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Le Germanie


Stodler
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50 anni dal I mattone del muro: i ragazzi DDR nati negli anni ’80
Scritto il agosto 4, 2011

Il prossimo 13 Agosto ricorrono i 50 anni da quando si iniziò a costruire il muro di Berlino. Si tratta di una data importante che Berlino ricorderà in vari modi, tra mostre, tour guidati, proiezioni di documentari, conferenze e altro ancora, tutto per approfondire meglio un momento che ha caratterizzato tanto la storia cittadina che quella mondiale in generale. Ritornerò sull’argomento nei prossimi giorni, nel frattempo penso che possa essere intreressante leggere un articolo che pubblicai l’11 novembre del 2009 sul quotidiano Liberal (ex L’Indipendente) il giorno della celebrazione del ventennale della caduta. L’idea alla base del pezzo era di partire dalle testimonianze di ragazzi nati negli anni ’80 nella Germania dell’Est e cercare di estrapolare da loro i ricordi diretti o indotti dai racconti dei genitori, di una vita che non c’è più di cui gli echi e le considerazioni politico-storiche continueranno ad essere oggetto di dibattiti e revisioni per tanti anni.

Berlino. Nove novembre 2009, ore 18:00, a due passi dalla Porta di Brandeburgo: fra poco i più importanti leader politici del mondo prenderanno la parola per celebrare il ventennale della caduta del muro, ma nel frattempo i flash dei passanti sono tutti per il lungo domino di tessere alte circa due metri che cadranno una dopo l’altra alla fine della serata ripercorrendo il percorso del muro che andava da Postdamer Platz al Reichstag. Le transenne evitano che ci si possa avvicinare ai vari pannelli, lo possono fare solo gli addetti all’organizzazione. Li guardiamo. Sono ragazzi tra i diciotto e i ventisei anni circa, chi più chi meno. Molti di loro sono nati quando la Germania era già unita, gli altri sicuramente di quella divisione sanno soprattutto ciò che gli è stato raccontato da parenti e insegnanti, le loro date di nascita sono nella decade degli ’80, ma i primi veri ricordi sono arrivati dopo. Sono la generazione post muro, quella che ora si affaccia nel mondo del lavoro senza essere stata indottrinata fin da piccoli da ideologie, che ha votato per la prima volta per il Parlamento lo scorso settembre e che un giorno sarà la classe dirigente della prima economia europea. Cosa rimane nelle loro educazione di un mondo che ora non c’è più, ma che fino all’altro ieri ha segnato le vite dei loro genitori? Lo abbiamo chiesto direttamente a loro, focalizzandoci sui figli degli ex cittadini della Ddr. Se è vero, come dicono alcuni, che non ci fu vera riunificazione nel 1990, ma che l’Ovest “mangiò” l’Est, come vivono tutt’oggi i figli di questa integrazione semi-mancata?

Sabine ha ventiquattro anni, è nata a Gotha, in Turingia, in uno dei luoghi più ad Ovest dell’allora Ddr. Si è laureata in scienze politiche e da un anno lavora presso l’ambasciata tedesca in Guatemala. E’ di ritorno nel Vecchio continente solo pochi giorni all’anno. Senza la caduta del muro certamente non si troverebbe dall’altra parte del mondo, ma quando le chiediamo come pensa che sarebbe stata la sua vita se il nove novembre 1989 non fosse mai avvenuto, ci risponde: “ So benissimo quanto la dittatura fu atroce e quanto gli interventi della Stati siano stati terribili e insopportabili. Faccio fatica a pensare ad un Paese senza elezioni libere, dove i corsi di studi vengono imposti dall’alto e non si ha possibilità di scelta, ma in ogni caso credo che la vita nella Ddr fosse degna di essere vissuta. Per quanto io sia una persona ribelle, polemica verso qualsiasi tipo di ingiustizia, molto probabilmente non sarei fuggita, sarei rimasta legata alla mia patria, alla mia famiglia. Con la caduta del muro è salita la disoccupazione, tanti piccoli paesi si sono svuotati ed ora sono dimore solo per i più anziani. Un tempo forse, anche se c’erano altri tipi di problemi, c’erano meno persone sotto la soglia di povertà e tutta l’incertezza che caratterizza la generazione di ora, le tante scelte da affrontare che spesso si tramutano in disorientamento e depressione, avevano un impatto minore nella vita di ognuno di noi. Sicuramente manca poi quel senso di collettività che rendeva sempre tutti disponibili ad aiutare il prossimo e questo è ciò di cui più si lamentano i miei genitori ancora oggi. Non tutto è cambiato per il meglio”.

