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La dottrina di Brežnev applicata a Damasco


yahuwah
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La dottrina di Brežnev applicata a Damasco

Andrej Il’jašenko, Redazione Online

21.07.2012, 19:24

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Per la terza volta negli ultimi 9 anni Russia e Cina hanno posto il veto al progetto “occidentale” di risoluzione dell’ONU sulla situazione siriana

La proposta prevede interventi esterni come mezzo principale per porre fine alle violenze nel Paese arabo. L’opposizione permanente all’interno dell’ONU chiaramente va al di là della regolazione della crisi siriana. Diventa sempre più chiara la distanza tra

Russia e Cina da un lato e America e Alleati dall’altro circa i metodi per il mantenimento dell’ordine mondiale.
Alla vigilia delle votazione, durante una telefonata tra i Presidenti di Russia e USA, il leader americano ha cercato di convincere il collega russo a cambiare la propria posizione e a sostenere il punto di vista dell’Occidente. Come ha raccontato ai giornalisti il collaboratore di Vladimir Putin Jurij Ušakov commentando i 50 minuti di telefonata tra i capi di Stato: “sia Putin che Obama adesso hanno più chiare quali siano le sfumature delle posizioni di entrambe le parti, ma per quanto riguarda i mezzi pratici di risoluzione della situazione siriana, permangono delle divergenze”. Le differenze sono questioni di principio.

Gli Usa nel corso degli ultimi decenni hanno sostenuto ogni movimento rivoluzionario che abbia dichiarato come proprio fine la creazione di una società democratica. Tra questi, le rivoluzioni «di velluto» nell’Europa Occidentale, quelle “colorate” nei territori dell’ex Unione Sovietica, e “la primavera araba”. Questo per rispondere sia ai principi fondamentali dello Stato americano, sia al consenso all’interno dell’opinione pubblica del Paese. Anche se non molto tempo fa hanno dovuto spiegare perché Washington, in nome della sicurezza, collabori con le autorità di certi regimi, ad esempio l’Egitto, governato da una giunta militare con a capo il generale Mubarak.

Logico proseguimento del sostegno alle rivoluzioni “colorate” è diventata la dottrina dell’ “intervento umanitario” secondo la quale i regimi non democratici hanno bisogno di democrazia. E poiché la rivoluzione “colorata” (come ha mostrato il destino di Gheddafi) non muta il linciaggio o la morte con la prospettiva del carcere a vita (come nel caso di Mubarek), la possibilità di riconciliare i regimi che hanno partecipato alla “primavera araba” è vicina allo zero.

Da qui il desiderio di risolvere il problema sulla base di interventi dall’esterno che prevedano sanzioni economiche e diplomatiche o metodi armati.

La dottrina dell’ “intervento umanitario” non gode di popolarità fuori dagli USA e delle altre democrazie. Gli Stati in cui i principi democratici sono deboli o non si sono ancora formati del tutto, e ce ne sono molti, lo testano ma, apparentemente, senza entusiasmo. Da qui la necessità dell’Occidente di rafforzare il consenso dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU per l’applicazione di questo tipo di intervento.

La situazione della Siria è l’esempio più attuale dello sviluppo di questo tipo di situazione. La Russia e la Cina come membri dell’ONU con diritto di veto avevano dato il consenso allo sviluppo degli avvenimenti in questo senso in Libia. Ora invece non vogliono che si ripeta l’esempio libico, in cui tutta la potenza NATO si è riversata contro un Paese con una popolazione di 6,5 milioni di abitanti.

Come scrive nelle sue memorie il veterano della diplomazia russa Evgenij Primakov, ex ministro degli Esteri degli anni ’90, il gruppo “dei saggi”, creato dall’ONU per la valutazione delle questioni di sicurezza internazionale, è giunta alla conclusione unanime circa la necessità di contrastare attraverso i meccanismi ONU un processo quale l’uccisione di massa della popolazione civile. “ La valutazione della situazione interna di un Paese dal punto di vista della minaccia alla pace e alla sicurezza è una cosa. I tentativi di imporre ad altri Paesi questo o l’altro modello di un ordinamento statale o sociale è un’altra cosa” sottolinea Primakov.

In altre parole, Mosca, Pechino e gli altri Paesi del BRICS sono per la conservazione per principio di non intrusione negli affari interni degli Stati sovrani, principio che da sempre è stato la base dei rapporti internazionali. È un po’ paradossale, ma la Russia, erede dell’Unione Sovietica, ora si batte contro i metodi applicati dal Cremlino negli anni ’50 e ’60, quando ha inviato le truppe in Ungheria e Cecoslovacchia in nome della propria dottrina ideologica.

Oggi ogni vittima dello scontro civile siriano degli ultimi sei mesi abbassa la legittimità e la correttezza morale delle parti in conflitto e chiede sempre più un’azione da parte dei membri dell’ONU. Kofi Annan, rappresentante speciale ONU per la Siria ha espresso la propria delusione sul fatto che i membri permanenti dell’ONU non siano riusciti a raggiungere un compromesso per poter porre fine alle violenze. E tra l’altro, non c’è un’altra soluzione.

http://italian.ruvr.ru/2012_07_21/dottrina-Breznev/

Ottimo articolo secondo me.


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