Notifiche
Cancella tutti

Le Open Society che guidano il mondo


oldhunter
Honorable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 716
Topic starter  

LE OPEN SOCIETY CHE GUIDANO IL MONDO

Caterina Betti

16 agosto 2016

Dopo l’operazione di hackeraggio delle mail di George Soros avvenuta pochi giorni fa, abbiamo avuto l’occasione di capire, chi veramente guida il mondo, chi guida le decisioni politiche. A tal proposito, se preferite essere prettamente ottimisti nel credere che le decisioni politiche vengano prese indipendentemente da influenze esterne, allora non procedete nella lettura, perdereste solo tempo e finireste col rimpiangere i bei vecchi tempi in cui credevate nella buonafede. Ecco, in tantissimi hanno sempre pensato il contrario, che la politica fosse in qualche modo influenzata da fattori esterni, non necessariamente solo economici ma anche di matrice sociale e psicologica. Chi la pensa in questo modo si è da sempre sentito accusare di complottismo. Le mail di George Soros sono la più recente dimostrazione che non si tratta di complottismo, ma sono confessioni aperte di chi realmente guida la politica mondiale. Confessioni pacifiche in cui affermazioni (vi assicuro) allucinanti sono esposte nella più totale serenità.

Ecco le informazioni raccolte dopo aver letto più o meno una trentina di mail. Una premessa: ciò che trovate tra virgolette è la pura traduzione dall’inglese di frasi o definizioni che si possono trovare nei documenti delle mail.

Scorrendo fra le migliaia di mail si possono trovare documenti di vario genere, in particolare bollettini ad intervalli di 48 ore sulla situazione immigrazione (argomento ricorrente in tutti i documenti) per la quale esistono veri e propri piani triennali sull’evoluzione della situazione in Europa, aggiornamenti sulla situazione in Ucraina e soprattutto centinaia di rapporti redatti dalle Open Society da lui fondate.

Leggendo questi rapporti si è già a metà dell’opera nel capire chi comanda il mondo. Realmente. Sono quasi sempre relazioni di quadrimestri di attività. Quale attività? Dunque, questa è forse la parte più interessante:le Open Society sono società derivanti dalla Open Society Foundation fondata da George Soros e ufficialmente si occupano di “supportare finanziariamente la società civile nel mondo”…tutto apparentemente molto nobile e bello, ma dobbiamo osservare COME viene svolto questo lavoro. In un rapporto della OSEPI (Open Society European Policy Institute, una Open Society dedicata all’Europa), sull’attività del 2015/2016 si legge chiaramente che l’obbiettivo inserito negli Highlights (una specie di ordine del giorno) è quello di
“INFLUENCING DECISION-MAKERS=INFLUENZARE CHI PRENDE LE DECISIONI”, indicando tra le priorità dell’immediato futuro:

- attivare influencer per spingere verso l’approvazione di procedure di infrazione verso paesi che non accolgono immigrati persino “fornendo prove ed argomenti alla Commissione UE”;

- mappare l’influenza Russa in Europa, individuare strategie per far accettare ai cittadini il fenomeno dell’immigrazione e creare opportunità in Europa di condivisione del tema droni e di “targeted killing”.

Credetemi, vorrei essermi inventata le cose che ho appena scritto, ma vi ho riportato frasi semplicemente tradotte. L’obbiettivo dichiarato è dunque quello di INFLUENZARE, e i personaggi preposti a questo compito sono chiamati “advocates” letteralmente avvocati, difensori, coloro che spingono per, che propugnano…per un tema. Sì perchè esistono delle sezioni, si evince che ognuno all’interno delle Open Society è esperto di un settore: dalla politica interna a quella estera, dall’economia ai media, eccetera eccetera… e gli “advocates” sono appunto gli influencer che vengono chiamati per nome all’interno dei rapporti. In uno dei più recenti, un advocate di nome Costanza ad esempio si è occupata nel periodo da Settembre a Novembre del 2015 di creare gruppi di lavoro nelle NGO al fine di spingere verso l’approvazione di riforme sull’immigrazione in Italia creando dei policy-makers letteralmente “per formare una pista politica parallela” (parallel policy track),” parallela alla politica ufficiale sul tema dell’immigrazione.

