Recep Erdogan vince, ma non basta per cambiare la costituzione
Turchia / L'AKP AL 49,9%, bene sinistra e blocco Kurdo. Il premier turco, conscio che 326 seggi non sono sufficienti, apre all'opposizione
DIYARBAKIR - Il primo ministro Recep Tayyip Erdogan, ha vinto a metà. Il 49,9% ottenuto alle elezioni generali domenica è certo un buon risultato, e anche un voto positivo sulla sua persona. Non è stato però abbastanza per raggiungere quei due terzi richiesti per poter modificare la Costituzione senza dover sottoporre i cambiamenti al giudizio del popolo attraverso lo strumento referendario. Il mancato raggiungimento della maggioranza qualificata deve aver infastidito il primo ministro, che certamente non se ne starà con le mani in mano. C'è da aspettarsi che trattative e incontri con deputati «papabili» inizieranno molto presto. Papabili nel senso di 'comprabili': il premier cercherà di arrivare a quella maggioranza qualificata in questa legislatura. Non sembra affatto disposto a lasciar perdere: giocherà il tutto per tutto per poter arrivare al palazzo presidenziale.
Per quel che riguarda il voto, l'AKP (Partito della Giustizia e Sviluppo) ha ottenuto un 3,3% di voti in più rispetto alle elezioni generali del 2007. Ma la vera vittoria è stata quella del blocco kurdo e della sinistra. Costretto a presentare solo candidati indipendenti per l'impossibile soglia del 10%, il BDP (Partito della Pace e della Democrazia) ha dato vita a un'alleanza (Blocco per il lavoro, democrazia e libertà) che ha dato i suoi frutti. In parlamento andranno 36 deputati del Blocco: molti kurdi ma anche socialisti turchi, un siriano. Tra i deputati eletti, Leyla Zana e Hatip Dicle (già deputati del DEP negli anni Novanta, in carcere per dieci anni per aver parlato in kurdo). La questione kurda dunque entra prepotentemente in parlamento (nell'ultima assemblea i kurdi avevano 21 deputati) e costringe il partito di governo a fare i conti con milioni di cittadini che rivendicano i loro diritti. Gli altri due partiti che sono riusciti a superare lo sbarramento del 10% sono stati il kemalista CHP (Partito della Repubblica del popolo) che ha ottenuto il 25.9% dei voti e i lupi grigi del MHP (Partito Nazionalista del popolo) con il 12.9%. Gli indipendenti nel paese hanno ottenuto complessivamente il 6.6%.
Dallo scorporo dei dati emerge chiaramente il messaggio che dalle zone kurde arriva al primo ministro. Nel Sud-Est i candidati indipendenti hanno ottenuto il 32,37% dei voti. Un solido 27,13% in più rispetto alle precedenti elezioni generali, nel 2007. L'AKP ha guadagnato 51,38% dei voti, circa il 5% in più rispetto al 2007. Il partito di opposizione CHP è crollato guadagnando 8,71% dei voti, un secco 12% in meno rispetto al 2007. Anche il nazionalista MHP ha perso nel Sud-Est passando dal 14,27% del 2007 al 4,16%.
Anche nella regione Est il messaggio è stato forte, come se non più forte di quello nel Sud-Est con i candidati indipendenti che hanno ottenuto il 26,69% dei voti (erano il 5,24% nel 2007). L'AKP è cresciuto del 5% raggiungendo il 51,57%.
Guardando ancora più vicino ai risultati ci si rende conto di quanti consensi abbia perso in Kurdistan il premier Erdogan. A Bitlis l'AKP ha perso circa l'8% dei voti, mentre il Blocco degli indipendenti è salito del 18,5% rispetto al 2007. A Agri, l'AKP ha perso il 15,48% dei voti, mentre il Blocco è salito del 18,88%.
Il Blocco per il Lavoro ha ottenuto buoni risultati a Bingol (su del 9,71%, mentre l'AKP ha perso il 4,07% dei voti), Van (su del 17,04%, mentre l'AKP ha perso 13,04%), Mardin (su del 22,24%, mentre l'AKP ha perso il 12,02%), Hakkari (su del 21,04 %, mentre l'AKP ha perso il 17,07%), Sirnak (su del 21,04%, mentre l'AKP ha perso il 6,06%).
Diyarbakir poi ha confermato di essere una roccaforte per i candidati indipendenti sostenuti dal BDP : qui il blocco ha ottenuto il 62% dei voti (su del 15,07%, mentre l'AKP è sceso dell'8%) e ha mandato tutti i suoi 6 candidati al parlamento di Ankara.
Consapevole che con 326 seggi il premier turco non può modificare da solo la Costituzione (ne servono 330) ha immediatamente parlato di «necessità di un compromesso. Non chiuderemo le nostre porte - ha detto Erdogan - poiché abbiamo meno di 330 deputati. Andremo a parlare con l'opposizione. Se accettano il dialogo noi siamo pronti al compromesso anche con quei partiti che sono rimasti esclusi dal parlamento». Per il premier turco queste elezioni sono state anche una sorta di test sulla sua persona. Test passato: non c'è dubbio che il premier piaccia a una parte consistente del paese, quella che vede nell'islam solo apparentemente moderato (e per questo ancora più pericoloso) di Erdogan, una buona via d'uscita dal laicismo della Repubblica fondata da Kemal Ataturk. E' lo stesso fascino che Erdogan esercita su una parte del mondo arabo in rivolta: un premier deciso, fedele ai valori dell'islam ma percepito come moderno. Percepito, appunto. E la sua modernità è solo una percezione. Non ha ceduto al fascino di Erdogan metà degli elettori della Turchia. L'affluenza è stata molto alta, 88%.
Orsola Casagrande
Fonte: www.ilmanifesto.it
14.06.2011