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la Waterloo politica di Israele


helios
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Israele, il Parlamento Ue dà uno schiaffo a Benjamin Netanyahu con il sostegno al riconoscimento della Palestina
Umberto De Giovannangeli, L'Huffington Post
Pubblicato: 17/12/2014 20:49 CET Aggiornato: 11 minuti fa
NETANYAHU

Strasburgo-Ginevra. È la rotta della “Waterloo” diplomatica d’Israele. In attesa del voto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. A dar conto di una rottura non facilmente ricucibile sono le parole di Benjamin Netanyahu. “Oggi abbiamo visto esempi sconvolgenti dell'ipocrisia europea". E ancora: "A quanto pare troppe persone in Europa nella stessa terra dove 6 milioni di ebrei sono stati massacrati, non hanno imparato alcunché". "A Ginevra si fa appello per indagini su Israele per crimini di guerra, mentre la Corte di giustizia europea rimuove Hamas dalla lista delle organizzazioni terroristiche".

Ma il segnale politicamente più rilevante è venuto da Strasburgo. Ed è da qui che parte il “mercoledì nero” di “Bibi” Netanyahu. Con un voto a larga maggioranza - 498 sì, 88 no e 111 astensioni - l’Europarlamento approva una risoluzione sottoscritta da quasi tutti i gruppi che sostiene "in linea di principio" il riconoscimento dello Stato della Palestina sulla base dei confini del 1967, appoggia la soluzione di due Stati con Gerusalemme capitale e esorta la ripresa dei colloqui di pace. Quella risoluzione è frutto di un lavoro di mediazione su cui convergono i testi presentanti da cinque gruppi, quello del Ppe, del S&D, della sinistra Unita (Gue), dei liberali e dei Verdi.

Certo, quel pronunciamento non vincola i singoli Governi dell’Unione, ma il segnale politico è di quelli che non possono passare inosservati a Gerusalemme: perché a evocare Gerusalemme capitale di due Stati (e dunque anche di quello palestinese), a premere per il riconoscimento dello Stato di Palestina sono tutte le grandi famiglie politiche europee: dai Popolari ai Socialisti e Democratici, passando per i Liberali, Verdi e Sinistra radicale. Per Netanyahu, già in campagna elettorale, quel pronunciamento è un affronto, una provocazione. Che cresce ancor di più quando arriva la notizia che la Corte di Giustizia dell'Ue ha annullato la decisione dell'Unione di iscrivere Hamas nella lista delle organizzazioni terroristiche. Una sentenza fondata su "motivi procedurali", ma questa puntualizzazione non placa l’ira del primo ministro israeliano: "Israele non accetta i chiarimenti dell'Ue che la decisione del tribunale su Hamas sia soltanto un tema tecnico. Ci aspettiamo che l'Ue prontamente ridefinisca Hamas come organizzazione terroristica”, afferma Netanyahu.

E a poco serve la puntualizzazione giunta in tempi record dalla portavoce dell'Alto rappresentante per la politica estera, Federica Mogherini, secondo cui si tratta di "una sentenza legale, non una decisione politica": il Consiglio può decidere di fare appello, nel frattempo "le misure restrittive restano in atto" e "questo significa che la Ue continua a considerare Hamas un'organizzazione terroristica". “L’Europa ha mostrato il suo vero volto: quello da sempre filopalestinese. Ora la sua credibilità come mediatore super partes tra noi e i palestinesi è pari a zero”, si lascia andare con l’Huffington Post uno stretto collaboratore del premier Netanyahu. “Evidentemente in Europa devono essersi dimenticati che Hamas ha rapito ed ucciso tre giovani israeliani innocenti”, rincara la dose Danny Danon, parlamentare del Likud, il partito del primo ministro.

L’Europa “filopalestinese” si manifesta agli occhi dei falchi di Tel Aviv anche dalla Svizzera, con la V Convenzione di Ginevra che approva con una maggioranza di 126 Stati su 196 una dichiarazione nella quale si stabilisce che la continua costruzione di insediamenti da parte di Israele in Cisgiordania e a Gerusalemme Est viola le sue responsabilità in quanto potenza occupante. "Tutte le serie violazioni della legge umanitaria internazionale – sottolinea la dichiarazione - devono essere indagate e tutti i responsabili devono essere portati davanti alla giustizia".

“Il voto dell’Europarlamento, dopo quelli di Francia, Spagna, Belgio, Irlanda, Danimarca, Portogallo, e del governo svedese – è un messaggio di speranza rivolto non solo al popolo palestinese ma anche a quanti in Israele continuano a battersi per una pace fondata sul principio “due popoli, due Stati”, dice all’HpYasser Abed Rabbo, segretario del Comitato esecutivo dell’Olp. “Il Parlamento europeo ha recepito il senso del nostro appello: riconoscere lo Stato di Palestina è un contributo a sbloccare il negoziato di pace e non certo un atto ostile a Israele”, ci dice al telefono Yael Dayan, scrittrice, più volte parlamentare laburista, tra le 800 personalità israeliane che hanno lanciato nei giorni scorsi un appello all’Europa per il riconoscimento dello Stato di Palestina, nel quale si afferma che “È chiaro che le prospettive per la sicurezza e l’esistenza di Israele dipendono dall’esistenza di uno Stato palestinese al fianco di Israele….La vostra iniziativa per il riconoscimento dello Stato palestinese porterà avanti le prospettive di pace e incoraggerà israeliani e palestinesi a porre fine al loro conflitto”.

A votare a favore del riconoscimento dello Stato di Palestina sono anche gli europarlamentari del Pd (mentre quelli di Forza italia escono dall’aula al momento del voto). Resta l’imbarazzante constatazione che Strasburgo si è pronunciato prima del Parlamento italiano, dove da tempo giacciono due mozioni alla Camera (Sel e Cinque Stelle) e una al Senato (Sel) La presidente della Camera, Laura Boldrini, ha assicurato il proprio impegno per la calendarizzazione del dibattito.

“L’equilibrio mostrato dalla posizione del governo italiano, con le dichiarazioni del ministro Paolo Gentiloni, non può passare per timidezza diplomatica. Il riconoscimento dello Stato di Palestina fuori da un forcing concreto per la riapertura del negoziato può rivelarsi solo una “petizione di principio” senza ricadute effettive”, rileva Enzo Amendola, responsabile Esteri nella segreteria nazionale del Pd. Certo è, aggiunge Amendola, che “questo nuovo vento che si aggira per l’Europa può dare forza ad un nuovo protagonismo di Bruxelles come dimostra la visita di Federica Mogherini, coraggiosa nel proporsi attivamente per la riapertura delle trattative”.

Ma dal Vecchio Continente l’attenzione si sposta sul Palazzo di Vetro. Il Consiglio di Sicurezza è chiamato ad esprimersi sulla risoluzione giordano-palestinese che chiede il ritiro d’Israele entro novembre 2016 dai territori su cui dovrà nascere lo Stato di Palestina. Il voto è previsto in tarda notte (ora italiana). Il pressing israeliano è rivolto soprattutto in direzione americana. Gli Stati Uniti dovrebbero far valere il diritto di veto, anche se nell’incontro avuto lunedì scorso a Roma con Netanyahu, il segretario di Stato Usa John Kerry non ha nascosto la preoccupazione dell’Amministrazione Obama per la “rigidità” d’Israele nel negoziato con l’Anp. . Ma ciò a cui i palestinesi puntano, come ribadito a poche ore dall’apertura del dibattito da Saeb Erekat, capo negoziatore palestinese presente a New York - è ottenere la maggioranza dei “sì” tra i Quindici membri del Consiglio. Se ci riusciranno la “Waterloo” politica di Israele sarebbe completata.

http://www.huffingtonpost.it/2014/12/17/israele-parlamento-ue_n_6342706.html?utm_hp_ref=italy


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