Altro fattore che emerge è un sentore di timore verso i partiti populisti. Movimento 5 Stelle? No. Quello è considerato assieme a Podemos e Syriza un partito non pericoloso. Lo sono invece per loro quelli che non approvano l’immigrazione selvaggia, e vanno secondo le Open Society ostacolati nel dibattito pubblico (“make it harder for populist parties to political debate”) anche con procedure simili a quelle di infrazione rivolte dalla UE agli Stati Membri, “ESCLUDENDO i populisti dal dibattito”, “proteggendo la società civile dal nazionalismo e dal patriottismo”. Per il tema populisti ci sono infatti, interi studi sociologici di professori universitari, richiesti ad hoc per studiare l’evoluzione del panorama politico e di partecipazione all’interno del periodo di crisi economica. Si può anche leggere che “la crisi in UE rimane il terreno migliore per l’attività delle Open Society“…ma non erano società che si ponevano l’obbiettivo di SUPPORTARE la società civile nel mondo? Per loro le crisi sono il terreno migliore. Non l’ho detto io, è scritto. Senza pudore. In un altro studio su come la crisi economica influenza la partecipazione politica si legge una rassicurante affermazione per le Open Society: “l’avversità in campo economico stimola apatia perchè i cittadini sono più preoccupati a risolvere i propri affari privati” Logico.

Dal 2009 al 2014 le Open Society hanno monitorato ed influenzato le elezioni di tutti i paesi Europei e Africani con la scusa di vigilare sui diritti umani (tranne quelli di democrazia ed autodeterminazione a quanto pare) e sul rispetto delle minoranze spendendo ad un aggiornamento del 2014 ben più di 5 milioni allo scopo di influenzare le elezioni in direzione pro-UE.

Dietro a cos’altro è Soros e le sue Open Society? Finanzia associazioni e movimenti pro-LGBT, Arcigay, associazioni in sostegno delle comunità Rom (argomento molto ricorrente e per il quale si invocano spessissimo nei documenti procedure di infrazione contro l’Italia), movimenti “Open Borders” per la cancellazione dei confini tra gli Stati. Ha speso soldi per: attività di società NGO nei vari paesi per influenzare decisioni politiche, attività di lobbing, “INDICIZZARE il dibattito sull’Ucraina in Europa”, “CONTRASTARE le politiche anti terrorismo” (867.000 Euro),“COMBATTERE chi CONTRASTA l’Islam RADICALE” (200.000 dollari), eccetera eccetera eccetera.

Di fronte a questi fatti, a queste dichiarazioni ciò che viene in mente sono le affermazioni che abbiamo sentito dopo la Brexit. Quelle sul popolo non deve decidere perchè “certe decisioni” non devono essere prese dal popolo, che può dare esiti pericolosi. Ci siamo mai chiesti invece quale è l’esito nel momento in cui NON è il popolo a decidere? Cosa succede quando deleghiamo il compito di scegliere a qualcun altro? Di certo questa entità non sceglierà secondo il nostro interesse, quello comune, ma secondo il proprio tornaconto personale. Per cui prestiamo molta attenzione a chi cerca di circuirci facendoci credere che il popolo non può decidere, che non è in grado e che addirittura è un pericolo. Le mail di Soros dimostrano palesemente che nella maggior parte dei casi non siamo noi a decidere, ma che la politica è fortemente influenzata da questi advocates, dai policy makers, aiutati in questo dal progressivo accentramento del potere nelle mani di istituzioni sovranazionali che coordinano come burattinai tutte le nazioni ad esse sottoposte, tramite sanzioni, direttive e obblighi.

“OSF has to face the prospect of losing majority support for open society causes in some parts of Europe. That prospect is already affecting the political environment in Brussels, requiring OSEPI to make our case in innovative ways, bringing new arguments and evidence that can shift policy debates.” La Open Society Foundation in questo rapporto recente evidenzia la paura di perdere terreno in un ambiente politico più “freddo” persino a Bruxelles, centro nevralgico della sua azione, questo grazie alle loro politiche sbagliate, perchè prima o poi quel popolo considerato pericoloso si sveglia e vota i cosiddetti populisti dei quali (si capisce da come ne parlano) hanno una grandissima paura. Quindi c’è una nota di speranza. Anche le Open Society, esagerando nelle loro aree di influenza con le loro linee politiche a volte sbagliano, e finiscono col mettersi in pericolo.

