Notifiche
Cancella tutti

La Nato sta per riformulare la clausola sulla guerra


dana74
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 14373
Topic starter  

Bloomberg - La Nato sta per riformulare la clausola sulla guerra

 

Nel corso del summit della Nato di Bruxelles di questi giorni “i ministri della Difesa dovrebbero anche approvare un documento che prevede nuove linee-guida politiche per definire i requisiti per l’investimento degli alleati per prepararsi a una potenziale futura attività militare”.

Aumentare le spese militari, diminuire le pensioni
“Il documento classificato [cioè segreto ndr] serve a pianificare le modalità attraverso le quali la NATO prevede di impegnarsi in modo unitario in un conflitto cosiddetto ad alta intensità previsto dall’articolo 5, con gli alleati chiamati a difendersi vicendevolmente, ma anche nel caso di evento fuori registro, cioè non compreso nell’articolo 5”. Così su Bloomberg in un articolo nel quale viene spiegato che nell’incontro si prevede di superare le resistenze, finora vincenti, dei Paesi europei a investire di più nella difesa.

A tali Paesi si chiede di arrivare a investire il 2% del Pil, che peraltro, come ha detto il Segretario della Nato Jens Stoltenberg, “dovrebbe essere considerato un minimo, non un tetto” massimo.

Ovviamente, come spiega anche l’articolo di Bloomberg, per rafforzare la Difesa, dovrebbero essere stornate in questo settore risorse finora indirizzate verso “le pensioni o altri capitoli di spesa” similari. Insomma, il riarmo andrebbe, com’è naturale, a nocumento della povera gente.

Riformulare la clausola sulla guerra
Ma la cosa che inquieta maggiormente è, appunto, quel cenno che abbiamo riportato nell’incipit della nota, cioè che la Nato dovrebbe riformulare l’articolo sulla mutua difesa ampliandone in maniera indefinita i termini, così che si potrebbe intraprendere una guerra su larga scala per eventi diversi dall’aggressione militare a un singolo Paese membro dell’Alleanza.

Tale cenno è stato alquanto nascosto nell’articolo di Bloomberg, che si dilunga su altro e meno importante, cosa che fa ancora più inquietare data la rilevanza del tema: come se si avesse paura di dare notizia di questo snaturamento dell’Alleanza.

Per entrare nel concreto, la nuova formula sembra indicare che la Nato potrebbe entrare in guerra per una minaccia solo percepita. Se si tiene presente la stretta attualità, che vede l’America ingaggiare una battaglia aerea contro dei palloncini, abbattendone quattro in pochi giorni e spiegando tali operazioni come necessarie alla Sicurezza Usa (vedi Piccolenote), si può intuire la pericolosità di tale cambiamento.

Senza contare la possibilità di manipolazioni, come nel caso della guerra del Vietnam, intrapresa dagli Usa dopo l’incidente del Tonchino, una bufala ormai acclarata; come anche la guerra del Golfo, legittimata dalle inesistenti armi di distruzione di massa di Saddam. Tutti casi nei quali non era in gioco l’aggressione a un Paese Nato, ma una minaccia percepita, nonché inventata, dal suo membro più autorevole (peraltro dominus dell’Alleanza atlantica).

Quando il segreto porta sfortuna
Infine, cosa non secondaria, il fatto che la nuova formulazione del meccanismo che prevede l’ingresso dei Paesi Nato in guerra sia “classificata”, cioè segreta, non può non suscitare timori.

Al di là di altre e molto più importanti considerazioni, tale segretezza rievoca, nella nostra mente, il famigerato Patto di Londra, l’accordo segreto elaborato da Sidney Sonnino che vincolava l’Italia a entrare nella Grande guerra a fianco di Francia e Regno Unito nonostante il nostro Paese ostentasse la propria neutralità.

C’è da sperare che lo scoop di Bloomberg sia una bufala, anche se è difficile che un media tanto importante prenda topiche del genere. Se così non è, se c’è anche un minimo di fondamento in quel che riporta, c’è da preoccuparsi.

