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Italia e Grecia, i numeri che non tornano


Tao
 Tao
Illustrious Member
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Migliora la situazione dei conti pubblici italiani. Ma non abbastanza rispetto quanto ci viene richiesto dalla Commissione e dalla Banca centraleuropea per riportarli sotto il livello del 3%, come previsto dal Patto di stabilità. Nel primo semestre del 2010 il disavanzo rispetto al Prodotto interno lordo ha toccato il 6,1% contro il 6,3% del primo semestre dell’anno scorso. Ma Bruxelles e Francoforte stanno con il fucile puntato e ci invitano ad essere “virtuosi” e tagliare la spesa pubblica.

A sentir loro, dovremmo partire dall’età pensionabile da portare a 65 anni ed oltre per uomini e donne. Poi ovviamente liberalizzare tutto, ad incominciare dal mondo del lavoro che va reso più flessibile e precario. Il disavanzo è comunque conseguenza del debito che questo anno toccherà il 118% sul Pil. Per Lorenzo Bini Smaghi, membro del direttivo della Bce, questo pesa sulla crescita dell’Italia e e rischia di rallentarla nel prossimo decennio. La recessione e la crisi finanziaria, ha sostenuto, hanno riportato l'Italia indietro di dieci anni in termini di produttività e reddito. Siamo il solo Paese in Europa, ha lamentato, dove il cittadino medio è più povero di dieci anni fa.

Ad Atene invece ci si divide tra le speranze e la realtà di una crisi della finanza pubblica che, unitamente alle pressioni della speculazione internazionale, ha obbligato il governo socialista di Papandreou ad accettare le misure drastiche imposte dall’Unione europea (Germania in testa) e dal Fondo monetario internazionale, in cambio degli aiuti per 110 miliardi di euro in tre anni. La manovra finanziaria per il 2011 ha fissato nel 7% invece che nell’originale 7,6% il livello che sarà raggiunto del rapporto tra disavanzo e Pil.

La Grecia ha preso l’impegno di raggiungere il 3% entro il 2014. Già questo anno il rapporto tra deficit e Pil dovrebbe attestarsi al 7,8% rispetto all’originale 8,1%. Nessun virtuosismo però, semmai l’aiuto dell’inflazione (al 5,8% annuo) che farà aumentare di molto le entrate fiscali. Poi peseranno le misure “virtuose” chieste dai banchieri. Le nuove riduzioni degli stipendi pubblici (-12,2%), delle pensioni (-4%) e della spese per la sicurezza sociale (-10,6%). Oltre alle privatizzazioni, un tema sul quale il Fmi ha molto battuto. Ma l’occupazione non ne avrà alcun beneficio. La percentuale dei senza lavoro toccherà infatti l'11,6% quest’anno, il 14,5% nel 2011 per poi esplodere con un picco del 15% nel 2012. E poi a Bruxelles si stupiscono delle rivolte di piazza…

Andrea Angelini
Fonte: www.rinascita.eu
Link: http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=4213
4.10.2010


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