Fonte: http://scenarieconomici.it/le-open-society-che-guidano-il-mondo/

[/b][/b]


Citazione
oriundo2006
Famed Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 3179
 

Insomma, comandano ‘loro’, alla faccia di irredimibili buonisti ed altri imbecilli ‘democratici’: è tutto scritto nero su bianco.

Della serie, come implementare i ‘Protocolli’ con una veste di rispettabilità e filantropia…col paravento di nobili ‘ideali’ a pretesto della innata ‘malvagità’ che coverebbe nel popolazzo infame quando pretende, l’immondo, di proteggere il proprio ‘ethnos’.
E’ sempre la stessa idea che il ‘bene’ NON sia diffuso nel ‘mondo’ perché quest’ultimo rappresenta il ‘male’ congenito all’essere umano, male di cui ebrei e mondialisti non soffrirebbero per virtu’ divina e per le loro commendevoli pratiche redibitorie dello stesso, pratiche immuni da tale vizio, ed anche questo è significativo anche se nessuno lo mette in chiaro: se il ‘popolo’ sbaglia in base a cosa ‘Israele’ in quanto ‘popolo’ sarebbe immune da tale ‘errore’ ‘etnocentrico’ ? La ’superiorità diviene base di un ragionamento circolare indimostrabile. Solo retorica e basta.
P.S.: ‘teologicamente’, ‘dio’ NON sarebbe coessenziale a tutto quanto il genere umano, e la libera scelta si porrebbe sempre CONTRO tale legame ’naturale' ( leggersi l’episodio della lotta di Giacobbe contro il suo ‘dio’ ): SOLO ALCUNI, ‘mondi’ dal ‘peccato’ della ‘carne’, sono titolati a decidere per tutti senza che l’ ‘errore’ vizi la scelta, anche se questa è palesemente assurda: esempio la lotta a favore dell’Islam ‘radicale’ assolutamente ‘etnocentrico’ ( perché fondato sulla società araba del VII secolo e volto a ripristinarne le consuetudini ) ma ‘monolatrico’, il che serve assai, eccome se serve…perchè anch’esso ostile alla ‘natura’, in primis quella del legame naturale e libero ‘uomo-donna’.

E c’è chi prende sul serio questo cialtrone ed i suoi compari.
E qui mi fermo...


RispondiCitazione
SeveroMagiusto
Estimable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 241
 

Articolo interessante, ma soprattutto per chi è totalmente a digiuno di queste tematiche. Ma dubito che la mitica massaia di Voghera sia una frequentatrice di siti tipo “scenarieconomici”. Come evidenziato dall’articolista, la cosa forse più sorprendente è che gran parte di questi intrallazzi fra pubblico e privato avvenga alla luce del sole. Basta andare a vedere i siti internet di queste organizzazioni di “influencer” per rendersene conto. E’ tutto messo nero su bianco.
L’entità dei finanziamenti, messi in evidenza nel pezzo, è comunque ridicola: qualche centinaio di migliaia di Euro possono essere una somma importante per indirizzare le politiche nel Burkina Faso, non di certo per influenzare quelle dell’Europa. Se però moltiplichiamo queste somme per le centinaia di vettori che li distribuiscono a pioggia ai vari percettori pubblici, cominciamo a capire la dimensione del gioco.
Comunque è importante sapere quali organizzazioni, partiti e politiche vengano considerate “amiche” e quali al contrario vengano contrastate.