Il primo ricordo della caduta del Muro di Katja, 25 anni, nata in un piccolo posticino della Sassonia, è invece legato più che mai all’aspetto materiale. “Non capii molto quella sera, ero piccola. Ricordo però che dopo poco facemmo un viaggio solo per arrivare oltre quello che un tempo era il confine e ricevetti il primo paio di jeans e la prima Barbie. La vita della mia famiglia cambiò. Mia madre trovò lavoro presso una neonata filiale di una banca dell’ovest che aprì nella nostra cittadina e poi fu mandata per un anno e mezzo Monaco per un tirocinio. Ancora oggi, dopo vent’anni, lavora per la stessa banca”. Ma c’è stata vera integrazione fra est e ovest? “Mia madre mi racconta che, anche a lavoro, il fatto di provenire dall’est sia stato spesso un fattore discriminante in negativo per lei. I suoi colleghi dell’ovest la chiamavano “ossie” (termine usato in maniera dispregiativa per identificare i tedeschi dell’est), in casa il problema era così avvertito che quando da bambina andai a fare delle vacanze in altre parti del Paese non rivelavo la mia provenienza per evitare le offese dei miei coetanei. Ora questo tipo di problemi è diminuito, ma ho sempre la sensazione che ad ovest ci siano anziani che trovano nell’est il capro espiatorio per problematica, soprattutto quando si parla di aumento delle tasse”.

Eva, classe 1983, è nata e vive tuttora a Postdam, a due passi da Berlino. Studia all’università. La sua visione della riunificazione non è delle più ottimiste. “Penso che integrazione sia la parola sbagliata. Dopo la riunificazione la Germania dell’est e quella dell’ovest avrebbero dovuto cercare insieme una nuova idea, un nuovo concetto. Invece il capitalismo ha sconfitto il socialismo. Tante persone più anziane della Ddr non se la sono cavate con il nuovo sistema ed adesso, legittimamente dal loro punto di vista, sono arrabbiate. E’ più giusto dire che c’è stato un adattamento, più che un’integrazione. Ad est si è capito che chi non avrebbe imparato a nuotare, sarebbe affondato”. Un pensiero che si lega direttamente all’esperienza dei suoi genitori. “ Subito dopo il crollo del Muro mia madre è stata licenziata: la sua ditta non riceveva più incarichi. Fu un periodo duro, le prospettive non erano delle migliori anche per chi aveva studiato. I miei genitori capirono che avrebbero dovuto rischiare e così decisero di provare a lavorare autonomamente. A distanza di anni si può dire che hanno fatto bene, ma sono un caso raro. Tanti loro amici sono rimasti in un limbo da cui non sono mai usciti”.