 

https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-bloomberg__la_nato_sta_per_riformulare_la_clausola_sulla_guerra/45289_48776/

 


Citazione
dana74
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 14373
Topic starter  

tanto del volere del popolo che frega loro? Se il popolo non mette loro dei limiti, proseguiranno fino ad annientarci, tanto rientrava in agenda

 

Conflitto russo-ucraino. Euroskopia certifica la spaccatura tra governanti e cittadini

 

di Giacomo Gabellini per l'AntiDiplomatico

Qualche settimana fa, sono usciti i risultati del sondaggio condotto da Euroskopia per saggiare l’opinione degli europei in merito al conflitto russo-ucraino. La rilevazione è stata effettuata entro l’arco temporale intercorrente tra l’8 e il 29 giugno 2022 su circa 9.000 cittadini di nazionalità tedesca, francese, italiana, spagnola, polacca, olandese, austriaca, greca e portoghese distribuiti per età a genere. Un campione di dimensioni relativamente ridotte ma variegato a sufficienza in termini di composizione e stratificazione geografica da restituire un quadro sufficientemente rappresentativo e affidabile degli orientamenti che si registrano all’intero di Paesi capaci di assommare il 77% circa della popolazione totale dell’Unione Europea.

 

A livello complessivo, il sondaggio certifica che una fetta prevalente degli interpellati attribuisce le maggiori responsabilità dello scoppio del conflitto alla Federazione Russa (78%), condivide la linea d’azione basata sull’invio di armi all’Ucraina sposata dai rispettivi governi (57%), sostiene l’irrogazione di sanzioni mirate contro gas e petrolio russi anche a costo di subirne i relativi contraccolpi economici (58%) e ritiene che la guerra cementerà i legami tra gli Stati membri dell’Unione Europea (48%).

Lo scenario cambia tuttavia radicalmente da un semplice raffronto tra i Paesi presi in esame. In Grecia e Italia, ad esempio, si registra una situazione di gran lunga più equilibrata rispetto alla media per quanto concerne i giudizi sulla ripartizione delle responsabilità rispetto allo scoppio del conflitto, sul sostegno alla consegna di armi all’Ucraina, sull’opportunità di imporre sanzioni contro gli idrocarburi russi e sul grado di coesione tra gli Stati membri dell’Unione Europea che si determinerà in seguito alla guerra. Il 74% degli italiani e il 62% dei greci addossa alla Russia la principale responsabilità del conflitto, ma una quota assai ragguardevole di loro è propensa a chiamare in causa anche gli Stati Uniti (51% dei greci e 37% degli italiani), a differenza di olandesi (5%), polacchi (7%), portoghesi (16%) e francesi (17%).

Ancor più significativa risulta la divaricazione in merito all’invio di armi all’Ucraina, rispetto al quale una maggioranza schiacciante di greci (60%) e italiani (49%) esprime parere contrario, ponendosi in palese controtendenza rispetto a praticamente tutti gli altri. Il livello di approvazione rispetto al sostegno militare a Kiev accordato dai governi europei tocca quota 78% in Portogallo, 77% in Austria, 75% in Olanda, 69% in Polonia, 65% in Spagna, 56% in Francia e 52% in Germania. Greci e italiani risultano molto più freddi della media anche in materia di adozione di sanzioni nei confronti di gas e petrolio russi: si parla di un tasso di approvazione del 40% (53% contrari) per la Grecia e del 46% per l’Italia (33% contrari), a fronte del 74% registrato in Portogallo, del 70% in Olanda (19% contrari) e Spagna (16% contrari), del 65% in Polonia (11% contrari), del 58% in Germania (27% contrari) e del 50% in Francia (24% contrari).

L’Austria si colloca sorprendentemente sulla stessa lunghezza d’onda dei “mediterranei” non solo in materia di fornitura di armi all’Ucraina (45% di favorevoli, 40% di contrari), ma anche per quanto riguarda l’impatto politico del conflitto sull’Unione Europea. Gli austriaci, i greci e gli italiani emergono infatti come i più scettici circa le prospettive di compattamento continentale che la maggior parte dei portoghesi (67%), degli olandesi (60%), dei tedeschi (53%) e degli spagnoli (53%) intravedono dietro la conclusione del conflitto. Allo stesso tempo, l’Austria (64%) si colloca sulla stessa lunghezza d’onda di Germania (60%), Grecia (54%), Italia (50%) e Spagna (50%) rispetto alla disponibilità ad accettare una mutilazione del territorio ucraino pur di giungere ad un accordo di pace, e in forte contrasto con Olanda (27%), Polonia (28%) e Portogallo (41%).

 

Percezioni comuni, ancorché caratterizzate da diverse sfumature tra Paese e Paese, si registrano soltanto in merito all’insoddisfazione per il modo in cui i governi e l’Unione Europea hanno affrontato l’aumento dei prezzi dell’energia, alla difformità - incompatibilità, in alcuni casi - degli interessi tra Stati Uniti ed Europa rispetto all’Ucraina, e alla necessità di trasformare l’Unione Europea in una potenza militare in grado di competere con Stati Uniti, Cina e Russia.

