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La Banca Mondiale vs la crisi dei prezzi alimentari


Tao
 Tao
Illustrious Member
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La Banca Mondiale ha annunciato il suo piano per combattere la crisi dei prezzi alimentari e ieri ha riempito le agenzie di stampa proprio mentre l'Ipc, il comitato internazionale per la sovranità alimentare che riunisce sindacati agricoli e società civile, lanciava la mobilitazione per il vertice della Fao che si terrà a Roma la prossima settimana. Così, proprio mentre i contadini rinnovavano le loro critiche a un modello agro-industriale considerato responsabile del disastro, il presidente della Banca, Robert Zoellick, illustrava la solita cura: mercato, mercato e ancora mercato. Eppure basta un'occhiata ai diagrammi e alle statistiche: da quando la cura liberista è stata imposta anche all'agricoltura, per i contadini le cose non hanno fatto che peggiorare e gli affamati hanno continuato ad aumentare.

I motivi sono ben noti. Nei paesi poveri liberalizzare i mercati significa aprire alle produzioni sovvenzionate delle industrie del ricco Nord e legarsi a corda doppia alle fluttuazioni del mercato internazionale. Significa anche mettere in vendita le riserve messe da parte per i periodi di magra - o privatizzarle, che è la stessa cosa - ed abolire qualunque controllo sui prezzi. Significa rinunciare alla sovranità alimentare e destinare le proprie terre migliori ai prodotti per l'export - il classico modello coloniale delle grandi piantagioni - condannandosi a importare tutto il resto. Significa aprire ai semi brevettati più o meno transgenici ma sempre estremamente bisognosi di input chimici - fertilizzanti, erbicidi e pesticidi - il cui prezzo è aumentato a dismisura facendo la fortuna dell'agrobusiness, che non ha mai registrato profitti così alti. La via sicura per la crisi alimentare, insomma, come dal '95 si ostinano a ripetere le organizzazioni contadine dell'intero pianeta.

Di tutto ciò, naturalmente, non c'è alcuna traccia nel superpiano da 1,2 miliardi di dollari targato Banca Mondiale, con 200 milioni subito disponibili per le emergenze immediate. Il sospetto è che, nell'ottica di quell'economia dei disastri che ormai conosciamo bene, la crisi serva a dare una spallata alle ultime sacche di resistenza rurale, inondandole di semi brevettati e di fertilizzanti. Il piano infatti contiene precise indicazioni sulla condizionalità di tali aiuti che devono andare alle reti di sicurezza, come i programmi basati sulle mense scolastiche, ma soprattutto devono finanziare massicce distribuzioni di prodotti dell'agrobusiness. Unica novità, il fermo invito ad abbandonare la follia delle colture energetiche: gli esperti della Banca fanno notare che il 75% dell'incremento della produzione di mais degli ultimi 3 anni se n'è andato in etanolo grazie ai sussidi di Washington. Un invito, quello di Zoelleck, già accolto dall'Unione europea che sembra finalmente guarita dalla sbornia da biocombustibili della passata stagione.

Il catastrofico fallimento del mercato, che non riesce a garantire l'accesso al cibo né con i prezzi alti né con quelli bassi, non incrina una fede liberista impermeabile a qualunque prova di realtà. Per spiegare la crisi si chiama in causa il prezzo del petrolio, il riscaldamento globale - ma la produzione non è diminuita - e perfino il cambiamento delle abitudini alimentari nei paesi emergenti accusando cinesi e indiani, senza un briciolo di vergogna, di puntare a mangiare tanta carne quanta ne mangiamo noi. Ciò di cui non parla nessuno - nemmeno più la Fao che era stata la prima a denunciarla - è la follia speculativa che si è abbattuta su cibo (e petrolio) dopo che gli speculatori sono fuggiti dal mercato immobiliare. Ora i traders giocano d'azzardo sui prezzi delle derrate alimentari di là da venire - i cosiddetti future - proiettandone in alto il costo a ritmi mai visti. Non c'è piano della Banca Mondiale che tenga: finché non si procede a una regolazione dei mercati finanziari - magari sospendendo le contrattazioni dei future per eccesso di rialzo come si fa con le aziende - la strada per la carestia globale resta tutta in discesa.

Sabina Morandi
Fonte: www.liberazione.it
31.05.08


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