Jessica, berlinese, nel novembre dell’89 aveva quattordici anni, abbastanza per capire cosa stesse succedendo. “Ricordo le persone che piangevano per la gioia, gli abbracci di persone che non si vedevano da vent’anni, famiglie smembrate finalmente riunite. Ero confusa perché non si sapeva quali cambiamenti dovessero avvenire ed in giro si sentiva che la felicità poggiava comunque su un senso di insicurezza. Andai con la mia migliore sulla Oberbaumbrücke, un ponte che divide i quartieri di Keuzberg e di Friedrichshain, uno dell’ovest, l’altro all’est. Avevo sempre con me un ovetto Kinder, ad est era difficile trovarli, mentre con la caduta del muro avevo la possibilità di comprarne ovunque volessi. Passammo la notte davanti alle fastose vetrine di Kurfürstendamm con migliaia di persone commosse godendoci il momento. Oggi le celebrazioni di quel giorno non significano molto per me. Mi sembra una vita lontana”. Oggi Jessica è la titolare di un negozio di acconciature a Marzahn, uno dei quartieri in cui è ancora
facile respirare l’aria “est” di Berlino, negli ultimi tempi diventato al centro di cronache per l’alta concentrazione di neonaziskin nella zona. Un fenomeno legato direttamente alla diffusione della povertà. “Sicuramente non tutte le persone che vivevano prima nella DDR si sono integrate. Alcuni dei mie ex compagni di classe vivono ancora lì, non si sono mai voluti staccare da quei luoghi che continuano a dargli un senso di protezione che altrove temono di non provare. Io non sopporto il loro modo di pensare. Penso che la vita nella Ddr fosse più semplice. Era lo Stato che si prendeva cura di te, non si aveva paura del domani se ci si accontentava. Nel corso degli anni si era però persa progressivamente l’idea stessa del potere pensare e agire in maniera autonoma. Non tutto nella Ddr era così male, se non avevi problemi con la Stasi eri come rinchiuso in una gabbia dorata, non c’erano preoccupazioni, lo stress era minore. Quando cadde il muro, molti cittadini dell’est accettarono qualsiasi tipo di lavoro per potere sostenere il costo e la qualità della vita dell’ovest. Ci fu sfruttamento e molti vennero truffati. Per la prima volta si ebbe a che fare con la disoccupazione, così come l’idea che ci potesse essere concorrenza anche tra concittadini quando si trattava di cercare un lavoro. Non fosse avvenuta la riunificazione probabilmente avrei cercato di scappare, ma non lo posso sapere con certezza, forse sarei cresciuta in maniera differente. Quando a diciannove anni decisi di diventare parrucchiera scelsi di fare l’apprendistato nella parte ovest di Berlino. Un giorno, dopo essere stata con una cliente, il titolare mi chiamò da parte e mi disse di non rivelare più la mia provenienza e di non utilizzare più certe parole e espressioni tipiche dell’est. Dovetti, di fatto, imparare anche un’altra lingua per essere accettata”.

Per Katrin, ventisette anni, studentessa di una cittadina della Turingia: “È importante tenere sempre nei ricordi il giorno della caduta del muro. E’ stata una data fondamentale per le vite di tutti noi. E’ strano, ma al tempo stesso indicativo della situazione, vedere come quando si parla di integrazione, si pensa solo a quella dell’est nell’ovest e non viceversa. I miei genitori persero il lavoro appena ci fu la riunificazione, ma riuscirono per fortuna a trovarne in poco tempo un altro. Erano laureati e questo li aiutò molto, mentre per gli altri fu sicuramente più difficile trovare una nuova occupazione. Dai loro racconti la cosa peggiore del muro era l’impossibilità di potere viaggiare, oltre che, logicamente, la libertà di pensiero e di manifestazione. Chissà comunque quanto sarebbe cambiata la Ddr se il muro non fosse crollato, forse altre aperture sarebbero state concesse. Impossibile dirlo, il mondo è cambiato così tanto quel giorno che non si possono immaginare altri scenari credibili al posto di quello attuale”.

Bettina, venticinque anni, sta completando in questi giorni i suoi studi in sociologia. “All’epoca non avevamo un televisore, non potemmo seguire l’evento dal vivo, proprio per questo sono felice che a distanza di vent’anni possa partecipare alle celebrazioni per l’anniversario di quell’evento. I ricordi della vita nella Ddr che mi sono arrivati sono di vario tipo, dipendono dalle esperienze individuali e dai filtri di ogni persona. Per un fornaio o per un funzionario dello stato la qualità della vita era senza dubbio migliore che per un giornalista che, probabilmente, dà un peso maggiore al valore delle limitazioni delle libertà individuali. C’è comunque un aspetto oggettivamente positivo della Ddr che mi viene in mente: la politica a sostegno delle donne. C’erano posti a sufficienza negli asili e nei doposcuola, così come veniva sempre incoraggiato il lavoro femminile. Forse lì si imparò prima come nelle famiglie si potesse conciliare il lavoro di tutti e due i genitori con la vita domestica”. Bettina è di Dresda, una delle città simbolo sia della produzione industriale della Ddr che della riunificazione, visti i tanti interventi urbanistici operati dopo il 1990 (quando finalmente si cercò di ricostruire quanto distrutto durante i tragici bombardamenti della seconda guerra mondiale). Sua concittadina è Katja Kipping, una degli esponenti principali del partito di “Die Linke” (La sinistra), nonché uno dei volti più giovani della politica tedesca. Nata nel 1978, è forse lei il simbolo di un cambiamento generazionale ormai alle porte: trentenni liberi dalle cicatrici del passato che guardano, e hanno sempre guardato la Germania come un’entità non omogenea, ma comunque unica. L’emigrazione interna nel Paese, salvo rare eccezioni, ha messo ormai sullo stesso piano tutti i suoi cittadini. Il perdurante squilibrio economico tra est e ovest rientra sempre più all’interno di un discorso più esteso che comprende tutta l’Europa, a partire dalla vicina Polonia, per finire alla Romania. Il suo rilancio dipende più che mai da una reale integrazione con i paesi dell’est da poco entranti nell’Ue. Gli ex tedeschi della Ddr sono stati il primo popolo ex socialista a doversi confrontare con forza con il modello capitalista. Chissà che questa esperienza non li aiuti in quest’epoca in cui i muri non sono più fisici e non hanno forse la stessa forza di quanto il mondo era diviso in due, ma simboleggiano divisioni culturali ed economiche dalle potenzialità forse, in futuro, quasi altrettanto drammatiche.

