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Rajoy e il suo prof di economia


Tao
 Tao
Illustrious Member
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In inglese si chiama «revolving doors», porte girevoli, ed è la tendenza sempre più diffusa di manager di grandi banche e gruppi economici a passare ad occupare i posti-chiave dell'economia nel govern dei rispettivi paesi.

Così, se alla testa di Italia, Grecia e anche Bce rilucono uomini della Goldman Sachs (Monti, Papademos, Draghi), la Spagna risponde ancora più alto piazzando un uomo della Lehman Brothers alla guida dell'economia. Il ministro Luis de Guindos. L'uomo scelto dal nuovo premier conservatore Mariano Rajoy (foto) per «fare l'aggiustamento», titolo di ieri del País, o per «far uscire il paese dalla crisi», titolo di Público. O, il più rude commento del comunista di Izquierda unida, Cayo Lara, «il ministro dei mercati».

Ministro dei mercati

De Guindos, 51 anni, ex sottosegretario all'economia con Aznar, un passato di prestigiosi incarichi nazionali e internazionali, responsabile della politica economica del Partito popular (pur non essendo iscritto al partito) nel 2004 quando Rajoy, di cui era diventato il professore di economia, fu inaspettatamente sconfitto dal socialista Zapatero, entrò poi nel comitato esecutivo della Lehman Brothers divenendone, dal 2006 al 2008, il capo della filiale iberica. Lasciò poco dopo lo scoppio dello scandalo del subprime e dei derivati tossici che mandò all'aria una banca «too big to fail» per cui la sua caduta si trascinò ineluttabilmente dietro l'economia mondiale. Lasciò l'incarico ma non prima di aver rassicurato, nel giugno 2008, che la crisi dei mutui e dei derivati immobiliari tossici in Spagna non avrebbe avuto ripercussioni. Sarà lui l'uomo incaricato di risollevare il paese da una crisi devastante costata la testa (politicamente) a Zapatero e al Psoe. Che, in attesa di capire come fare a riprendersi dallo choc, ieri si è tolto lo sfizio di augurargli, perfidamente, «più successo e più fortuna» di quanto ne abbia avuti nella sua tappa alla guida della Liehman Brothers. Se non altro De Guindos viene riconosciuto come «un tecnocrate dalle idee liberali» e un esponente della «destra civilizzata», all'interno di un governo che sul metro di valutazione del País viene giudicato «di profilo centrista», espressione di un partito come il Pp in cui i settori della destra ultrà non sono affatto minoritari o residuali. Rajoy ha formato una compagine ristretta (13 ministro più lui). Fatta di gente di sua massima fiducia, non ha dimenticato chi gli restò vicino dopo la seconda sconfitta, nel marzo 2008, quando il nucleo duro del Pp, con Aznar nell'ombra e la stampa amica a fargli da eco, chiedeva a gran voce la sua testa. Ora Rajoy ha scelto i suoi ministri incurante del genere (addio alla parità di Zapatero, solo 4 donne, anche se una di loro, la giovane Soraya Sáenz de Santamaría, una sua creatura, sarà l'indiscusso n.2 nel suo ruolo di vice-premier, ministro alla presidenza e portavoce), degli equilibri regionali (importantissimi in Spagna) e dei rapporti di forza interni al partito. Rajoy, anche prima della rottura con l'oltranzismo di Aznar, ama volare più basso. Ma adesso, dopo le ambiguità di una campagna elettorale, più persa da Zapatero che vinta da lui, dovrà cominciare a governare e farsi carico delle lagrime e sangue che Zapatero aveva già cominciato a far colare e che con lui diventeranno fiumi.

Maurizio Matteuzzi
Fonte: www.ilamanifesto.it
23.12.2011


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