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La maledizione di Haiti e il patto con il diavolo


Tao
 Tao
Illustrious Member
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UNA LUNGA STORIA Gli Usa arrivarono nel 1915...

Il pastore evangelico Pat Robertson, che un tempo si sarebbe definito clerico-fascista, ha detto l'altro sera, nel corso del suo programma Christian Broadcasting Network show, che Haiti ha meritato il terremoto che ha distrutto Port-au-Prince e fatto forse 100 mila morti perché due secoli fa ha fatto «un patto col diavolo». «Qualcosa accadde molto tempo fa a Haiti anche se la gente non ne vuole parlare. Essi erano sotto il tallone dei francesi. Sapete, Napoleone terzo o qualcosa del genere» (in realtà era Napoleone primo, ma non importa) «e allora si ritrovarono e fecero un giuramento con il diavolo. Dissero: noi ti serviremo se tu ci libererai dalla Francia. Una storia vera. E così il diavolo disse: ok, affare fatto. E loro cacciarono via i francesi. Gli haitiani si ribellarono e si ritrovarono liberi. Ma da allora hanno vissuto una maledizione dopo l'altra...».
Un'analisi interessante sul tragico destino di Haiti in questi ultimi due secoli (in singolare sintonia con il Giornale di Feltri in cui «l'anticapitalismo» - a Haiti? Quando? - ha preso il postto del diavolo. Subito dopo il reverendo Robertson sulla stessa emittente è stato intervistato l'ambasciatore haitiano negli Usa, Raymond Joseph. «Vorrei che tutto il mondo sapesse, e specialmente l'America, che l'indipendenza di Haiti, quando gli schiavi si ribellarono contro i francesi, coincise con l'acquisto della Louisiana alla Francia da parte degli Stati uniti, per 15 milioni di dollari. Questo vuol dire che la rivolta degli schiavi a Haiti consentì ai 13 stati a ovest del Mississippi di comprarsi la Louisiana, per 3 centesimi di dollaro all'acro E anche all'America latina di liberarsi».

Se il diavolo esiste, per Haiti (e per l'America latina) ha altre fattezze e altri colori. E potete chiamarlo, senza timore di sbagliarvi, Stati uniti d'America. Anche se, adesso, il presidente Obama promette ai sopravissuti haitiani che «non saranno dimenticati» e l'ex-presidente Bill Clinton ha assunto un'aura filantropica attraverso la sua «Clinton Global Initiative» e ha detto che «il messaggio» che vuole mandare «al mondo» nella sua nuova veste, dal maggio scorso, di «inviato speciale dell'Onu per Haiti («sarà un magnifico inviato, commentò la signora Hillary, segretario di stato), è che «Haiti è un buon posto per farci degli investimenti».

Vale la pena ricorrere, ancora una volta, alla saggezza del vecchio Fidel Castro. In una delle sue «riflessioni», subito dopo la nomina di Bill Clinton al nuovo incarico, scrisse a proposito di Haiti e dei suoi problemi: «Dopo gli Stati uniti, che proclamarono la loro sovranità nel 1776, Haiti fu il secondo paese di questo emisfero a conquistare l'indipendenza nel 1804... A Haiti, dove oltre 400 mila schiavi lavoravano per 30 mila proprietari bianchi, per la prima volta nella storia dell'umanità, gli uomini e le donne sottomesse a quell'odioso sistema, furono capaci di abolire la schiavitù, mantenere e difendere uno Stato indipendente, lottando contro soldati che avevano messo in ginocchio le monarchie europee. Quella tappa coincise con l'auge del capitalismo e la nascita di poderosi imperi coloniali che per secoli dominarono le terre e i mari del pianeta. Gli haitiani non furono i colpevoli della loro attuale povertà, bensì le vittime di un sistema imposto al mondo. Non inventarono il colonialismo, il capitalismo, l'imperialismo, l'interscambio diseguale, il neo-liberismo, né le forme di sfruttamento e di saccheggio che hanno imperato nel pianeta durante gli ultimi 200 anni».

Prima gli spagnoli e i francesi, poi gli americ ani. Gli americani arrivarono per la prima volta a Haiti nel 1915. Erano i tempi del «big stick», il grosso bastone imperiale di Theodore Roosevelt e dell'«umanitarismo» di Woodrow Wilson (anch'essi Nobel per la pace come adesso Obama), che respingeva le pretese dell'imperatore austro-ungarico Cecco Beppe affermando che «il governo degli Stati uniti ha sempre ritenuto suo dovere impedire situazioni che metterebbero in pericolo l'indipendenza politica» di Stati come Haiti «ogni qualvolta essi abbiano avuto bisogno di un amico e di un difensore».

L'occasione per il primo intervento umanitario dell'amico e difensore fu nel 1915, quando l'ammiraglio Caperton sbarcò a assunse in quattro e quattr'otto il controllo totale di Haiti. Come primo atto redasse una nuova costituzione haitiana in cui si abrogava la clausola presente nelle 16 precedenti che proibiva agli stranieri di possedere o affittare terre. L'umanitarismo, spesso affidato a ufficiali sudisti Usa «perché loro sapevano come trattare con i negri», durò fino al '34 quando i marines si ritirarono. Ma il controllo degli Stati uniti sulle dogane haitiane (e quindi sull'economia) restò. Ed è restato anche dopo. Sempre.

Nel '57 con Papa Doc Duvalier e i suoi Tontons Macute, nel '71 con suo figlio Baby Doc, nell'86 quando con un paio di generali provarono la strada di un duvalierismo senza i Duvalier, nel '91 quando un altro generale cacciò con un golpe sanguinoso il «presidente dei poveri» Aristide, eletto a sorpresa nel '90. Un golpe «condannato» dagli Usa di Bill Clinton (come in giugno Obama ha condannato il golpe in Honduras...) che ci mise tre anni per riportare un Aristide più che dimezzato alla presidenza sulle spalle di 20 mila marines, nel settembre '94. Aristide fu poi cacciato di nuovo, durante la sua seconda presidenza, nel febbraio 2004, con un golpe appena mascherato e pilotato questa volta da G.W. Bush. Democratici o repubblicani, imperialisti o umanitari. Con Haiti la musica è sempre stata la stessa. E il diavolo o l'anti-capitalismo non c'entrano.

Maurizio Matteuzzi
Fonte: www.ilmanifesto.it
15.01.2010


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vimana2
Famed Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 2528
 

Poi ci lamentiamo del Papa, ricordo che questo esaltato di Robertson è quello che disse in diretta TV che il governo americano deve "uccidere chavez"!!!!


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