La frase del post

Il Muro esisterà ancora fra cinquanta e anche fra cento anni, fino a quando le ragioni della sua esistenza non saranno venute meno.
Erich Honecker, presidente della Germania Est, Gennaio 1989

http://blog.zingarate.com/berlino/50-anni-dal-i-mattone-del-muro-i-ragazzi-ddr-nati-negli-anni-80.html


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Stodler
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Come si stava bene nella DDR

A giugno 2009 uscì questo sondaggio:

Berlino, 26 giugno 2009 - A 20 anni dalla caduta del Muro di Berlino la maggioranza dei tedeschi dell’est continua ad essere in preda alla ‘Ostalgià e rimpiange le condizioni di vita nella DDR. La clamorosa rivelazione emerge da un sondaggio Emnid commissionato dal governo tedesco, di cui il quotidiano ‘Berliner Zeitung’ rivela oggi i risultati.
Il 49 per cento degli intervistati è convinto che «la Ddr aveva più lati positivi che negativi. C’era qualche problema, ma si viveva bene». Un altro 8 per cento va ancora oltre ed afferma che «la Ddr aveva soprattutto aspetti positivi. Si viveva più felici e meglio di quanto si fa oggi nella Germania riunificata».

Il risultato del sondaggio allarma il ministro federale dei Trasporti, Wolfgang Tiefensee (Spd), con delega per la ricostruzione dei 5 laender tedesco-orientali, il quale annuncia iniziative di informazione soprattutto nelle scuole.
Il ministro dichiara al giornale che «non possiamo ridurre gli sforzi nel fare i conti con la storia della Ddr» e chiede che le scuole dedichino maggiore spazio allo studio della vita quotidiana nella Germania Est e agli eventi che il 9 novembre 1989 condussero al crollo del Muro di Berlino.

Tiefensee ha nel frattempo già inviato una circolare a tutti i ministri dell’Istruzione dei 16 laender tedeschi per adattare alle nuove necessità l’insegnamento della storia nelle scuole. Il ‘Berliner Zeitung’ sottolinea che il risultato del sondaggio è tanto più sorprendente in quanto dai precedenti sondaggi era emerso che, pur non amando troppo la Germania riunificata, i tedeschi dell’est non auspicavano tuttavia in maniera così massiccia una rinascita della Ddr, sognata solo da un «Ossi» su nove.

Dal sondaggio Emnid emerge anche che poco più di un terzo dei tedeschi dell’est (37%) ritiene che i cittadini siano in grado di esercitare un’influenza sul mondo politico. Di tutt’altro avviso sono invece i «Wessis», i tedeschi dell’ovest, il 78 per cento dei quali loda lo stato di diritto, con una percentuale di poco superiore al 50 per cento che crede nel potere di influenza dei cittadini sui politici. Il 52 per cento dei Wessis considera poi che la Ddr aveva più lati negativi che positivi.

fonte: quotidiano.net

E' di qualche giorno fa la pubblicazione di questo studio sulla mortalità nei paesi dell'Est dopo il passaggio all'economia di mercato e capitalista.
La cosa interessante è l'approccio del ministro dell'SPD che, allarmato, ritiene lui di dover fare una corretta informazione nelle scuole per convincere (probabilmente) i figli che i padri conducevano una vita di merda (a proposito di egemonia culturale).

La domanda che ci sovviene è: ma riuscirà un barbone di Mosca a notare la differenza con il precedente regime ed a sorridere come un barbone di New York?
Postato 13th October 2009

http://pensareinprofondo.blogspot.it/2009/10/come-si-stava-bene-nella-ddr.html


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