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Liberalizzazioni: un mito con poche radici nella realt&agrav


jamesly
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Grazie al ddl Concorrenza, approvato pochi giorni fa dal Consiglio dei ministri, si è tornato a parlare di liberalizzazioni e del loro effetto benefico sull’economia: il governo Renzi ha stimato un potenziale aumento del Pil nell’ordine del 3,6%, spalmato sino al 2020.

Il disegno di legge prevede numerose modifiche, alcune delle quali anche importanti (come ad esempio la riduzione degli atti per cui è richiesta l’autentica notarile, che permetterà di ridurre marginalmente il carico burocratico sui cittadini e sugli imprenditori), ma bisogna dire che gran parte di quelli che sono percepiti come privilegi – il riferimento è in primis agli ordini professionali – non sono stati scalfiti. L’esecutivo non ha nemmeno trovato la forza per sfidare la lobby delle farmacie, rinviando la commercializzazione delle parafarmacie dei farmaci di fascia C (quelli, per intenderci, da prendere con ricetta medica su semplice carta bianca).

Da circa vent’anni, in ogni caso, ogni governo indica le liberalizzazioni come un toccasana per le tasche dei cittadini. Eppure, per uno scherzo del destino, proprio nelle ore in cui il governo licenziava la nuova “lenzuolata” di misure a favore della concorrenza, la Cgia di Mestre faceva uscire uno studio dirompente sui reali effetti che le liberalizzazioni già effettuate hanno avuto sui prezzi. Nei settori che negli ultimi 20 anni sono stati interessati dal processo di apertura alla concorrenza,i prezzi – contrariamente a quanto previsto dalla teoria economica liberista – sono aumentati più dell’inflazione. A eccezione di medicinali e telefonia, i consumatori finali non sono stati favoriti. Il settore peggiore quello delle assicurazioni auto, che dal ’94 a oggi sono lievitate del 189,3%,a fronte di un aumento inflazionistico del 50,1. Seguono i servizi bancari-finanziari (+115,6%), i trasporti aerei (+71,7% dal ’97) e i pedaggi autostradali (+69,9% dal ’99).

Ciò può risultare strano, ma in realtà i limiti delle liberalizzazioni sono noti da tempo alla letteratura economica e vale la pena riassumerli di seguito

1) Come dimostrano le liberalizzazioni italiane – ma non solo, anche le ferrovie inglesi sono un esempio lampante – spesso liberalizzare non significa assolutamente abbassare i prezzi. Il mondo reale è molto lontano dall’astrazione professorale dei manuali di microeconomia: un mercato, seppur liberalizzato, può rimanere ostaggio di un oligopolio privato o di un predominio dell’ex monopolista pubblico.

2) Da un punto di vista redistributivo, le politiche di liberalizzazione hanno un effetto nullo. Mettiamo il caso che, in seguito al ddl Concorrenza, i prezzi della Rc auto calino di 50 euro all’anno. Ebbene, è palese che questo calo riguardi trasversalmente sia i poveri che i ricchi, dato che non esistono meccanismi di progressione in base al reddito. In un tempo in cui le diseguaglianze di reddito e di patrimonio rappresentano sempre più un freno alla crescita, l’utilità delle liberalizzazioni su questo fronte è assente.

3) Sul fronte macroeconomico, implementare riforme liberalizzatrici in tempi di deflazione non ha molto senso. Il motivo è presto detto: le misure di liberalizzazione mitigano l’aumento dei prezzi, o addirittura fanno azzerare l’inflazione, e questo rafforza il trend anti-inflazionistico già molto presente nelle nostre economie europee.

4) Infine, non è sempre vero che le liberalizzazioni abbiano un effetto migliorativo sul servizio offerto: in questo senso, le autostrade italiane sembrano un caso di scuola, oltre alle assicurazioni auto. Senza un authority di controllo ben funzionante e senza una vera parità d’accesso degli operatori, i benefici della concorrenza semplicemente evaporano.

Quando il governo Renzi afferma che le liberalizzazioni costituiscano un trampolino di lancio per la ripresa economica, si può sentire un odore lontano di propaganda. Non solo le liberalizzazioni spesso non sortiscono effetti di sorta sulle tasche dei cittadini, ma -come abbiamo visto – è davvero dubbio che esse siano un punto qualificante nella lotta alle diseguaglianze e alla deflazione, cioè ai veri pericoli per l’economia europea e mondiale.

Fonte: http://www.sinistraineuropa.it/italia/le-liberalizzazioni-di-renzi-un-mito-con-poche-radici-nella-realta/


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