Un obiettivo, quest’ultimo, difficilmente conciliabile con le opinioni prevalenti circa il rapporto che l’Europa dovrebbe intrattenere con gli Stati Uniti. La media indica che il 34% degli intervistati ritiene che occorra rafforzare il legame transatlantico, il 18% che sia necessario allentarlo e il 33% mantenerlo così come è. Anche in questo caso, solo in Grecia (37%) e in Italia (29%) il fronte propenso all’indebolimento dell’alleanza con gli Usa raggiunge una ragguardevole consistenza. Cifre di un certo peso, per la verità, si rilevano anche in Spagna (22%) e Austria (20%), dove prevale anche la percezione (32% in Spagna, 45% in Austria) che l’adesione di Svezia e Finlandia nella Nato incrementi il rischio di un conflitto in Europa, in linea con quanto riscontrato in Grecia (44%), Italia (39%), Germania (36%) e Portogallo (32%).

La Polonia, viceversa, preme fortemente non solo per un consolidamento delle relazioni con Washington (62%), ma anche per l’integrazione dell’Ucraina nell’Unione Europea (60%), e ritiene che l’adesione alla Nato di Svezia e Finlandia diminuisca anziché aumentare il rischio di conflitto in Europa (40%). Per quanto concerne l’accoglimento dell’Ucraina nell’Unione Europea, soltanto Portogallo (69%) e Spagna (63%) registrano dati comparabili a quelli polacchi.

La disomogeneità di giudizi raggiunge tuttavia il culmine rispetto all’atteggiamento da riservare alla Russia al termine del conflitto. Il 52% degli interpellati ritiene che le sanzioni debbano essere mantenute anche in seguito alla conclusione delle ostilità, ma la quota di approvazione scende vertiginosamente ancora una volta in Grecia (29%), Austria (33%) ed Italia (38%). Paesi, questi ultimi che condividono – nella misura rispettivamente del 63%, del 51% e del 41% – con la Germania (42%) una disponibilità a riallacciare le relazioni commerciali con la Russia all’indomani della guerra nettamente maggiore alla media (35%).

Il sondaggio realizzato da Euroskopia lo scorso giugno delinea insomma un quadro europeo caratterizzato da grande frammentarietà, confermato nelle sue linee essenziali dalla rilevazione effettuata da Ipsos Global Advisor a circa sei mesi di distanza. Da cui emerge che il 30% degli italiani e il 48% dei tedeschi è favorevole all’invio di armi all’Ucraina, a fronte del 52% dei francesi e del 63% dei britannici.

Al riguardo, è interessane notare che, stando ai dati forniti da Ipsos Global Avisor, la maggioranza degli statunitensi – analogamente ad italiani (63%), tedeschi (56%), francesi (53%) e britannici (52%) – è contraria sia a sostenere finanziariamente l’Ucraina (59%) in virtù delle difficoltà economiche in cui versa il proprio Paese, sia ad accordare sostegno militare a Kiev (54%). Tendenze sostanzialmente identiche emergono da un recente sondaggio condotto da Associated Press, secondo cui l’approvazione popolare riscossa dalla fornitura di armi all’Ucraina è diminuita dal 60 al 48% tra il maggio 2022 ed oggi. Quanto alla concessione di finanziamenti, il 37% si è dichiarato favorevole, il 38% contrario.

 

https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-conflitto_russoucraino_euroskopia_certifica_la_spaccatura_tra_governanti_e_cittadini/5871_48775/


RispondiCitazione
oriundo2006
Famed Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 3190
 

Forse è da unire la progettata modifica dell' articolo 5 con quanto è accaduto recentemente: da parte americana 'deep' la chiamata in causa della Von Der Layen per le ripetute omissioni in tema 'vaccini' ( fatto veramente inaudito ) e secondariamente, la strana serie di disastri ferroviari occorsi negli USA, anche qui incredibile per la contemporaneità degli stessi in un breve lasso di tempo.

E' un segnale.

In entrambi i casi è all' opera una 'manina' che spinge i riottosi verso la guerra nucleare ( i 'riottosi' USA sono impersonati chiaramente dal settore militare tradizionale, assai ostile ad impegno diretto in Ucraina, mentre mettere difficoltà alla Eu significa ricattare la greppia eurista per consentire la modifica citata ).

Si confermerebbe ancora una volta che parlamenti, governi, uomini dei diversi establishment sono solo teste di paglia utili a perpetuare situazioni  consolidate di gestione dell' ordinario: ma quando suona la campana schmittiana dello stato di eccezione devono ubbedire. Costi quello che costi.

 


RispondiCitazione
Condividi: