Dicono i geologi che le dune del deserto di Badain Jarna, nella Mongolia interiore, sono le piú alte del mondo. Alcune arrivano a toccare i 500 metri d'altezza. Un gruppo di ricercatori britannici, australiani e cinesi avevano scoperto tempo fa (Nature 432,459) che queste incredibili altezze causate dall'accumulo delle sabbie nelle dune, sono dovute alla presenza di acqua sotterranea a 20-25 metri di profondità. Quest'umidità aumenterebbe la coesione e la consistenza della sabbia permettendole di resistere all'erosione eolica.
L'origine misteriosa di quest'acqua, come in molti sospettavano, non sarebbero i 113 laghetti dispersi in questo vasto deserto del nord della Cina, ma il disgelo annuale della neve dei lontani monti Qilian, nel sudovest, a 600 kilometri di distanza. Al contrario, i laghi sarebbero alimentati da acqua fossile accumulatasi con gli anni, proveniente anche dalle rare precipitazioni.
Fin qui, una interessante scoperta geologica ed ecologica, in questo ecosistema estremo - peraltro abbastanza studiato e pubblicizzato anche da vari reportages naturalistici del National Geographic Magazine. La scoperta però ha aperto un dibattito molto serrato, cominciato quando gli stessi ricercatori avevano concluso che i circa 500.000 milioni di metri cubi di questa manna liquida potrebbero essere utilizzati per l'irrigazione locale, attraverso una rete di pozzi modulari e, perché no, anche installando un sistema ídrico collocato all'interno di varie fratture sotterranee, dove appunto l'acqua si infiltrerebbe creando piccoli torrentei sotterranei.
Peccato che le autorità cinesi abbiano già deciso di realizzare un costosissimo e faraonico progetto di irrigazione a cielo aperto per approfittare, almeno in teoria, dei 25 milioni di litri d'acqua ottenuti dalla deviazione e incanalamento del fiume Datoing, piú al nord delle stesse montagne. Un progetto titanico, e circondato da polemiche. Fattostà che alcuni canali di questo progetto di deviazione delle acque del fiume Datong sono stati costruiti a partire dal 2000 nel Zazhou - tra l'altro con un'impresa italiana, la Cmc (Cooperative Muratori e Cementifici), che progetta di costruire 33 mega tunnel per una lunghezza totale di 75 chilometri.
I progettisti governativi argomentano, investimenti a parte, che il progetto alternativo regionale di uso dell'acqua del disgelo e dell'acqua fossile sotterranea minaccerebbe la stabilità delle dune e rischia di seccare ancor piú i pozzi esistenti. Una insperata sensibilità ambientale da parte delle autorità cinesi. Purtroppo, l'equilibrio ecologico degli straordinari laghi d'acqua dolce é già stata pesantemente alterata e danneggiata, como segnalano vari ricercatori cinesi e statunitensi, dalle continue spedizioni scientifiche e dal crescente turismo d'avventura.
Le autoritá provinciali dovranno comunque decidere sui criteri di sostenibilità del territorio: e la nuova variabile è costituita da una popolazione locale che comincia appena a essere informata e, fatto inusuale in queste terre, a chiedere di essere presa in considerazione per la futura gestione del patrimonio idrico - e non solo per colorire i depliants turistici del ministero del turismo, o come guide mal pagate dai tours operators durante le visite alle megadune.
Dune che racchiudono una storia. Recenti studi archeologici e petrologici hanno rivelato che 2.000 anni fa, durante le epoche Shang e Zhou, questo deserto era abitato e aveva acqua in abbondanza, come rivelano i disegni e pittogrammi incisi in almeno 800 rocce nel sud della regione.
Fulvio Gioanetto
Fonte: www.ilmanifesto.it
16.05.07
Eh che volete---sarà stato lo smog e il Co2 a desertificare questa terra un tempio ricca d'acqua...............
Questi finti pseudo ecologisti neanche si rendono conto di ciò che scrivono...figuriamoci se poi vengono pubblicati sul Manifesto...
Da non credere (dalle risate).