rimbalza fra cielo e terra facendo eco tra i minuscoli villaggi incastonati negli altopiani brulli. Resti di una vita perduta, spazzata via dalle scorribande terroristiche degli "uomini senza volto" e dalle bombe intelligenti. E' questa la colonna sonora che cadenza la vita di Sinjar. Per arrivarci si devono percorrere sei ore di strada da Erbil, la capitale del Kurdistan, passando per Duhok, e proseguendo attraverso terre di nessuno dove in rari villaggi sunniti sopravvissuti alla "contro-pulizia" anti-ISIS si nasconde qualche brigante della jihad in cerca del buon affare.

I posti di blocco Peshmerga si alternano alle postazioni delle unita' yazide e degli altri combattenti curdi, quelli del Pkk di Ocalan, il cui volto campeggia sui check-point. Ci sono i campi profughi di UNICEF e UNHCR, dove i sorrisi dei bimbi fanno da contrasto col panorama disperato. Arriviamo a Sinjar macinando chilometri su colline e montagne, discese e risalite, sino alla periferia posta su un altopiano dalle connotazioni lunari. "Benvenuti nella nostra casa", ci dice il generale Iziddin Sa'din Salih, comandante della 12esima Brigata Peshmerga, quella dispiegata su tutta la prima linea di questa parte del fronte.

L'ufficiale e' il responsabile di settore dove operano due battaglioni di yazidi addestrati dai Paracadutisti italiani, nell'ambito della missione "Prima Parthica", la Legione d'elite che nel 197 DC, per ordine dell'imperatore Settimio Severo, si insedio' stabilmente in Mesopotamia, proprio nei pressi dell'attuale Sinjar.

L'armata anti-ISIS

Ha tante anime l'armata anti-ISIS che popola Sinjar e che ha contribuito alla sua liberazione. Ce ne accorgiamo girando tra le trincee di prima linea, dove accanto a curdi musulmani troviamo yazidi e combattenti cristiani come Gadir Isa, 28 anni, che sul suo telefonino ci mostra le icone sacre di Gesu', Maria e Giovanni Paolo II. La zona di guerra di Sinjar e' un crogiuolo di milizie e combattenti di diverso genere, una sorta di coalizione allargata tenuta insieme dal comune nemico del califfato. Non senza creare problemi.

Sulle colline stazionano infatti anche guerriglieri curdi del Pkk, e sono stati loro uno dei motivi - assieme al maltempo - del ritardo dell'attacco. Al momento di agire infatti il Pkk ha ammassato 600 uomini e una cinquantina di mezzi blindati a ridosso della citta' per provare a sfondare, mentre i Peshmerga agivano sui fronti laterali coperti dai caccia della Coalizione. Un modo per legittimare il proprio merito della presa della citta', e questo di certo non andava bene ne' ai militari curdo-iracheni ne' alla stessa Coalizione, visto che il Pkk e' tradizionalmente vicino a Mosca. Sul campo non mancano le forze speciali occidentali, americani, francesi e britannici in particolare, che hanno il compito di "illuminare gli obiettivi".

Ma non e' tutto, perche' in questa "Woodstock delle milizie combattenti" ci e' capitato anche di incontrare un gruppo di Karen, i guerrieri birmani che si battono contro la giunta militare di Rangoon. Non erano soli ma accompagnati da un nucleo di ex forze speciali USA, che operano in Birmania sotto il nome di "Free Burma Army", e per l'occasione ' venuto a dar man forte ai Peshmerga ribattezzandosi "Free Kurd Army"...

La pagina speciale sul Giornale del Popolo di oggi:
http://www.egdp.ch/


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