Sempre sullo stesso argomento, e sempre “didascalico” come documento, suggerisco la visione del film-documentario “the Brussels business”, del quale riporto il link e a seguire gli appunti che mi ero segnato dopo la visione. Non so se sia la stessa versione che avevo visto io a suo tempo e che non è più disponibile. Nel caso avviso che i sottotitoli in italiano lasciano un po’ a desiderare e che il film è piuttosto “lento”; comunque godibile.
https://www.youtube.com/watch?v=h4C5SgeVK-Q
Note:
documentario di produzione austriaca, ispirato da ambienti legati alle ONG.
15.000 lobbisti lavorano in 2.500 uffici nei dintorni del Parlamento Europeo a Bruxelles; la più grande concentrazione al mondo dopo Washington. Fra queste lobby, una delle più attive è la ERT – European Roundtable of Industrialists, coinvolta per esempio nella realizzazione dell’European Network, un progetto di infrastrutture viarie transeuropee del valore di 400 mld. L’ERT muove i suoi primi passi alla fine degli anni ’80 quando gli industriali europei cominciano a sentire il bisogno di fare squadra per riuscire a recuperare il divario dall’economia americana e da quella giapponese. Il matrimonio perfetto viene celebrato quando le idee di questo gruppo dei maggiori industriali europei (bypassando le unioni degli industriali nazionali, tipo Confindustria) si incontrano e combaciano perfettamente con quelle dell’allora presidente della Commissione Europea Jacques Delors. Il mercato unico europeo nasce dall’esigenza degli industriali (come enunciato da Wisse Dekker, CEO della Philips a metà degli anni ’80) e diviene una bandiera dei politici. I vertici dell’UE erano soliti riunirsi ogni 6 mesi, ma qualche giorno prima si incontravano più o meno segretamente con quelli dell’ERT, che esponevano i loro desiderata e che venivano regolarmente tranquillizzati sull’accoglimento delle loro richieste, indipendentemente da quali che potessero essere i cambiamenti politici a livello delle singole nazioni. L’obbiettivo dei membri dell’ERT era quello dell’abbattimento delle barriere doganali e della creazione di un unico mercato di libero scambio in Europa. A poco a poco gli uomini dell’ERT entrano a far parte di tutte le istituzioni che contano diventando un corpo unico con esse (come quelli del FMI nei confronti di Ministeri del Tesoro e Banche Centrali). Uno dei “brodi di coltura” nei quali mescolare lobbisti, industriali, diplomatici, politici & co., è quello dei “think tanks”, dove la qualità delle riunioni è di tipo più informale. A Bruxelles sono nella norma (tipo gli incontri degli “Amici dell’Europa”) e sono spesso sponsorizzati da importanti aziende, del calibro della Microsoft o di S&P. Per dare supporto alle azioni degli affaristi, vengono create delle campagne di propaganda, spesso basata su falsi dati, generati da istituzioni, enti di ricerca, ONG creati appositamente. Lavoro dei lobbisti è quello di assistere i politici sui quali puntare, attraverso la raccolta di finanziamenti, il supporto alle campagne elettorali e l’offerta di lavori ben retribuiti a tutti i collaboratori. Questa pratica, comune anche negli Stati Uniti, ha laggiù subito un rallentamento quando in seguito ad uno scandalo è stata emessa la “Honest Leadership & Open Government Act” che ha cercato di regolamentare la materia (sempre che uno agisca alla luce del sole). Si è tentato da parte del Commissario Kallas di creare un analogo documento anche qua in Europa. Ma il risultato di tre anni di lavoro fra buone intenzioni da una parte e le pressioni contrarie provenienti dagli ambienti degli affaristi, è stato invece un documento piuttosto edulcorato. A riprova dell’inutilità dello stesso, vi è ad esempio il fatto che quando la crisi finanziaria del 2008 dopo gli U.S.A. colpì l’Europa, il Presidente Barroso nominò una commissione di 8 saggi che lavorasse per ridurne gli effetti il più possibile: peccato che tutte queste persone fossero strettamente legate proprio ad ambienti lobbistici, finanziari e internazionali e più nello specifico in genere a banche americane.
Global Services union, altra lobby. Il lobbista che viene intervistato afferma di rappresentare aziende che fatturano la metà del PIL dell’Europa. Secondo lui le persone che contano veramente nell’economia europea sono un centinaio; tutte le altre ruotano intorno a queste. Con gli accordi del GATT nella riunione di Marrakech nel 1994 si inserisce un livello ancora superiore in ambito commerciale, con il WTO che detta le sue regole ai Paesi membri, che sono tenuti a rispettarle.


RispondiCitazione
Condividi: